di Bianca Cerri

Il 21 maggio è stato approvato in Minnesota il Reentry Omnibus Bill, una legge che tutela i reduci di guerra americani affetti da problemi mentali accusati di aver commesso reati penali. La stessa legge è già in vigore in California dal 2007 e forse verrà introdotta anche in altri stati. L’enorme numero di reduci finiti nei guai con la giustizia dopo il rientro in patria preoccupa molto le autorità delle zone dove il fenomeno è più consistente. Linda Higgins, co-firmataria dell’Omnibus Bill, teme che la situazione diventi addirittura peggiore rispetto agli anni ’70, quando molti soldati tornati dal fronte del Vietnam con la mente sconvolta iniziarono a delinquere. Forse Higgins non ha tutti i torti visto che sono già più di 300 i reduci di Iraq e Afghanistan condannati per omicidio. I più hanno un’età compresa tra 23 e 27 anni, maneggiavano armi pesanti e una volta tornati a casa non erano riusciti a trovare un’occupazione qualificata come speravano

di Rosa Ana De Santis

L’Inghilterra corre veloce e spavalda verso nuove frontiere della nascita. La legge sulla fecondazione supera l’aspetto che finora era stato elemento ostativo alla possibilità per donne single o coppie lesbiche di generare figli, viene meno la differenza sessuale come condizione imprescindibile della genitorialità. Se maschio e femmina non erano ragione sufficiente per esseri buoni genitori, ora non sono neppure ragione necessaria per essere semplicemente genitori. La rivoluzione non è solo e non è tanto quella dei laboratori e delle cliniche dove questo accadrà, il cambiamento autentico e profondo sta nella nascita di una nuova forma di consapevolezza dei corpi, del pensiero delle donne e persino degli uomini - che questa novità esclude - di un modo diverso di sentire e forse assolutizzare la maternità. La novità sta nell’epilogo nebbioso in cui va a finire il destino sociale dei padri mancati e inutili.

di Michele Paris


Mentre la interminabile battaglia per la nomination in casa democratica sta finalmente giungendo al suo epilogo, tra i due prossimi candidati alla Casa Bianca Barack Obama e John McCain sono già iniziati i primi scontri verbali sui temi più caldi che infiammeranno la campagna vera e propria per le presidenziali. Tra gli argomenti emersi in questi giorni, quello relativo al ruolo della Corte Suprema degli Stati Uniti e alla composizione dei suoi membri ha messo in luce due posizioni diametralmente opposte nei punti di vista del Senatore democratico e di quello repubblicano. Dal momento che il prossimo presidente eletto sarà probabilmente chiamato a nominare almeno un nuovo membro del supremo tribunale americano, vista l’età molto avanzata di alcuni di quelli attuali, l’equilibrio che si verrà a creare tra i giudici di orientamento conservatore e progressista sarà determinante nell’indirizzare le deliberazioni che potrebbero prospettarsi a breve su alcuni argomenti estremamente delicati, primo fra tutti quello dell’aborto.

di Valentina Laviola

Il 17 maggio scorso si sono tenute in Kuwait le elezioni legislative e anche questa volta, come già accaduto nel 2006, nessuna donna delle 27 candidate è riuscita ad ottenere voti sufficienti per essere eletta. Si è trattato della seconda prova per le femministe del Paese, dal momento che hanno ottenuto il suffragio universale solo nel 2005. Ci ha stupito non trovarne menzione sulle maggiori testate europee - tra le quali fa eccezione lo spagnolo El Paìs; pertanto le notizie ed interviste qui riportate sono ricavate in massima parte da al-Jazeera e altri giornali del Medio Oriente. Le prime elezioni in cui le donne hanno potuto votare ed essere votate sono state le legislative del 29 giugno 2006, la prima volta del suffragio universale da quando il Kuwait ha ottenuto l’indipendenza nel 1962. Jenan Bushehri, ingegnere chimico di 33 anni, fu la prima donna kuwaitiana a candidarsi, sfidò i pregiudizi sociali tenendo comizi pubblici. Nel 2006 era stata la donna più votata, piazzandosi prima fra gli esclusi dal Parlamento; allora si disse comunque felice di aver preso parte ad un momento storico per il Paese.

di Marco Montemurro

Sette nazioni della Nato (Estonia, Germania, Italia, Lettonia, Lituania, Repubblica Slovacca e Spagna) assieme all’ “Allied Command Transformation” creano nel Baltico un centro per la cyber-difesa. Tutto avviene nella capitale estone Tallin, dove gli atlantici hanno già organizzato una loro base. Qui il Cooperative Cyber Defence (CCD) Centre of Excellence (COE) avrà ora come obiettivo quello di addestrare i tecnici degli stati dell’Alleanza Atlantica contro possibili “minacce informatiche”. Il centro sarà operativo dal prossimo anno, ma uno gruppo di 30 esperti dei paesi partecipanti sarà già presto al lavoro per condurre ricerche e corsi di addestramento sui più recenti rischi informatici. L’accordo è stato stipulato a un anno di distanza dal maggior cyber attacco che colpì istituzioni pubbliche e private proprio in Estonia. E’ in questo paese, infatti, che nel maggio 2007 uno sciame di DDoS (Denial of service attack) condotto per tre settimane riuscì a paralizzare quasi completamente l'infrastruttura informatica nazionale.


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