di Michele Paris

Ultimata apparentemente senza scosse la serie dei tre dibattiti tra i due candidati alla Casa Bianca, ad una manciata di giorni dall’Election Day le campagne elettorali democratica e repubblicana si apprestano a darsi battaglia in una serie di stati che risulteranno decisivi nell’elezione del 44esimo presidente degli Stati Uniti. Se però la maggior parte delle più recenti elezioni presidenziali si era giocata su una serie di stati tradizionalmente considerati in bilico tra le due parti, i sondaggi quest’anno sembrano suggerire discrete possibilità per Barack Obama di competere in alcune roccaforti repubblicane. Il senatore afroamericano dell’Illinois, puntando sui temi economici che lo hanno lanciato nell’ultimo mese verso quella che appare come una sempre più probabile storica elezione, sta preparando un vero e proprio tour degli “Stati Rossi”, quegli stati prevalentemente del sud che come Missouri, North Carolina e Virginia sono spesso risultati off-limits per i democratici in passato.

di mazzetta

Il presidente della Guinea Equatoriale ha grossi problemi di salute, tanto che pare imminente la fine della sua lunga avventura a capo del paese. Nella Repubblica della Guinea Equatoriale il presidente non cambia dal 1979. Nonostante le cronache lo restituiscano come colui che liberò il paese dalla dittatura di Francis Macias Nguema, al potere dal 1964, quasi sempre dimenticano di sottolineare come di quella dittatura egli fosse il capo della spietata polizia segreta e come il dittatore fosse suo zio. Francis Macias era riuscito nella non trascurabile impresa di ridurre di un terzo la popolazione del paese, mentre in quegli anni nei restanti paesi dell'area era in corso un boom demografico. Pare che Teodoro non abbia rinunciato ad ereditare anche una collezione di teschi che faceva parte del feticcio del potere dello zio, che preferiva esercitare il controllo demografico uccidendo in massa gli adulti non abbastanza lesti a lasciare il paese.

di Eugenio Roscini Vitali

Che il neo eletto presidente pakistano Asif Zardari sia partito con il piede sbagliato lo dimostrano le violente proteste che stanno infiammando i distretti del Jammu-Kashimr, il più settentrionale degli stati dell'India, quello che, pur ricadendo sotto l’amministrazione di Nuova Delhi, rimane storicamente legato all’Islam. In una intervista al Wall Street Journal, Zardari ha recentemente definito i militanti musulmani che combattono per l’autonomia della regione come dei veri e propri terroristi. Affermazione ritenuta oltraggiosa sia dai leader separatisti sia da quella parte dell’opinione pubblica pakistana che, per motivi etnico-religiosi, considera il Kashmir una parte integrante della Repubblica Islamica del Pakistan. Alla frase di Zardari, che segna una rottura radicale con il passato, gli abitanti della Vallata hanno risposto sfidando il coprifuoco imposto dalle forze di sicurezza indiane; più di quattrocento manifestanti hanno invaso le strade di Baramullah, città a pochi chilometri della linea di demarcazione che divide l’amministrazione in territorio indiano e pakistano ed hanno dato vita ad una straordinaria forma di protesta, inneggiando slogan e bruciando le effige del neo presidente pakistano, primo caso nella storia della contesa regione sub continentale che ha sempre goduto dell’appoggio politico di Islamabad.

di Elena Ferrara

Della “Primavera di Praga” aveva detto: “Che festa fu, che carnevale!". E in patria hanno continuato ad esaltarlo per le sue narrazioni taglienti, sofferte e divertenti, tutte segnate dalla sua originale traiettoria intellettuale in bilico tra l’enigma politico e quello storico proprio in una nazione simbolo della mitteleuropa. Quindi successi e aperte manifestazioni di ammirazione. Ora la “primavera praghese” è lontana. Le foglie ingiallite coprono i parchi di Praga e sul grande scrittore Milan Kundera scendono le ombre delle polemiche. E’ quella “vita degli altri” che torna a farsi sentire in un clima kafkiano di vendette e ripicche. Perchè lo scrittore - autore del bestseller “L’insostenibile leggerezza dell’essere” - viene ora accusato di aver denunciato nel 1950 alla polizia segreta uno studente che venne poi condannato a 22 anni di carcere.

di Luca Mazzucato

NEW YORK. Alla vigilia dell'ultimo dibattito tra McCain e Obama, il gradimento del senatore repubblicano sprofonda nei sondaggi verso abissi dai quali sarà assai difficile risalire: l'ultimo sondaggio New York Times/CBS condotto lo scorso weekend mostra Obama in strabiliante vantaggio - 53% contro 39% - mentre solo dieci giorni prima il margine era 48% contro 45%. Tra gli elettori registrati come indipendenti (è necessario registrarsi volontariamente per poter votare), gli indecisi stanno migrando stabilmente verso Obama, soprattutto nei cosiddetti swing states, gli stati in bilico come Florida, Ohio e Colorado, che determineranno il risultato di Novembre. Il tracollo di McCain è dovuto ai suoi continui attacchi personali contro Obama in un momento di grave crisi economica, tattica che sta portando McCain in un vicolo cieco (o come dicono da queste parti, un “Comma 22”). Ma anche alla pessima performance della sua running mate Sarah Palin, coinvolta a sorpresa in una vicenda di abuso di potere nel suo stato dell'Alaska.


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