di Michele Paris

Dopo appena tre settimane dal suo insediamento, il neopresidente degli Stati Uniti ha parzialmente abbandonato quello spirito bipartisan che aveva caratterizzato la sua biennale campagna elettorale e le prime fasi del processo di transizione verso la Casa Bianca. Alle prese con il faticoso cammino parlamentare del suo pacchetto di stimolo ad un’economia in crisi sempre più profonda, Barack Obama ha deciso di abbandonare Washington per cercare il supporto diretto del popolo americano in difficoltà, facendovi ritorno brevemente per tenere la prima conferenza stampa da presidente ed attaccare frontalmente l’opposizione repubblicana. “Il paese non può permettersi di aspettare oltre”, ha ammonito Obama, “e il dialogo con la minoranza al Congresso non può risolversi in un ritorno alle fallimentari politiche economiche degli ultimi otto anni”.

di mazzetta

Sul finire del 2003 è scoppiato il maggiore scandalo sulla proliferazione nucleare della storia. Uno scienziato pachistano, A.Q. Kahn, fu accusato di gestire una rete internazionale dedita alla vendita di hardware e software utile alla costruzione di armi nucleari. In realtà Kahn era da anni accusato di questi traffici, ma senza conseguenze. Quella volta invece le prove erano troppo evidenti e la denuncia troppo sonora per far finta di niente, provocando grande imbarazzo sia in Pakistan che negli alleati Stati Uniti, che erano perfettamente al corrente dei traffici, ma che li tolleravano come hanno sempre tollerato tutto il programma atomico pachistano. La storia di Kahn non è però quella di un avido pazzo che gira per il mondo vendendo segreti atomici, ma quella ben più densa di significati della “bomba atomica islamica”, un progetto annunciato pubblicamente negli anni '70 che vede associati da allora diversi paesi islamici: Pakistan, Arabia Saudita, Libia ed Iran, che da allora ad oggi hanno finanziato il programma atomico pachistano.

di Giovanni Gnazzi

Con un seggio di vantaggio sul Likud di Beniamin Netanyahu, Tzipi Livni esce vincitrice dalle elezioni politiche nello Stato ebraico. Un risultato, quello della Livni, che smentisce sostanzialmente le previsioni che davano Kadima per spacciato. Si dichiara vincitore anche Bibi Netanyahu, che ha portato il Likud ad un seggio di distanza da Kadima. Ma dalle urne israeliane esce comunque un quadro politico complesso, con una governabilità tutta da inventare. I sondaggi, che indicavano una grande ascesa della destra razzista di Israel Beitenu, in qualche modo si sono rivelati esatti, perché seppure minore di quanto ipotizzato, è comunque considerevole il risultato del partito arabofono di estrema destra guidato da Lieberman; un risultato che comunque impedisce alla Livni di fantasticare sulla sua carriera politica. Ciò anche in ragione della vera e propria sberla elettorale patita da Ehud Barak, possibile alleato di Kadima.

di Alessandro Iacuelli

Berlusconi ritorna a parlare di nucleare in Italia, affermando che bisogna iniziare a lavorare per il futuro in maniera seria. Per Berlusconi, infatti, "il nucleare è il futuro, il combustibile fossile è qualcosa che va a finire". Il sottinteso politico è chiaro: accelerare verso il finanziamento di centrali nucleari, ignorare volutamente le rinnovabili. Il premier l’ha dichiarato a proposito di alcune affermazioni sulla questione Gazprom e il gas russo: dopo la recente crisi con l'Ucraina, secondo Berlusconi l'Italia deve "andare avanti nella direzione della differenziazione delle fonti" e deve "iniziare per il futuro con il nucleare in maniera seria". I reattori nucleari proposti per il piano italiano sono quelli di tipo EPR, come quelli in costruzione in Finlandia, a Olikuloto. In questi giorni, le multinazionali dell'energia E.On e Rwe hanno dichiarato l’interesse a ricostruire 4 impianti per il governo inglese, come spiega Giuseppe Onufrio di Greenpeace in una recente intervista, ma sembra che i reattori non saranno EPR.

di Eugenio Roscini Vitali

Mancano poche ore all’apertura dei seggi per il rinnovo della Knesset, una consultazione importante, forse più di altre, perché si è arrivati alle elezioni dopo un’inchiesta scandalo che ha travolto il Capo del governo e dopo un’operazione militare che ha dimostrato quanto la crisi israelo-palestinese non possa più essere risolta con l’uso armi. A contendersi la guida del paese ci sono i centristi di Kadima, guidati dal ministro degli Esteri Tzipi Livni, il Likud di Benjamin “Bibi” Netanyahu, i Laburisti del ministro della Difesa Ehud Barak e i nazionalisti russofoni del Yisrael Beytenu di Avigdor Lieberman, ministro degli Affari strategici fino al gennaio 2008 con il governo Olmert. Il risultato, che fino a qualche settimana fa dava in netto vantaggio il Likud, sembra ora più incerto, almeno per quanto riguarda le percentuali di vittoria che costringono la destra “moderata” a fare i conti con gli altri partiti.


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