di Mario Braconi

A conferma di quanto il governo britannico si stia dando da fare per ideare misure sempre più lesive dei diritti fondamentali dei suoi cittadini, il 20 maggio il quotidiano conservatore The Times filtra la seguente anticipazione: il Ministero dell’Interno, da tempo convinto della necessità di abbassare le tutele previste dal Regulation of Investigatory Powers Act 2000, sta (seriamente?) considerando l’istituzione di un megadatabase capace di mantenere traccia di ogni telefonata effettuata e di ogni messaggio SMS ed e-mail spediti da e verso persone residenti in Gran Bretagna. I dati così raccolti (o, più esattamente, si dovrebbe dire rubati) dovrebbero essere conservati per 12 mesi dal Governo per poi essere distrutti. A quanto si apprende dalla stampa, l’idea è qualcosa di più dell’allucinazione securitaria di qualche funzionario dell’Home Office più paranoico della media: il progetto della fantasmagorica base dati su cui registrare tutte le comunicazioni per voce e rete, definita dal responsabile degli Interni liberaldemocratico “una misura orwelliana”, potrebbe essere infatti incluso nel disegno di legge sui dati soggetti a comunicazione (Communication Data Bill) che il governo presenterà a novembre.

di Elena Ferrara

Ricette contro la fame poche, ma nessuno se le aspettava. Furore ideologico, invece, quanto se ne vuole, com'era da prevedersi. Come ai vecchi tempi della guerra fredda. Le colpe dei misfatti tutte all’Est o all’Ovest. Ed ecco che a Roma, all’assise della Fao, il leader iraniano Ahmadinejad sfodera il teorema dello scontro di civiltà e scarica sugli Usa le responsabilità per quanto avviene in questo mondo dove 862 milioni di persone soffrono la fame e dove lo “tsunami dell'emergenza cibo” rischia di far lievitare in poco tempo questo numero. Avviene così - nonostante le buone intenzioni e i laboriosi negoziati della dirigenza Onu e del suo segretario generale Ban Ki-moon - che il vertice romano della Fao (chiamato a dibattere i temi chiave per la sicurezza alimentare del Pianeta nei prossimi anni, ed esaminare i prezzi delle materie prime agricole, i cambiamenti climatici e il problema dei biocarburanti) si trasforma in una tribuna politica, diplomatica ed ideologica tutta occupata dal discorso e dalle idee di Ahmadinejad in versione ruota libera.

di Alessandro Iacuelli

Alle 17.38 di ieri, 4 giugno 2008, un segnale d'allarme gela l'Europa: si tratta di una segnalazione di un incidente alla centrale nucleare di Krsko, nel sud-ovest della Slovenia, a 130 Km da Trieste. L'incidente è stato segnalato a Bruxelles attraverso il sistema di allarme nucleare rapido Ecurie, con il quale l'Ue ha successivamente informato tutti gli stati membri, alle 18.27, quando la potenza del reattore era stata ridotta al 22%. Secondo quanto riferito, si è verificata una perdita di liquido dal sistema di raffreddamento principale della centrale nucleare. Un portavoce della Commissione europea ha poi dichiarato che non ci sono state fughe di radioattività e che le procedure messe in atto dalla Slovenia sono state corrette. La Commissione, ha aggiunto, attende ora ulteriori informazioni sulla situazione. In via precauzionale, tuttavia, l'impianto è stato chiuso "per qualche ora". La centrale nucleare di Krsko, è un tipo di impianto in cui il liquido refrigerante è in ogni caso radioattivo. Pertanto, se c'è stata una perdita di liquido c'è anche stata una fuga radioattiva che, per la posizione geografica della centrale, può interessare tutto il territorio europeo. Ma come avviene sempre in questi casi, dagli anni '60 in poi, immediatamente si susseguono le fonti istituzionali che minimizzano, che rassicurano e dichiarano che non è successo nulla.

di Michele Paris

Con il voto nelle primarie di domenica scorsa a Porto Rico e di martedì in Montana e South Dakota si è finalmente conclusa la lunga ed estenuante corsa alla nomination democratica tra Barack Obama e Hillary Rodham Clinton. La combinazione dei delegati ottenuti negli ultimi appuntamenti in calendario e la conquista di un significativo numero di superdelegati che ancora non avevano espresso la propria preferenza per uno dei due candidati ha permesso al 46enne Senatore dell’Illinois di superare la soglia di 2.118 delegati necessaria per guadagnare matematicamente la possibilità di sfidare John McCain nelle presidenziali di novembre e di diventare il primo politico afro-americano della storia a correre per la Casa Bianca con reali possibilità di successo. Un risultato di importanza storica quello raggiunto da Obama, il quale grazie alla promessa di cambiamento prospettata per milioni di elettori americani ha saputo abilmente ribaltare la sua posizione di outsider all’interno di un Partito che fino a pochi mesi fa sembrava doversi avviare invece verso l’inevitabile incoronazione di Hillary Clinton.

di Michele Paris

Tra gli argomenti più interessanti che animeranno il dibattito estivo d’oltreoceano una volta stabilite ufficialmente le nomination in casa democratica e repubblicana, vi è quello della scelta del candidato alla vicepresidenza. Una decisione quella relativa al “running mate” spesso dettata da scelte di opportunità politica, altrettanto frequentemente disattese dall’esito delle presidenziali, che si presenta quest’anno particolarmente delicata alla luce sia dell’equilibrio che si preannuncia tra i due contendenti sia, soprattutto, delle debolezze alle quali John McCain e Barack Obama dovranno fare fronte nella battaglia a cui daranno vita da qui dall’Election Day. Se però il Senatore repubblicano ha già iniziato una serie di faccia a faccia con possibili candidati alla carica, lo staff di Obama dovrà necessariamente rinviare ogni mossa ufficiale in attesa della conclusione delle primarie che farà calare il sipario sulla estenuante sfida interna con Hillary Clinton per la nomination democratica.


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