di Daniele John Angrisani

Tira un brutto vento sul continente europeo. Siamo nel 2007, eppure a sentire le notizie provenienti dall'est europeo sembra quasi di incanto essere tornati indietro di 20 anni. A Potsdam, nello stesso identico palazzo in cui nel luglio 1945 si incontrarono i capi delle grandi potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, si è assistito ad uno scambio di battute tra i ministri degli esteri degli Stati Uniti e della Federazione Russa, degno dei peggiori momenti della guerra fredda. Come si sa, alcuni giorni addietro la Russia ha testato con successo un nuovo missile strategico capace di portare testate nucleari multiple, nome in codice RS 24. Come ha dichiarato il vice primo ministro, da molti visto come possibile futuro presidente russo, Sergej Ivanov, tale arma "è capace di violare qualsiasi sistema antimissilistico verrà messo in piedi", con palese riferimento allo scudo spaziale che gli americani vogliono mettere in piedi in Repubblica Ceca e Polonia. La linea di Washington a questo proposito è da mesi sempre la seguente: lo scudo spaziale serve per proteggere l'Europa dalla minaccia dei terroristi islamici, non è indirizzato contro la Russia, anzi la Russia stessa è benvenuta se vuole partecipare al progetto. La Rice ha anche aggiunto che è "assurdo ritenere che un tale progetto possa servire da deterrente rispetto all'arsenale nucleare russo", e che anche gli americani ritengono che "i russi siano capaci di bucare lo scudo antimissilistico in qualsiasi momento". La risposta di Sergej Lavrov, il ministro degli esteri russi, è di per se indicativa, per la sua gelida fermezza, dell'attuale pessimo stato delle relazioni tra le due ex grandi superpotenze: "Speriamo non vi debba mai essere motivo per mostrare che la Rice ha ragione". Quindi lo stesso presidente russo Vladimir Putin ha rincarato la dose affermando che i disegni americani di costruzione dello scudo spaziale sono espressione dell'"imperialismo" della politica americana e che la Russia continuerà a difendere il proprio potere di deterrenza nucleare, sviluppando e rendendo sempre più potente il proprio arsenale. Ha quindi affermato che quella che si sta avviando è una "vera e propria nuova corsa alle armi" e che se ciò sta avvenendo non è certo stato per volontà di Mosca.

Alle parole, seguono immediatamente i fatti: oltre alle testate strategiche, Mosca sta anche testando un nuovo missile tattico capace di portare testate nucleari, nome in codice Iskander. Stando alle parole di Sergej Ivanov "la Russia ha bisogno di questa nuova arma, così come del nuovo missile strategico per mantenere la deterrenza nucleare" nei confronti dell'Occidente. "Questo missile tipo Cruise, è di tecnologia completamente nuova e molto preciso. Può essere usato per colpire in maniera chirurgica obiettivi anche da grandi distanze". Di nuovo, la risposta americana - stavolta per parola del portavoce del Dipartimento di Stato, Tom Casey - è stata sempre sullo stesso tono: "Mosca non ha bisogno di nessun nuovo sistema missilistico per bucare il nostro sistema antimissilistico. Non è stato creato per prevenire la capacità deterrente dell'Unione Sovietica (lapsus?) o modificare le loro capacità di deterrenza strategica".

Dunque, chi ha ragione in questa disputa che rischia di creare una nuova cortina di ferro nel continente europeo? Che questo scudo stellare che Washington vuole impiantare in Repubblica Ceca e Polonia, possa mettere veramente a rischio la capacità di deterrenza dell'arsenale russo, è difficile da credere, per quanto tale arsenale possa stare in condizioni pietose. D'altra parte però è difficile anche credere che il motivo reale di questo scudo sia realmente quello di difendere il territorio europeo dalla minaccia degli "stati canaglia", in particolare dell'Iran o della Corea del Nord, fosse altro perchè semplicemente Polonia e Repubblica Ceca non si trovano certo nella linea d'aria di un potenziale missile nucleare scagliato dall'Iran verso l'Europa Occidentale. A chi giova, dunque?

Secondo alcuni analisti ciò che teme veramente Mosca è l'installazione di nuovi super-radar nelle basi missilistiche, che permetterebbero agli americani di tenere sotto controllo l'intero territorio russo fino agli Urali e forse anche oltre. Può anche essere vero, ma forse la motivazione principale di queste scintille potrebbe essere un'altra: le elezioni venture in Russia per il rinnovo della Duma e per il nuovo presidente che dovrà succedere a Vladimir Putin alla scadenza del suo mandato. Per quanto possano dire i media occidentali, la verità è che ai russi Putin ed il suo piglio duro piace molto. Il rating forse non sarà così elevato come l'ultima rilevazione dell'istituto di sondaggi Levada vuol far ritenere (84% di favorevoli), ma sta di fatto che il presidente russo è oggi di gran lunga l'uomo politico più popolare di Russia e l'unico vero ostacolo ad una sua eventuale terza rielezione è solo la sua intenzione di voler rispettare la Costituzione che gli vieta un terzo mandato.

