Il negoziato su Brexit rischia di riaccendere il conflitto in Irlanda dopo 20 anni di pace. La questione è (ed è sempre stata) economica. La premier Theresa May ha giurato che la Gran Bretagna uscirà sia dal mercato unico sia dall’unione doganale europea; di conseguenza, l’Irlanda del Nord (parte dell’UK) e la Repubblica d’Irlanda (membro dell’Ue dal 1973) torneranno a essere divise da una frontiera vecchio stile. Con tanto di controlli doganali, passaporti e camion in coda. Poco importa che al referendum sulla Brexit il 56% dei nordirlandesi abbia votato per rimanere in Europa.

Nelle elezioni tenutesi lo scorso 26 Novembre in Honduras, paese centroamericano noto soprattutto per trovarsi alla testa degli indici delittivi planetari e per ospitare una delle basi militari statunitensi più grandi del mondo, il Presidente uscente, Juan Horlando Hernandez, si è autonominato vincitore delle elezioni.

Quella approvata nella mattinata di sabato dal Senato di Washington può difficilmente essere considerata soltanto come una semplice riforma del sistema fiscale americano. Il pacchetto da 1.500 miliardi di dollari di tagli alle tasse per i più ricchi, fortemente voluto dal presidente Trump, rappresenta piuttosto un nuovo riassestamento dei rapporti di classe negli Stati Uniti che avrà conseguenze pesantissime sulle casse federali e sulle vite di decine di milioni di americani.

 

La legge è il risultato di intense trattative, in larga misura segrete, all’interno del Partito Repubblicano, resesi necessarie per raggiungere i voti sufficienti all’approvazione in aula al Senato di fronte alle resistenze manifestate dalle varie ali del partito. Il numero uno repubblicano, Mitch McConnell, poteva infatti perdere solo due voti della propria delegazione al Senato per riuscire a mandare in porto la “riforma”.

Ingerendo un veleno racchiuso in una fialetta, il Generale Slobodan Praljak, ex Capo di Stato Maggiore dello HVO, ovvero la milizia dei croato-bosniaci nella guerra nella ex-Jugoslavia, si è suicidato in diretta televisiva. Il Tribunale Penale Internazionale per la ex-Jugoslavia gli aveva appena comminato in sede di Corte D’Appello una condanna a 20 anni di carcere per crimini di guerra.

La strategia del regime nordcoreano di Kim Jong-un sembra avere raggiunto un punto decisivo nello scontro in atto con gli Stati Uniti dopo il lancio, nella serata di martedì, di quello che è stato definito come il più efficace e completo missile balistico intercontinentale tra quelli finora testati dal paese dell’Asia nord-orientale.


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