di Fabrizio Casari

La lotta al terrorismo internazionale, alla quale l’Amministrazione Usa dichiara ispirare le sue politiche di sicurezza, sembra in realtà valere solo quando si tratta di difendere le scelte della Casa Bianca. Quando sono gli Stati Uniti ad essere vittime, il loro spionaggio si chiama antiterrorismo: quando invece è la Casa Bianca ad ispirare le azioni terroristiche, la difesa delle vittime diventa spionaggio. Dev’essere stato questo convincimento, profondo quanto iniquo, a guidare i giudici della Corte d'appello dell'Undicesimo circuito di Atlanta che hanno reso nota la sentenza sul caso dei cinque agenti cubani arrestati dieci anni fa. I giudici hanno sostanzialmente confermato le condanne pronunciate sette anni fa dalla Corte d'assise di Miami: in particolare quella di "cospirazione per commettere omicidio" nei confronti di Gerardo Hernandez e quelle di "cospirazione per commettere spionaggio" nei confronti degli altri quattro imputati: Renè Hernandez, Fernando Gonzalez, Antonio Guerrero, Ramon Labanino.

di Mariavittoria Orsolato

C’erano tempi, non poi così lontani, in cui si manifestava orgogliosi il proprio bisogno di libertà scandendo lo slogan “vietato vietare”: ora che il divieto è diventato il più efficace strumento di consenso, proprio per colui il quale lo slogan l’aveva creato, la nuova parola d’ordine è “tolleranza zero”. Con i Rom, con gli statali fannulloni, con i drogati. E’ proprio partendo dal rifiuto del termine che ha fatto la fortuna (non solo politica ) di Rudolph Giuliani, cha da quattro anni a questa parte l’associazione “Cannabis Tipo Forte” ha istituito la prima ed unica fiera italiana interamente dedicata al mondo della cannabis, una tre giorni di convegni ed esposizioni la cui prima edizione si è svolta a Pescia e che da tre anni viene ospitata nella Bologna dello sceriffo Cofferati. Sebbene la nuova legge italiana, la Fini-Giovanardi, indichi come illegali la coltivazione e la detenzione di questo stupefacente naturale, è un dato di fatto che il consumo di marijuana e hashish sia abbastanza diffuso.

di Luca Mazzucato

Qual è la migliore ricetta per portare pace e prosperità nella polveriera mediorientale? Chiedetelo a Bush, a Putin o a Sarkozy. La loro strategia è raccapricciante: fornire tecnologia nucleare a tutti i paesi della regione e spingerli ad uscire dall'AIEA, il tutto ovviamente al di fuori del Trattato di Non-Proliferazione nucleare. Ecco il recente salto di qualità: Bush offre assistenza nucleare alla Giordania, ricca di uranio, e al regime saudita, che letteralmente galleggia sul petrolio. Dopo aver completato i reattori iraniani, Putin convoca Mubarak a Mosca per offrire assistenza nucleare all'ottuagenario dittatore egiziano, mentre la Francia, per non restare indietro, annuncia l'inizio di una partnership nucleare anch'essa con la Giordania. Proprio il giorno in cui l'ayatollah Khamenei riafferma l'intenzione di proseguire lungo la strada del nucleare civile a prescindere dalle pressioni occidentali. E la Siria chiede una partnership nucleare pan-araba per non restare tagliata fuori.

di Mario Braconi

A conferma di quanto il governo britannico si stia dando da fare per ideare misure sempre più lesive dei diritti fondamentali dei suoi cittadini, il 20 maggio il quotidiano conservatore The Times filtra la seguente anticipazione: il Ministero dell’Interno, da tempo convinto della necessità di abbassare le tutele previste dal Regulation of Investigatory Powers Act 2000, sta (seriamente?) considerando l’istituzione di un megadatabase capace di mantenere traccia di ogni telefonata effettuata e di ogni messaggio SMS ed e-mail spediti da e verso persone residenti in Gran Bretagna. I dati così raccolti (o, più esattamente, si dovrebbe dire rubati) dovrebbero essere conservati per 12 mesi dal Governo per poi essere distrutti. A quanto si apprende dalla stampa, l’idea è qualcosa di più dell’allucinazione securitaria di qualche funzionario dell’Home Office più paranoico della media: il progetto della fantasmagorica base dati su cui registrare tutte le comunicazioni per voce e rete, definita dal responsabile degli Interni liberaldemocratico “una misura orwelliana”, potrebbe essere infatti incluso nel disegno di legge sui dati soggetti a comunicazione (Communication Data Bill) che il governo presenterà a novembre.

di Elena Ferrara

Ricette contro la fame poche, ma nessuno se le aspettava. Furore ideologico, invece, quanto se ne vuole, com'era da prevedersi. Come ai vecchi tempi della guerra fredda. Le colpe dei misfatti tutte all’Est o all’Ovest. Ed ecco che a Roma, all’assise della Fao, il leader iraniano Ahmadinejad sfodera il teorema dello scontro di civiltà e scarica sugli Usa le responsabilità per quanto avviene in questo mondo dove 862 milioni di persone soffrono la fame e dove lo “tsunami dell'emergenza cibo” rischia di far lievitare in poco tempo questo numero. Avviene così - nonostante le buone intenzioni e i laboriosi negoziati della dirigenza Onu e del suo segretario generale Ban Ki-moon - che il vertice romano della Fao (chiamato a dibattere i temi chiave per la sicurezza alimentare del Pianeta nei prossimi anni, ed esaminare i prezzi delle materie prime agricole, i cambiamenti climatici e il problema dei biocarburanti) si trasforma in una tribuna politica, diplomatica ed ideologica tutta occupata dal discorso e dalle idee di Ahmadinejad in versione ruota libera.


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