Il problema è che l'intero sistema politico russo di oggi è stato creato a sua immagine e somiglianza e molti, soprattutto dentro le mura del Cremlino, hanno paura che l'uscita di scena di Putin possa far crollare il regime che è stato messo su in questi anni. Per questo motivo per l'elite russa è vitale che il passaggio di poteri avvenga nel modo più leggero possibile e che il nuovo presidente russo sia una persona di assoluta fiducia, come lo è stato Putin. Al momento la partita dietro le mura del Cremlino è giocata tra i "duri e puri" soloviki (ovvero gli esponenti dei servizi segreti) che spingono per la candidatura di Sergej Ivanov (ec esponente del KGB di Leningrado, come il suo grande amico Putin) e gli economisti "liberali" che invece spingono per la candidatura di Dmitry Medvedev, personaggio meno inviso all'Occidente e con maggiori credenziali "democratiche", anche se entrambi sono considerati fedelissimi di Putin. La decisione ultima comunque rimane nelle mani dell'attuale presidente russo. E le ultime uscite di questi giorni lasciano ritenere che Putin possa aver scelto a favore di Ivanov.

Con la stragrande maggioranza dei media schierata a favore, non dovrebbe essere difficile per il delfino di Putin conquistare il Cremlino, non tenendo neppure in conto possibili (e forse probabili) brogli elettorali. Eppure, da qualche tempo a questa parte è accaduto qualcosa che a Mosca non si vedeva da tempo e che rischia di sparigliare le carte della successione a Putin: la nascita di una vera opposizione politica. Per quanto ancora possa essere fragile e per quanto la polizia e le autorità cerchino in ogni modo di ostacolare le cosiddette "Marce dei Dissidenti", è un dato di fatto che l'Altra Russia, il movimento politico guidato dall'ex maestro di scacchi Garry Kasparov, riesce in ogni caso a portare sempre in piazza almeno un centinaio di persone a sfidare la repressione e la violenza. Il Cremlino sa bene che se i russi cominceranno a non avere più paura, le voci critiche aumenteranno e c'è il rischio che il piano "successione" possa incontrare serie difficoltà. Che ciò possa accadere realmente, è ancora una ipotesi più che remota, eppure il comportamento, a volte paranoico, del governo russo, lascia intendere che dietro le mura del Cremlino c'è chi ha davvero paura di questa possibilità.

Ecco perché questa nuova ventata di guerra fredda potrebbe essere la soluzione di tutti i problemi del Cremlino. Nessuno, neanche in Russia crede che davvero Mosca possa sfidare l'occidente. Non ci è riuscita l'Unione Sovietica, che era immensamente più forte e potente della Russia attuale. Ma l'ondata patriottica ed antiamericana che sta montando lentamente del Paese in questi mesi, potrebbe servire al Cremlino per unificare il proprio elettorato dietro al candidato presidente e distruggere i sogni dell'opposizione, qualificata come "cavallo di troia" degli americani per mettere le mani sulle enormi risorse naturali ed energetiche della Russia. Così facendo verrebbe assicurata l'elezione di Sergej Ivanov al Cremlino, con buona pace di chi ancora spera che dopo le elezioni del 2008 le relazioni tra Russia e Occidente possano cambiare per il meglio.

Credete che sia fantapolitica? Per assicurare l'elezione di Putin nel 2000 c'è voluta la minaccia terroristica cecena. Vi ricordate i palazzi misteriosamente esplosi nel cuore di Mosca nell'agosto 1999 che hanno scatenato la seconda guerra cecena? Nel 2004, per assicurare a Putin una sicura rielezione, è stata scatenata la popolarissima caccia agli oligarchi che hanno affamato la Russia: poco prima della seconda rielezione di Putin al Cremlino, Mikhail Khodorkovsky, l'allora uomo più ricco della Russia e presidente della Yukos, la principale azienda petrolifera privata del Paese, è stato arrestato ed ora langue in una squallida prigione siberiana, ai confini con la Cina, vicino ad una miniera di uranio. La Yukos è stata smembrata a pezzi, parte dei quali sono stati acquistati ultimamente dall'Eni e dall'Enel in un'asta truccata tenutasi a Mosca da parte del governo russo con l'approvazione di Gazprom, e di fatto l'intero settore petrolifero e del gas russo è finito in mano statale.

Gli Stati Uniti d’America, forse inconsciamente, hanno dato così al Cremlino, una nuova potente arma. Molti Paesi europei e lo stesso Congresso americano sono piuttosto perplessi dall’opportunità della costruzione dello scudo spaziale, ma niente e nessuno sembra capace far recedere il presidente Bush e la sua Amministrazione dalla sua decisione. Sono pronti ad andare avanti, costi quel che costi, e lo hanno detto chiaramente. Chi ci andrà di mezzo, sicuramente, in tutto questo è l’Europa, che rischia di vedere nuovamente rinascere la Cortina di Ferro nel proprio continente. Con buona pace degli ideali democratici in Russia e di tutte le speranze di unificazione del continente europeo da Lisbona a Vladivostok che hanno seguito la caduta del Muro di Berlino nell’ormai lontanissimo 1989.

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