di Michele Paris

Spezzando bruscamente una tendenza che nei primi mesi del 2009 aveva allargato il diritto alle unioni omosessuali negli Stati Uniti, la Corte Suprema della California ha assestato un colpo mortale ai matrimoni gay in questo Stato. La decisione del supremo tribunale californiano ristabilisce un divieto che era stato sanzionato tramite referendum lo scorso mese di novembre, dopo che la stessa Corte Suprema, nel maggio del 2008, aveva proclamato il diritto costituzionale dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. All’unanimità la Corte ha invece stabilito la legalità dei circa 18.000 matrimoni celebrati nei mesi che hanno preceduto la bocciatura degli elettori. I sostenitori dei diritti LGBT hanno già annunciato battaglia, promettendo una nuova consultazione popolare per il prossimo anno. Il sostegno alla cosiddetta “Proposition 8” è stato deliberato con il voto favorevole di 6 giudici ed uno solo contrario, quello dell’ormai ex candidato alla Corte Suprema degli USA Carlos Moreno. Tutti i diritti delle coppie omosessuali già previsti dalla legge della California, comprese le unioni civili, rimangono intatti, tranne appunto quelli legati alla possibilità di unirsi in matrimonio. Nella conferma del risultato del referendum votato in concomitanza delle presidenziali americane, la maggioranza della Corte ha stabilito che la misura approvata dagli elettori consisteva in una limitata modifica della Costituzione dello Stato e non in una revisione estesa di essa. Se così fosse stato, come sostenevano quanti si sono appellati al referendum di fronte alla Corte Suprema, tale modifica avrebbe richiesto il voto favorevole dei due terzi della Legislatura della California prima di poter essere sottoposta al giudizio popolare.

L’esito della vicenda evidenzia nuovamente, secondo alcuni, la sottomissione dimostrata dai giudici della Corte Suprema ai mezzi della democrazia diretta nello stato della California. E allo stesso tempo una certa insofferenza per la facilità con cui la costituzione dello stato possa essere modificata. Nella stesura della sentenza, il primo giudice della Corte, Ronald M. George, ha infatti espresso l’auspicio di un intervento legislativo volto a limitare le possibilità di cambiare la Costituzione tramite iniziativa popolare.

La definizione di modifica illegale della Costituzione dello Stato stabilita dai giudici, fissa dei paletti che lasceranno uno spazio di manovra molto ristretto ai sostenitori dei diritti gay nel prossimo futuro. Inscrivendo i matrimoni tra persone dello stesso sesso nell’ambito dei diritti costituzionali riconosciuti alle minoranze, nel suo dissenso con la Corte, il giudice Moreno ha definito la sentenza “non solo una sconfitta delle coppie omosessuali, ma di qualsiasi minoranza che chieda il riconoscimento dei propri diritti secondo il principio di uguale protezione per tutti i cittadini garantito dalla Costituzione della California. Non solo la maggioranza ha privato le coppie gay del diritto al matrimonio, ma ha messo a rischio anche i diritti costituzionali di tutte le minoranze discriminate”.

L’intera vicenda dei matrimoni gay in California, in definitiva, sottolinea come le delicate questioni legate al riconoscimento dei diritti costituzionali delle minoranza non debbano essere lasciate al giudizio popolare. Questo sembrava anche essere il senso del pronunciamento della Corte Suprema di San Francisco del maggio dello scorso anno in favore delle unioni tra persone dello stesso sesso. Pur cercando di preservare tali diritti, la maggioranza dei giudici della Corte nel dibattimento intorno alla “Proposition 8”, iniziato a marzo, aveva d’altra parte già lasciato intendere la propria volontà di non ribaltare il giudizio espresso nel referendum di novembre.

Una sentenza così contraddittoria, sostengono molti giuristi, difficilmente avrà una qualche influenza al di fuori della California e negli altri stati americani che stanno affrontando la questione dei matrimoni gay. Intanto, due legali che si erano battuti su fronti opposti nel caso “Bush contro Gore” dopo le contestate presidenziali del 2000, hanno già annunciato di voler presentare ricorso contro la “Proposition 8” nel circuito delle corti federali. Una mossa sconsigliata dai sostenitori del diritti gay, non solo per lo strapotere dei giudici conservatori sui banchi dei tribunali federali dopo otto anni di presidenza Bush, ma anche perché tale percorso potrebbe condurre il caso direttamente alla Corte Suprema degli Stati Uniti, dove gli attuali membri si sono espressi finora contro l’allargamento dei diritti degli omosessuali.

Nonostante la battuta d’arresto causata da uno Stato fondamentale come la California, dove la battaglia per i matrimoni gay aveva assunto connotati fortemente simbolici, le lotte degli attivisti e delle organizzazioni a difesa dei diritti degli omosessuali hanno fatto segnare importanti successi, talvolta inaspettati, nel corso del 2009. Al Massachussets, che per primo negli Stati Uniti ha legalizzato i matrimoni gay nel Maggio 2004, e al Connecticut, nell’Ottobre dello scorso anno, altri tre stati si sono aggiunti all’elenco di quanti riconoscono tali unioni.

Ai primi di Aprile la Corte Suprema dell’Iowa - stato del Midwest - basandosi proprio sulla decisione californiana del maggio 2008, aveva ampliato il diritto al matrimonio anche a persone dello stesso sesso. Qualche giorno più tardi era toccato al Vermont, dove il parlamento locale aveva dapprima approvato una legge sui matrimoni gay e successivamente cancellato il veto posto sul provvedimento dal governatore repubblicano Jim Douglas. Il 6 maggio infine è toccato all’assemblea legislativa del Maine seguire un percorso simile. Qui il governatore democratico John Baldacci - cattolico e inizialmente contrario ai matrimoni omosessuali - ha prontamente firmato la nuova legge.

Il District of Columbia ha inoltre recentemente approvato il riconoscimento dei matrimoni gay celebrati in altri stati, così come aveva già fatto lo Stato di New York l’anno scorso. Progetti di legge per approvare in tempi brevi la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso sono in discussione anche in New Hampshire, New Jersey e New York, in quest’ultimo con la benedizione del governatore democratico David Paterson. Su scala nazionale invece, rimane tuttora in vigore il Defense of Marriage Act (DOMA), approvato durante la presidenza Clinton nel 1996, che proibisce il riconoscimento dei matrimoni gay a livello federale.

Il terreno per un cambiamento in tutti gli USA non sembra però ancora pronto, tanto più che ben 26 stati negli ultimi anni hanno approvato modifiche costituzionali che limitano esplicitamente i matrimoni a persone di sesso opposto, e che lo stesso presidente Obama è contrario ai matrimoni gay, nonostante in campagna elettorale abbia sostenuto l’abrogazione del DOMA. La rapidità con cui molti stati si muovono in questo ambito, dimostra tuttavia progressi innegabili per il movimento a difesa dei diritti degli omosessuali negli Stati Uniti e, soprattutto, un significativo cambiamento di attitudine nei loro confronti da parte di un numero sempre maggiore di americani.

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