Come già in Venezuela e in Nicaragua, con identiche modalità e comuni complicità, gli Stati Uniti stanno tentando di rovesciare con un colpo di Stato il legittimo governo di Evo Morales in Bolivia. Preoccupati dal tempo che scorre e riduce le proteste e delle missioni internazionali che dovrebbero certificare l’esito elettorale favorevole a Morales, hanno deciso di accelerare i tempi e nei giorni scorsi hanno sabotato l’elicottero con il quale il Presidente doveva spostarsi. Solo l’abilità del pilota lo ha salvato. Vecchia, sinistra abitudine quella degli USA, di far esplodere in volo i presidenti sgraditi a Washington, da Omar Torrijos a Panama a Samora Machel in Mozambico.

Un nuovo sviluppo della guerra nello Yemen passato relativamente inosservato nei giorni scorsi potrebbe avere dato un impulso importante al raggiungimento di una soluzione diplomatica per quella che da tempo si è trasformata nella più grave crisi umanitaria in corso nel pianeta. Così almeno viene inquadrato da molti osservatori il recentissimo accordo, favorito dal regime saudita, che dovrebbe chiudere le ostilità tra le due principali fazioni yemenite schierate a fianco di Riyadh nella guerra contro i “ribelli” sciiti Houthi.

Da qualche tempo, il governo riconosciuto internazionalmente del presidente in esilio, Abd-Rabbu Mansour Hadi, e i separatisti del Consiglio di Transizione del Sud (STC), pur facendo formalmente parte della stessa coalizione anti-Houthi, sono stati protagonisti di violenti scontri armati. Alla base del conflitto ci sono le aspirazioni indipendentiste dell’STC, appoggiato finanziariamente e militarmente dal governo degli Emirati Arabi Uniti (EAU).

Se le elezioni locali di martedì negli Stati Uniti dovevano essere l’ultimo importante banco di prova per la tenuta di Donald Trump prima delle presidenziali del prossimo anno, il risultato complessivo per l’inquilino della Casa Bianca dovrebbe apparentemente fargli dormire sonni tutt’altro che tranquilli. Il Partito Democratico americano ha tra l’altro esteso il proprio controllo su tutti i principali organi rappresentativi dello stato della Virginia, mentre in quello tradizionalmente conservatore del Kentucky ha riconquistato a sorpresa la carica di governatore. I dati indicano però anche situazioni contraddittorie a un anno dal voto e gli stessi leader democratici potrebbero finire per servire a Trump la rielezione se il procedimento di impeachment in fase iniziale dovesse proseguire nella direzione intrapresa dal Congresso di Washington.

Dopo alcune settimane durante le quali il “dossier” Iran è sembrato passare in secondo piano a Washington, questa settimana e nei giorni scorsi il fuoco incrociato su Teheran è tornato a farsi sentire, in concomitanza con i più recenti sviluppi nella regione mediorientale. L’amministrazione Trump ha di nuovo fatto ricorso all’abusato strumento delle sanzioni, applicando ridicole misure punitive contro esponenti della cerchia della guida suprema della Repubblica Islamica, ayatollah Ali Khamenei, proprio in occasione del quarantesimo anniversario dell’occupazione dell’ambasciata a Teheran all’indomani della rivoluzione del 1979.

Uno degli incubi peggiori degli Stati Uniti in relazione ai rapporti transatlantici e al tentativo di contenimento della Russia sembra essere sempre più vicino a diventare realtà dopo una decisione di importanza fondamentale presa qualche giorno fa dall’autorità per l’energia della Danimarca. La questione è quella del gasdotto Nord Stream 2 che, grazie agli sviluppi più recenti, potrebbe vedere finalmente la luce nei prossimi mesi, facendo aumentare la quantità di gas naturale russo fornito all’Unione Europea.

La presa di posizione del governo di Copenhagen è arrivata dopo una serie di ritardi, dovuti in larga misura a pressioni politiche provenienti dagli Stati Uniti. Settimana scorsa è stata dunque approvata la rotta definitiva del gasdotto, la terza presentata dal consorzio che sta realizzando il progetto. Dal momento che essa attraversa le acque comprese nella cosiddetta “zona economica esclusiva” della Danimarca, una bocciatura poteva essere decisa solo per eventuali perplessità di carattere ambientale e non, come accaduto per le richieste precedenti, sulla base di riserve legate a ragioni politiche o di sicurezza nazionale e internazionale.


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