di Elena Ferrara

Ancora una volta sarà l’inizio di una grande storia, perché due grandi potenze si uniscono per realizzare un nuovo e avveniristico progetto: una linea ferroviaria che dovrà unire la vecchia Europa all’emergente mondo della Cina. Il piano che vede coinvolti i governi di Mosca e di Pechino dovrebbe essere realmente alternativo alla rete attuale dell’aviazione civile. L’operazione parte da un team di specialisti russi diretti da Putin e l’idea portante del programma consiste nel riuscire ad unire la Cina – via Russia – all’Europa. Tutto in treno superando quell’ostacolo storico derivato dal fatto che i convogli russi sono a scartamento più largo di quello europeo e che, quindi, obbligano i treni a cambiare i carrelli nel momento in cui si “entra” in territorio russo. Ma tutto questo non crea ostacoli alle Ferrovie di Mosca impegnate come non mai a rilanciare il treno creando un ponte tra Europa e Cina.

di Luca Mazzucato

Il 56% dei californiani è favorevole alla completa legalizzazione della marijuana per uso ricreativo. La questione è ormai sulla bocca di tutti, tanto che il “Governator” Schwarzenegger ha dichiarato che “è tempo per un dibattito, dobbiamo studiare attentamente quello che altri paesi stanno facendo, con che risultati e se sono contenti della decisione.” Mentre l'uso di marijuana medica, legale dal 1996, cresce a dismisura, un disegno di legge è attualmente in discussione al Senato della California. Gli argomenti dei sostenitori sono sicuramente vincenti, primo fra tutti le enormi fiscali entrate che la legalizzazione porterebbe nel bilancio californiano, ridotto in bancarotta. In California, come in altri dodici stati dell'Unione, la marijuana è una droga legale, prescritta sotto il controllo medico per curare innumerevoli malanni: dolori cronici, AIDS, disordini del comportamento, insonnia, cancro, artrite, emicrania. Circa 1500 medici in tutto lo stato prescrivono regolarmente la droga e decine di migliaia di persone ne fanno uso. Quasi tutti hanno qualche amico generoso, che soffre di un forte mal di schiena...

di Alessandro Iacuelli

Il presidente americano Barack Obama ha dato il suo personale via libera ad un accordo nucleare tra Usa ed Emirati Arabi Uniti. L'intesa potrebbe fruttare miliardi di dollari alle industrie Usa. L'accordo infatti, autorizza gli Emirati ad acquistare dagli Usa materiale nucleare a fini energetici, con la garanzia che tale materiale non sarà riprocessato. "Sono giunto alla conclusione che questo accordo aumenterà, e non metterà a repentaglio, la sicurezza del nostro paese", ha detto Obama in conferenza stampa. "Lo scopo", si legge in un comunicato della Casa Bianca, "è di provvedere al crescente bisogno di energia elettrica di quel Paese del Golfo". Obama ha firmato mercoledì l'accordo, che era stato progettato durante la presidenza Bush, sostenendo che esso "promuoverà la difesa e la sicurezza comuni e non sarà, al contrario, un rischio".

di Michele Paris

Alla domanda posta qualche giorno fa dai membri del Congresso circa un possibile aumento dell’arsenale nucleare pakistano negli ultimi mesi, il capo di Stato Maggiore americano, ammiraglio Mike Mullen, ha risposto con un secco “Sì”. Il giudizio lapidario espresso dal militare più alto in grado delle forze armate statunitensi ha ulteriormente alimentato i timori già sufficientemente diffusi sull’ambiguità del governo di Islamabad e sull’avanzata dei ribelli islamici in questo paese, nonostante qualche successo militare ottenuto recentemente su questo fronte. Il persistente dirottamento dei fondi che giungono da Washington per la lotta al terrorismo nelle aree tribali del nord-ovest riporta alla luce ancora una volta gli errori di un appoggio incondizionato garantito al Pakistan già dall’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle. Così come rivela la fallimentare strategia americana, troppo spesso incurante delle priorità geo-politiche di un paese che continua a sentirsi minacciato da una stretta mortale, rappresentata dall’alleanza tra l’arcinemico di sempre - l’India - e l’Afghanistan.

di Elena Ferrara

Sono in 110 e, per ora, rispondono tutti a questi “requisiti”: cittadinanza Svizzera, fede cattolica, servizio militare nell'esercito svizzero con certificato di buona condotta, età compresa tra 19 e 30 anni, un'altezza non inferiore a 174 centimetri, celibi, istruzione medio-superiore. E soprattutto: sesso maschile. Ma ora soffia il vento di una grossa riforma. Perché la Guardia svizzera del Vaticano (quella che si occupa della sicurezza del territorio nazionale dell’Oltretevere e del Papa sorvegliando gli alloggi papali e mantenendo l'ordine durante le cerimonie religiose) potrebbe anche aprire le porte alle donne con un netto cambiamento di linea. E se si arriverà a questo vorrà dire che all’interno del Vaticano ci sarà stato un piccolo terremoto.


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