La morte di quattro soldati americani nello stato africano del Niger il 4 ottobre scorso ha aperto l’ennesimo fronte di crisi che sta scuotendo l’amministrazione Trump in questi giorni. Al centro del polverone sollevato dai media negli Stati Uniti c’è soprattutto la diatriba tra l’inquilino della Casa Bianca e la moglie di uno dei militari uccisi in Niger, il 25enne sergente LaDavid Johnson.

La crisi politica e il deficit di democrazia che si registrano ormai da tempo in Giappone hanno prodotto nelle elezioni anticipate di domenica una prevista vittoria schiacciante del partito conservatore Liberal Democratico (LDP) del primo ministro in carica, Shinzo Abe. Il voto per la camera bassa (Camera dei Rappresentanti) del parlamento di Tokyo (Dieta) ha consentito a quest’ultimo partito e al suo alleato, il buddista Komeito, di conservare i due terzi dei seggi, necessari per attuare il progetto di modifica della Costituzione giapponese in senso militarista dello stesso capo del governo.

I piani indipendentisti del Kurdistan iracheno sembrano essersi sciolti letteralmente in poche ore dopo che le forze governative di Baghdad, con l’appoggio di milizie sciite più o meno legate all’Iran, a inizio settimana hanno ripreso il controllo di buona parte della provincia settentrionale di Kirkuk. Gli sviluppi più recenti della situazione in Iraq sono la conseguenza del referendum tenuto in Kurdistan lo scorso mese di settembre e dell’evoluzione degli scenari post-ISIS in Medio Oriente.

L’assassinio con un’autobomba nella giornata di lunedì della giornalista/blogger indipendente maltese Daphne Caruana Galizia ha riportato drammaticamente all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale gli aspetti più oscuri e inquietanti che si nascondono dietro il “miracolo” economico dell’isola del Mediterraneo.

I risultati non ancora definitivi delle elezioni federali anticipate in Austria di domenica scorsa sono stati giudicati universalmente come il segnale del drastico spostamento a destra del baricentro politico nel paese alpino. Anche qui come in altri paesi europei nei mesi scorsi, un partito xenofobo di estrema destra – il Partito della Libertà (FPÖ) – ha fatto segnare una netta impennata nei consensi, tanto da assicurarsi molto probabilmente l’ingresso nel nuovo governo di Vienna.


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