di Agnese Licata


Anche questa volta gli elettori francesi non hanno voluto rinunciare al colpo a sorpresa. Proprio quando tutti davano per scontato che l’”ondata blu” avrebbe travolto e conquistato anche l’Assemblea Nazionale, quando gli stessi socialisti cominciavano a pensare come affrontare cinque anni all’opposizione con al massimo 150 deputati su 577, il secondo turno delle politiche ha decretato un’inattesa rimonta della sinistra. L’Ump del neo presidente Nicolas Sarkozy guadagna, sì, la maggioranza assoluta del Parlamento con i suoi 314 seggi, ma il Ps riesce a risalire a 185, andando addirittura oltre i risultati del 2002, quando erano 149. Una rimonta che sembrava impossibile anche solo una settimana fa, di fronte a un primo turno che aveva permesso alla destra di eleggere in modo diretto ben cento dei suoi candidati (andati oltre il 50 per cento), contro uno solo dei socialisti. A questo va poi aggiunto la mancata elezione di Alain Juppé, colui che Nicolas Sarkozy aveva designato come proprio vice, e che costringe il presidente francese a rivedere la propria squadra di governo.

di Laura Bruzzaniti

Si è concluso il 15 giugno il Congresso del Movimento dei Sem Terra (i lavoratori rurali senza terra del Brasile), che ha riunito a Brasilia rappresentanti del movimento provenienti da ventiquattro stati del Paese, per discutere di “Riforma agraria, per la giustizia sociale e la sovranità popolare.” Oltre 17.000 i partecipanti, sistemati in tende e strutture mobili nel centro Nilson Nelson, tra cui circa 1.500 sem terrinhas bambini e ragazzi figli dei sem terra che durante i quattro giorni del congresso hanno partecipare al dibattito e seguito corsi di musica e capoeira nella scuola organizzata presso il centro. Il Congresso è il quinto dal 1984, data di costituzione dell’ MST ( Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra), movimento politico sociale che si batte per la riforma agraria e per “la costruzione di un progetto popolare basato sulla giustizia sociale e la dignità umana”.

di Agnese Licata

Ormai hanno superato il mezzo milione. Per contraddistinguerli tutti non basterebbero centinaia e centinaia di mazzi di carte, assi di picche, fiori, quadri o cuori. Oltre mezzo milione di presunti terroristi, annotati scrupolosamente in una lista di sorvegliati speciali continuamente ampliata dagli organi di difesa statunitensi. Un esercito transnazionale di ricercati: arabi in testa, certo, ma anche nomi americani ed europei. Per avere un’idea del “rigore” con cui vengono aggiunti nuovi sospettati alla lista, basta dire che ne fanno parte tutti quei musulmani occidentali che hanno la sola colpa di aver cambiato il proprio nome di origine anglofona con una versione araba. Paradossalmente, seguendo questa logica, anche il grande pugile Cassius Clay, diventato Muhammad Ali dopo la conversione all’Islam, avrebbe rischiato di essere fermato in aeroporto dalla polizia. Del resto, qualcosa di simile è realmente successo a John Thompson, allenatore della squadra americana di basket alle Olimpiadi del 1988 e adesso commentatore sportivo, ma, purtroppo per lui, anche omonimo di un sospetto terrorista di al-Qaeda inserito nella lista nera. All’aeroporto di Washington la polizia non ci ha pensato due volte ad arrestarlo e a condurlo in caserma per l’interrogatorio. Agli agenti sono stati necessarie due ore per capire di aver scambiato lucciole per lanterne. Facile pensare che non si tratti di un caso isolato, anche solo pensando all’alta probabilità di ritrovarsi con un nome simile - se non uguale - a uno dei tantissimi sospetti.

di Fabrizio Casari

Si era detto dapprima disposto ad accettare la sovranità dei giudici che avrebbero emesso il verdetto nei suoi confronti. Quindi, a processo concluso, aveva assicurato che sì, si sarebbe presentato spontaneamente in carcere per scontare i cinque anni di carcere a cui la sentenza lo aveva condannato. E poi è fuggito. Raul Iturriaga Neumann, generale a riposo dell’esercito cileno, fedelissimo di Augusto Pinochet Ugarte, il boia della democrazia andina, ha scelto la fuga. A capo della sezione Esteri della Direcion nacional de Inteligencia, la famigerata DINA, il generale fuggitivo era stato condannato per l’assassinio di Luis Dagoberto San Martin, un militante del MIR (Movimento Izquierda Revolucionaria), sequestrato, torturato, assassinato e fatto scomparire come migliaia di altri suoi connazionali nella notte oscura del Cile. Una notte durata sedici anni che sembra vedere faticosamente la luce filtrare dalle aule di tribunale che, come in Argentina, si sono incaricati di portare allo scoperto vicende, ruoli e responsabilità dei militari locali nell’epoca del terrore.

di mazzetta

Volendo sapere cosa è successo oggi in Afghanistan, uno dei sistemi più semplici è digitare la parola “Afgahnistan” su Google e cliccare il bottone news. Per godere di uno sguardo allargato è bene spaziare nelle varianti linguistiche.Ci sono parecchie notizie: la più recente è che due attentati suicidi e una sparatoria hanno provocato cinque vittime, ne parlano oltre quattrocento articoli. Quindi ecco la notizia dell’uccisione di un soldato della coalizione nella provincia dell’Uruzgan. Poi dieci morti in un attacco a un convoglio NATO (un soldato olandese e cinque bambini nei dettagli). Segue il giornale canadese che annuncia il ritorno a casa del corpo dell’eroico colonnello, il cinquantasettesimo soldato ucciso per il Canada. Bombardamenti contro i talebani. Una conferenza stampa annuncia che il comando NATO adotterà “misure” per ridurre le uccisioni di civili. Purtroppo l’impegno solenne è intercalato beffardamente con l’uccisione “per errore”, da parte di soldati USA, di sette poliziotti afgani. Si dice inoltre che dopo uno degli attentati ricordati sopra, un soldato americano ha aperto il fuoco uccidendo un passante e ferendone un altro, così almeno dice la polizia afgana.


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