di Carlo Benedetti

Cresce la tensione in tutto il Kosovo. Gli albanesi locali sanno che questa potrebbe essere la partita finale. I guerriglieri dell’Uck lubrificano le armi e si preparano. A Tirana la diplomazia si mette in moto per sponsorizzare in maniera ancora più forte l’eventuale distacco della regione serba dalla madrepatria di Belgrado. I serbi, preoccupati per l’aggressività di Podgorica, vanno in trincea e preparano il contrattacco. Le cancellerie europee temono il peggio e il contingente armato della forza internazionale del Kosovo (il Kfor, comandato dal tedesco Tenente Generale Roland Kather) toglie la sicura ai cannoni e si mette in stato d’allarme. Tutto questo perché il mediatore Onu per il Kosovo, il finlandese Martti Ahtisaari, annuncia direttamente da Belgrado che la “provincia secessionista a maggioranza albanese” potrebbe avanzare la propria candidatura per un seggio autonomo ''in seno a organizzazioni internazionali economiche''. Indicando poi lo scenario di un graduale consolidamento di un Kosovo sovrano annuncia, per il 13 febbraio, un nuovo round di consultazioni bilaterali. Si è, quindi, al giro di boa: è il momento della scelta.

di Luca Mazzucato

L'escalation di violenza in Israele e Palestina sembra proseguire senza soste negli ultimi giorni. Nel solo weekend corso sono una trentina le persone uccise, tra cui donne e bambini, e centinaia i feriti, durante gli scontri sempre più feroci tra le milizie armate di Fatah e Hamas nella Striscia di Gaza. I negoziati per la formazione del governo palestinese di unità nazionale sembrano definitivamente tramontati, lasciando la parola alle armi. E una prima conseguenza drammatica della lotta fratricida tra i militanti palestinesi è stato l'attacco suicida di Lunedì a Eilat, un resort turistico israeliano sul Mar Rosso, il primo attentato in Israele da Aprile dell'anno scorso.L'incontro tra il Presidente dell'ANP Mamhoud Abbas e il leader di Hamas Khaled Masha'al, svoltosi la scorsa settimana a Damasco, aveva creato grosse aspettative nell'opinione pubblica palestinese. Dopo una serie di smentite e riconferme, l'incontro ha avuto luogo grazie alla mediazione del Presidente siriano Assad.

di Carlo Benedetti

Non è proprio una novità, ma è pur sempre una grande notizia. Pechino, rilanciando con forza la sua politica verso l’Africa, si presenta sulla scena mondiale con un originale piano di intervento che va a coinvolgere otto importanti paesi di quel continente. A lanciare l’offensiva è il capo dello Stato Hu Jintao che lascia Pechino per dieci giorni per portare il suo piano direttamente ai governi del Camerun, Liberia, Sudan, Zambia, Namibia, Sudafrica, Mozambico e Seicelle. E per ogni tappa ha un pacchetto di proposte che spaziano in vari settori: dalla politica all’economia, dal campo dell’istruzione culturale all’attività sanitaria. Senza dimenticare un piano di maggiori aiuti ed investimenti, che prevede, tra l’altro, la riduzione del debito e l'esenzione dai dazi doganali. Le misure previste da Hu Jintao comprendono anche l'istituzione di zone di sviluppo per la cooperazione economico-commerciale e di centri di sviluppo delle tecnologie agricole e la formazione delle risorse umane. In pratica: una pacifica invasione cinese destinata a raccogliere, sul campo, risultati di grande valore geopolitico.

di Mazzetta

Se per i nostri politici il Darfur può essere “uno stile di vita”, per il mainstream non va tanto meglio. Quando la crisi del Darfur è cominciata, ormai tre anni fa, nessuno se ne dette conto per lungo tempo. Il Sudan stava concludendo un accordo di pace tra il Nord islamico ed il sud cristiano; il governo del Nord era accusato di essere troppo talebano, ma bisogna considerare che la compagine governativa era composta da una coalizione che era figlia di un paese reduce da oltre venti anni di guerra civile, capeggiata da un presidente tanto pragmatico che, per cercare vantaggi sui meridionali sostenuti dagli inglesi (referenti coloniali locali), non aveva esitato ad accettare gli aiuti di personaggi ostili all’Occidente come Gheddafi e Bin Laden.Dopo gli attentati del 9/11 il pragmatico al Bashir ha seguito l’esempio di Gheddafi e si è velocemente allineato ai desideri di Washington: lo certificano decine di dichiarazioni di ufficiali della Cia, dell’amministrazione Bush e di altre fonti americane, secondo le quali l’aiuto dei sevizi sudanesi è stato “indispensabile”.

di Carlo Benedetti

C’erano una volta i paesi “non allineati” che avevano nell’India uno dei punti cardinali, una sorta di centro direzionale teorico e “spirituale”. Cambiano i tempi ma la dirigenza di New Delhi - forte del suo continuo prestigio - sembra sempre più orientata al rilancio di una politica che contribuisca ad affermare nuove relazioni internazionali capaci di individuare orizzonti più avanzati, per gli scambi geopolitici ed economici. La visione strategica è quella di un mondo che si riconosca nella multipolarità. E su questa strada si muove l’India del premier Manmohan Singh, un leader che ricevendo nei giorni scorsi il presidente russo Vladimir Putin, ha voluto porre l’accento sulle nuove condizioni socio-economiche che dominano le scene della Russia e dell’India e che trovano una immediata rispondenza nella realtà della Cina. E così l’incontro tra Manmohan Singh e il capo del Cremlino è stato dominato da quella “teoria” del triangolo strategico India-Russia-Cina che fu un cavallo di battaglia di uno stratega come Primakov, uomo che ha lasciato una forte impronta sulla politica estera dell’Urss prima e della Russia dopo.


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