di Giuseppe Zaccagni

Dopo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convocato con urgenza dalla presidenza russa, anche i capi della diplomazia d’Asia e dell’Unione Europea hanno condannato il test nucleare compiuto nella giornata di lunedì dalla Corea del Nord. Per i ministri, riuniti ad Hanoi per l'Asem (Asia-Europe Meeting), il test nucleare di Pyongyang costituisce una “violazione evidente” delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu e degli accordi conclusi nel corso delle trattative a sei fra le due Coree, la Cina, il Giappone, gli Stati Uniti e la Russia. I Quindici hanno deciso di preparare una risoluzione che comporterà una serie di nuove sanzioni nei confronti del governo di Pyongyang. “I membri del Consiglio - ha dichiarato l'ambasciatore russo Vitaly Ciurkin al termine della riunione - hanno espresso la loro forte opposizione e la loro condanna del test nucleare effettuato il 25 maggio 2009 dalla Corea del Nord, il quale costituisce una chiara violazione della risoluzione 1718 del Consiglio”, e hanno deciso di “iniziare immediatamente a lavorare su una risoluzione”. Tutti, e in prima fila gli Stati Uniti, premono per una risoluzione forte. Il presidente Barack Obama ha definito l'esperimento sotterraneo di Pyongyang “una minaccia per la pace e la sicurezza” e “una sfida sconsiderata alla comunità internazionale”. Washington è particolarmente irritata anche per aver ha appreso del test atomico con minimo preavviso - meno di un'ora - se “gli Stati Uniti non sono rimasti sorpresi, a causa dell'atteggiamento sempre più aggressivo e bellicoso di Pyongyang”, ha detto alla Cnn il capo degli Stati Maggiori, ammiraglio Mike Mullen.

E’ del resto sempre più difficile interpretare le notizie che arrivano dalla Corea del Nord, dove è in atto un’escalation di stampo nucleare carica di colpi di scena e di azioni di difficile interpretazione. L’annuncio di due nuovi lanci effettuati da Pyongyang che seguono il test nucleare sotterraneo e quello del missile a breve raggio fatto partire nelle scorse ore, sembra rispondere indirettamente proprio alla condanna proveniente da Hanoi. In proposito, si deve notare che il test missilistico a corto raggio da parte del Nord è avvenuto dalla stessa base di lancio del missile-satellite del 5 aprile.

Si tratta, secondo fonti diplomatiche, della base situata nel nordest del Paese di Musudan-ri, nella contea Hwadae County della provincia di North Hamkyong. Il missile, dal raggio stimato di 130 chilometri di gittata (in base alle ipotesi dei servizi d’intelligence sudcoreani e statunitensi), è motivo di ulteriore tensione nella penisola coreana nel quadro di una realtà sempre più confusa.

Tutto avviene senza alcun plausibile “motivo” e tutto sta a dimostrare che i nordcoreani non hanno alcuna intenzione di stabilire con l’altra parte del mondo intese o trattative. C’è, in merito, un’imponente documentazione. Intanto il ministero degli Esteri del Giappone fa sapere che Tokyo risponderà all'iniziativa nordcoreana ''in modo responsabile'' alle Nazioni Unite. Interviene anche la Cina che si dice "fortemente contraria" al test della Corea del Nord e accusa Kim di aver "ignorato le obiezioni della comunità internazionale" al proseguimento del suo programma nucleare.

Questa posizione di Pechino coglie di sorpresa le diplomazie asiatiche ed appare anche come una reazione insolitamente decisa ad un’iniziativa di Pyongyang. La Cina è, infatti, alleata della Corea del Nord e fino ad ora si è opposta ad un inasprimento delle sanzioni economiche già imposte dall’Onu al Paese dopo il suo primo test atomico dell' ottobre 2006. Il ministro degli Esteri russo Lavrov annuncia un intervento ad una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, di cui la Russia ha la presidenza di turno: "Naturalmente - dice Lavrov - siamo preoccupati per le notizie secondo cui la Corea del nord ha effettuato un test nucleare sotterraneo”. Dal canto suo il capo della diplomazia dell'Ue, Javier Solana, parla di "atto irresponsabile" che richiede "una risposta ferma da parte della comunità internazionale". E il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, annuncia di essere "profondamente preoccupato".

Si é, quindi, alla soglia di una nuova crisi internazionale, con l’America di Obama che interviene pesantemente avviando consultazioni con Seul, Tokyo, Pechino e Mosca sulle possibili conseguenze che potrebbero venire dalle azioni di Kim. L’allarme è continuo e l’intelligence sudcoreana rileva ancora la presenza di una “accelerazione di attività” nel sito nucleare di Kilju, nel Nord-Est della Corea del Nord dove nel 2006 avvenne il primo test nucleare che colse il mondo di sorpresa.

L’inviato Usa per la Corea del Nord, Stephen Bosworth, arriva a Seul da dove lancia un monito a Kim Jong Il: “Se la Corea del Nord deciderà di realizzare altri test dovremo occuparci delle conseguenze, perché ve ne saranno in quanto interpreteremmo questa decisione come un atto ostile”. Nel tentativo di tendere la mano verso la Corea del Nord Bosworth dice, comunque, che “l’offerta di Barack Obama di dialogo resta valida ed è nel loro interesse accettarla”.

E nel pieno di questa crisi “nucleare” piomba la notizia che la Corea del Nord avrebbe condannato a morte il fautore dell’apertura con Seoul, Choe Sung-chul. vice-presidente del Comitato nord-coreano di pace dell’Asia-Pacifico e figura di primo piano nei negoziati fra le due Coree del recente passato. L’esponente pacifista sarebbe stato già giustiziato nel 2008. Ma la notizia - anche se a notevole distanza di tempo - per ora non trova conferme. La Corea del Nord, in proposito, tace, ma alcune fonti non ufficiali parlano di “montatura” del Sud in risposta alla minaccia di Pyongyang di chiudere il complesso di Kaesong. La realtà resta confusa e le tante versioni relative al futuro della penisola coreana creano sempre più un clima di incertezza e di sempre più esili speranze distensive.

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