Sono stati giorni difficili per il Nicaragua. Armati di fionde, scudi, pietre, bottiglie molotov, bazooka artigianali e armi da fuoco, gruppi di manifestanti composti da studenti e appartenenti alla destra, per tre giorni hanno messo a ferro e fuoco il Nicaragua. Devastazioni, barricate, incendi di municipi ed ambulanze, attacco al ministero della gioventù e ad alcune radio vicine al governo, nelle ultime 12 ore gli assalti si sono ampliati ai supermercati ed ai negozi, che vengono prima saccheggiati e poi distrutti. Ad oggi, il bilancio è di 30 morti, tra i quali due agenti di polizia e due giornalisti.

La notizia della visita segreta in Corea del Nord del segretario di Stato americano in pectore, Mike Pompeo, ha alimentato in tutto il mondo le speranze per il raggiungimento di una pace duratura in Asia nord-orientale a distanza di oltre sei decenni dalla fine della guerra.

 

La natura dell’amministrazione Trump e la crisi interna che sta attraversando rendono però ancora molto incerto il possibile processo di distensione. Anzi, la stessa accettazione della proposta di dialogo fatta da Kim Jong-un e il prossimo faccia a faccia tra quest’ultimo e il presidente Trump potrebbero facilmente preludere a un’intensificazione delle pressioni su Pyongyang e il repentino ritorno del rischio concreto di un conflitto rovinoso.

La visita di due giorni del primo ministro giapponese, Shinzo Abe, nella residenza in Florida del presidente americano Trump ha avuto al centro delle discussioni alcune questioni che negli ultimi mesi hanno agitato i rapporti tra i due alleati. Le misure protezionistiche decise a Washington e la decisione della Casa Bianca di accettare l’invito alla distensione del regime nordcoreano minacciano infatti di scardinare i piani del governo di Tokyo sia sul fronte economico sia su quello della “sicurezza nazionale”.

Secondo quanto riportato nei giorni scorsi da una piccola parte della stampa americana, il governo degli Stati Uniti starebbe preparando la creazione di un enorme database per monitorare le attività di centinaia di migliaia di pubblicazioni e di singoli giornalisti virtualmente in tutto il mondo. La notizia solleva gravissime preoccupazioni per la libertà di stampa e si aggiunge a una serie di altre iniziative allarmanti già prese in questo ambito dall’amministrazione Trump, nel quadro di un deterioramento generalizzato del clima democratico americano in atto almeno dagli ultimi due decenni.

A quindici mesi dalla decisione di ritirare gli Stati Uniti dalla “Partnership Trans-Pacifica” (TPP), il presidente americano Trump sembra avere riconsiderato il suo giudizio sul controverso trattato di libero scambio tra una dozzina di paesi asiatici e del continente americano, giungendo a ritenerlo tutto sommato uno strumento utile nella guerra commerciale appena iniziata contro la Cina.


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