La visita di due giorni del primo ministro giapponese, Shinzo Abe, nella residenza in Florida del presidente americano Trump ha avuto al centro delle discussioni alcune questioni che negli ultimi mesi hanno agitato i rapporti tra i due alleati. Le misure protezionistiche decise a Washington e la decisione della Casa Bianca di accettare l’invito alla distensione del regime nordcoreano minacciano infatti di scardinare i piani del governo di Tokyo sia sul fronte economico sia su quello della “sicurezza nazionale”.

Secondo quanto riportato nei giorni scorsi da una piccola parte della stampa americana, il governo degli Stati Uniti starebbe preparando la creazione di un enorme database per monitorare le attività di centinaia di migliaia di pubblicazioni e di singoli giornalisti virtualmente in tutto il mondo. La notizia solleva gravissime preoccupazioni per la libertà di stampa e si aggiunge a una serie di altre iniziative allarmanti già prese in questo ambito dall’amministrazione Trump, nel quadro di un deterioramento generalizzato del clima democratico americano in atto almeno dagli ultimi due decenni.

A quindici mesi dalla decisione di ritirare gli Stati Uniti dalla “Partnership Trans-Pacifica” (TPP), il presidente americano Trump sembra avere riconsiderato il suo giudizio sul controverso trattato di libero scambio tra una dozzina di paesi asiatici e del continente americano, giungendo a ritenerlo tutto sommato uno strumento utile nella guerra commerciale appena iniziata contro la Cina.

Lo ha detto con una frase ad effetto il segretario generale dell’Onu, António Guterres: “La guerra fredda è tornata, con una differenza”. La differenza è che i due maggiori contendenti - Usa e Russia - e i loro alleati stanno già combattendo, in Siria. Dopodiché  a nessuno è venuto in mente che quando  usarono il mondo islamico come spazio ideale per il loro Great Game l'Urss e gli Usa non tennero in  alcun conto che, i figli di quegli uomini che stavano subendo la loro violenza avrebbero potuto un giorno ribellarsi con altrettanto furore, come infatti accade.

“Non ho nessuna intenzione di permettere alla guardia nazionale dell'Oregon di essere usata come distrazione dai problemi di Washington”. Con queste parole, Kate Brown, democratica, governatrice dell'Oregon, si è rifiutata di accedere alla richiesta di Donald Trump di schierare la Guardia Nazionale contro i migranti, vedendola come un tentativo di “militarizzare il confine col Messico”.


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