Non ci sono dubbi sul “se”, solo sul “quando”. Così il portavoce di Trump aveva descritto la decisione del suo presidente di voler trasferire l’ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv e Gerusalemme. Poche ore dopo essa è stata ribadita dallo stesso Trump nel corso di un colloquio telefonico con Abu Mazen, che lo ha fortemente (ma inutilmente) sconsigliato dal prendere una simile iniziativa nei confronti della quale anche Hamas ha avvertito che darà vita ad una nuova Intifada.

Proprio quando sembrava aprirsi all’orizzonte un possibile sbocco pacifico del sanguinoso conflitto in corso da oltre due anni in Yemen, la già drammatica situazione nel paese arabo è tornata a precipitare in seguito al fallimento delle ultime manovre dei regimi del Golfo Persico, sfociate lunedì con l’uccisione dell’ex presidente, Ali Abdullah Saleh.

I tentacoli del “Russiagate” si stanno sempre più avvicinando al presidente americano Trump dopo che il suo ex consigliere per la Sicurezza Nazionale, Michael Flynn, ha raggiunto settimana scorsa un accordo con l’FBI. La notizia ha immediatamente moltiplicato i livelli di isteria dei media americani, pronti a giurare che la decisione dell’ex generale sarebbe il segnale della sua prossima intenzione di coinvolgere l’inquilino della Casa Bianca nello “scandalo” delle presunte collusioni con il governo di Mosca.

Il negoziato su Brexit rischia di riaccendere il conflitto in Irlanda dopo 20 anni di pace. La questione è (ed è sempre stata) economica. La premier Theresa May ha giurato che la Gran Bretagna uscirà sia dal mercato unico sia dall’unione doganale europea; di conseguenza, l’Irlanda del Nord (parte dell’UK) e la Repubblica d’Irlanda (membro dell’Ue dal 1973) torneranno a essere divise da una frontiera vecchio stile. Con tanto di controlli doganali, passaporti e camion in coda. Poco importa che al referendum sulla Brexit il 56% dei nordirlandesi abbia votato per rimanere in Europa.

Nelle elezioni tenutesi lo scorso 26 Novembre in Honduras, paese centroamericano noto soprattutto per trovarsi alla testa degli indici delittivi planetari e per ospitare una delle basi militari statunitensi più grandi del mondo, il Presidente uscente, Juan Horlando Hernandez, si è autonominato vincitore delle elezioni.


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