Il dibattito sulla riforma dei flussi migratori negli Stati Uniti sembra essere giunto questa settimana a uno stadio decisivo. Più che ad aprire la strada all’approvazione di una qualche misura definitiva, su cui il Congresso e la Casa Bianca restano ancora divisi, le trattative e il voto dell’aula sono però serviti più che altro a portare la discussione su un terreno anti-democratico e xenofobo come mai era stato fatto dal secondo dopoguerra a oggi.

Una sentenza d’appello di un tribunale distrettuale britannico ha respinto questa settimana il ricorso dei legali del fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, per far cadere definitivamente l’accusa di avere violato i termini della libertà condizionata a cui era stato sottoposto nell’ormai lontano 2012.

La sorte del presidente sudafricano, Jacob Zuma, ha subito una drammatica accelerazione nell’ultima settimana, dopo che il direttivo dell’African National Congress (ANC) ha deciso di procedere alla sua rapida liquidazione per installare alla guida del paese il suo nuovo leader, Cyril Ramaphosa.

 

Il probabile epilogo della carriera politica di Zuma è il risultato di un precipitoso e a tratti sorprendente riallineamento contro il presidente all’interno dell’organo direttivo dell’ANC, il Comitato Esecutivo Nazionale (NEC), determinato a sua volta dall’aggravarsi della crisi politica, economica e sociale che sta attraversando il Sudafrica.

Le propaggini della caccia alle streghe in corso negli Stati Uniti contro i presunti responsabili di molestie nei confronti delle donne, nota quasi universalmente con il nome di “#MeToo”, si sono avvicinate nei giorni scorsi alla Casa Bianca, minacciando di saldarsi alla campagna contro l’amministrazione Trump per le altrettanto dubbie collusioni con il governo di Mosca.

 

Quello che è stato subito trasformato in un nuovo scandalo dai media ufficiali riguarda due membri dello staff del presidente repubblicano, di fatto licenziati dopo che erano emerse accuse di maltrattamenti contro le rispettive ex mogli. Il caso ritenuto più serio sarebbe quello dell’ormai ex segretario dello staff presidenziale, Rob Porter, mentre l’altro riguarda David Sorensen, uno degli autori dei discorsi di Trump.

L’accordo raggiunto per la nascita di un nuovo governo di “grande coalizione” in Germania, sotto la guida di Angela Merkel, è stato presentato da buona parte della stampa tedesca ed europea come una sorta di successo del Partito Social Democratico (SPD), in grado di strappare importanti concessioni e incarichi ministeriali che lascerebbero intravedere una qualche inclinazione progressista nell’immediato futuro.


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