di Elena Ferrara

Pechino sostiene che a “sollecitare” ed “organizzare” le manifestazioni anticinesi in corso a Lhasa è Tenzin Gyatso, il Dalai Lama (1935) che ha gettato via la maschera di uomo che ha sempre cercato, a parole, di accreditarsi come disposto alla collaborazione e all’avvio di processi distensivi. Ma con questa nuova spirale di violenze ed attacchi il religioso - esule in India - sta rivelando il suo vero volto di nemico della Cina e dell’ordine costituzionale. E’ questa, in sintesi, la posizione ufficiale che il governo cinese illustra alle diplomazie di tutto in mondo facendo anche rilevare, con una nota del portavoce del ministero degli Esteri Liu Janchao, che Pechino “proteggerà in modo risoluto la sovranità nazionale e l'integrità territoriale". E questo vuol dire che non ci saranno trattative con quelle forze tibetane che rivendicano l’autonomia nazionale. In tale contesto le fonti ufficiali cinesi ricordano che quando il “Tetto del mondo” fu occupato nel 1903 dalle truppe britanniche i dirigenti di Lasha si appoggiarono agli inglesi per contrastare la Cina. Situazione che fu capovolta nel 1950 quando le truppe di Pechino entrarono in Tibet instaurando un nuovo potere fedele, appunto, alla Cina. Da quel momento di “liberazione pacifica” (come venne allora chiamata l’operazione militare dalla pubblicistica ufficiale di Pechino) si registrò il trasferimento di popolazioni cinesi nella regione per diluire la componente etnica tibetana.

di Eugenio Roscini Vitali

Quando si parla di Ulster non si può non parlare della Provisional Irish Republican Army (PIRA), un binomio indivisibile che ha caratterizzato la storia nord-irlandese e le cui radici vanno ricercate nello scontro tra il movimento indipendentista cattolico di ispirazione repubblicana e le truppe di occupazione britanniche. Uno conflitto che molti hanno voluto etichettare come scontro inter-religioso tra cattolici e protestanti, nel quale i Provos avrebbero avuto il solo ruolo di gruppo terroristico, ma che rappresenta invece la lotta di liberazione del popolo gaelico dall’occupazione britannica. Un radicato spirito anticoloniale che nel tempo è entrato a far parte dello spirito stesso del popolo irlandese, iniziato nel XVI secolo con la guerra dei Tudor ed esploso nuovamente nel 1969 con gli scontri di Belfast e Derry e le sanguinose repressioni messe in atto dall’esercito inglese; alimentato dalla rabbia scaturita da secoli di abusi, soprusi e prevaricazioni sociali, dalla negazioni dei fondamentali diritti civili e dall’esasperante sordità delle autorità britanniche.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Si aprono di nuovo gli archivi della vecchia Unione Sovietica e sulla Cecenia si leggono altre pagine di verità relative all’arco di tempo che va dal 1922 al 1934. Sono gli anni di Stalin e della polizia politica (la Ogpu) diretta da quel potente Ghenrich Grigor’evic Jagoda che nel 1938 sarà comunque fucilato... Ora nei sotterranei della Lubjanka - sede da sempre dei servizi repressivi - e del Cremlino si allineano chilometri di documenti, relazioni, rapporti stenografici, lettere, confessioni e denunce. Tutto in relazione alla situazione interna sovietica e al controllo della polizia e dei servizi militari. I dossier sulla Cecenia di quei tempi sono, a dir poco, impressionanti. Li troviamo - grazie ad una rara possibilità che ci è stata offerta - allineati in moderne scaffalature, e sappiamo che verranno inclusi in una opera monumentale intitolata “Dalla Lubjanka a Stalin sulla situazione del Paese”: 6127 pagine di documenti originali che comprenderanno tutti i rapporti di polizia che arrivavano sui tavoli del Cremlino e, in particolare, nella scrivania di Stalin. Nessun ritocco, nessun commento fuori luogo, solo testi e “mattinali” redatti con lo stile tipico delle questure di quei tempi. E, ancora una volta, la realtà supera l’immaginazione.

di mazzetta

Desta sconcerto il recente insorgere dei tibetani, ma ancora di più desta sconcerto come è stato accolto in Occidente e nel nostro paese in particolare. Quando si arriva alla politica estera la maggior parte dei nostri commentatori e politici affronta il tema schierandosi semplicemente lungo evidenti linee che hanno a che fare più con la tifoseria che con il giudizio. Anche nel caso della rivolta tibetana si ricade nel desolante deja-vu della propaganda, in questo caso anti-cinese. Si parla di stragi, di genocidio, ma non si sono visti morti fino ad ora; non si sono visti per causa della censura cinese, o non si sono visti perché non c'erano morti da mostrare? Poco importa, per l'Occidente la verità risiede dalle parti di Radio Free Tibet (costituita e finanziata dai servizi americani) e nelle voci degli artisti che da Hollywood si battono per la causa tibetana. Causa peraltro già persa, visto che il Tibet è riconosciuto parte integrante della Cina da tutti i paesi del mondo. Il caso quindi tratta di una ribellione interna sostenuta dal cosiddetto “mondo libero” contro l'oppressore “comunista”, almeno a sentire chi cavalca la tigre in questi giorni.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Dopo la celebrazione elettorale del 2 scorso, Medvedev pensa di essere il nuovo Presidente e Putin, dal canto suo, si esibisce nel ruolo di ex, pur sentendosi alla pari. Intanto la stampa si dedica al tradizionale dopo-voto mostrando più intelligenza e vitalità. Perchè l’atmosfera, oltre il perimetro del Cremlino, è più distesa dal momento che i grandi giochi sono stati già fatti e c’è spazio per ipotesi ed analisi che non turbano il vertice. Nessun shock ed ampi dibattiti socioeconomici. Con i titoli dei grandi media che rivelano le novità. E così l’attuale situazione politico-istituzionale viene definita (in russo, dalla rivista “Kommersant”) come una “Tandemocratia” e cioè una democrazia che corre con un tandem. Ma nello stesso tempo nelle pagine di questa pubblicazione compare un titolo in inglese: “Who is mister Medvedev?”. E segue poi una sequela di immagini che hanno come obiettivo quello di caratterizzare il “credo” dei due: stesso tipo di saluto con la mano destra tesa, stesse immagini tra i militari, stesso sguardo verso l’alto e, infine, stesso Dio perchè entrambi sono ripresi in chiesa ad accendere candeline. Poi il paragone con Krusciov che nel 1956 si rivolse all’occidente dicendo (in senso figurato) “vi seppelliremo” ed ora il nuovo capo del Cremlino che corregge con un “vi compreremo”. Seguono titoli sul fatto che la politica - che dominerà il Paese - sarà una riedizione di un passato visto allo specchio.


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