Essendo l’Armenia tradizionalmente in buoni rapporti con Mosca, nonché situata in una posizione strategica sensibile, l’ondata di proteste che sta attraversando in questi giorni il paese caucasico ha subito sollevato forti dubbi sul possibile ruolo dell’Occidente e, in particolare, degli Stati Uniti nel movimento già battezzato da uno dei leader dell’opposizione come “rivoluzione di velluto”.

 

Il riferimento di Nikol Pashinyan, numero uno del partito del Contratto Civile e attivissimo protagonista delle proteste in corso, è alle cosiddette “rivoluzioni colorate” che da oltre un decennio vengono innescate da organizzazioni finanziate dall’Occidente per rovesciare regimi o governi ostili sfruttando manifestazioni di protesta, quasi sempre più che legittime ancorché relativamente circoscritte.

Il prezzo del petrolio continua a correre e nei prossimi mesi potrebbe arrivare un nuovo allungo. La settimana scorsa le quotazioni hanno toccato il livello più alto degli ultimi quattro anni, con il Wti americano intorno ai 70 dollari al barile e il Brent europeo vicino a quota 75. Ma gli analisti sono sicuri: non è finita. Per diverse ragioni.

 

Innanzitutto, la svolta nella politica dei prezzi da parte dell’Arabia Saudita. Secondo fonti Opec citate dall’agenzia Reuters, il principale Paese esportatore di greggio punta a far salire il prezzo del petrolio prima a 80 e poi anche oltre i 100 dollari al barile. Uno scenario che non dispiace affatto alla Russia e per il quale sta lavorando involontariamente anche il Venezuela, dove la situazione politica precipita insieme alla produzione di greggio.

La visita di stato di questa settimana a Washington del presidente francese, Emmanuel Macron, è stata apparentemente caratterizzata da un’atmosfera cordiale e da un’accoglienza con tutti gli onori del caso da parte di Donald Trump. Il vertice tra i due leader, in attesa dell’arrivo negli Stati Uniti della cancelliera tedesca Merkel, è stato attraversato però dalle crescenti tensioni transatlantiche, soprattutto in vista dell’imminente decisione americana sulla sorte dell’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA).

Il Partito Democratico americano ha deciso qualche giorno fa di procedere con una drammatica accelerazione della caccia alle streghe in atto sulle molto presunte interferenze russe nel processo elettorale degli Stati Uniti. Tramite il suo organo direttivo, il Comitato Nazionale Democratico (CND), il partito oggi all’opposizione negli USA ha intentato una causa legale contro tutti gli attori che ritiene responsabili della sconfitta di Hillary Clinton nelle presidenziali del 2016.

Sono stati giorni difficili per il Nicaragua. Armati di fionde, scudi, pietre, bottiglie molotov, bazooka artigianali e armi da fuoco, gruppi di manifestanti composti da studenti e appartenenti alla destra, per tre giorni hanno messo a ferro e fuoco il Nicaragua. Devastazioni, barricate, incendi di municipi ed ambulanze, attacco al ministero della gioventù e ad alcune radio vicine al governo, nelle ultime 12 ore gli assalti si sono ampliati ai supermercati ed ai negozi, che vengono prima saccheggiati e poi distrutti. Ad oggi, il bilancio è di 30 morti, tra i quali due agenti di polizia e due giornalisti.


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