di Sara Michelucci

In una Parigi del XIX secolo si staglia la storia di un intraprendente ragazzo, Georges Duroy, interpretato da Robert Pattinson che tutti ricordano per Twilight. Il suo charme gli aprirà le porte della carriera giornalistica, passando tra i tradimenti e l’amore di diverse donne di classi sociali agiate e potenti. Il film dei registi Declan Donnellan e Nick Ormerod, Bel Ami, trae ispirazione dall’omonimo romanzo di Guy de Maupassant che raccontava, appunto, l’ascesa sociale di Duroy, un uomo ambizioso e seduttore, che da povero militare in congedo e modesto impiegato nelle Ferrovie del Nord diventa uno degli uomini di maggiore successo nella società parigina, grazie al giornalismo e alla sua capacità di manipolare donne potenti e intelligenti.

Sullo sfondo della scalata sociale, Maupassant descrive la società francese negli ultimi decenni del XIX secolo e i rapporti d’interdipendenza tra stampa, politica e affari. Le vicende hanno ad oggetto pure l’influenza delle donne, escluse dalla vita politica, ma operanti nell’ombra, come consigliere ed educatrici di uomini potenti.

Il film riesce in parte da mettere in evidenza la capacità di costruirsi un futuro e una vita completamente diversa da quella a cui si sarebbe destinati. Cambiare il corso degli eventi, senza nessuno scrupolo, sembra essere il tema forte sui cui è incentrata la narrazione. Pattinson riesce a scrollarsi di dosso il ruolo di "vampiro" che fa impazzire le teenagers, per indossare quello più maturo di sciupa femmine, che non si fa tanti scrupoli e utilizza abilmente il suo potere mediatico per ottenere quello che vuole.

Il richiamo ai fatti attuali è chiaro. Agenda mediale e politica vanno a braccetto, come ci insegnano i più illustri manuali di comunicazione e il film dimostra come Maupassant avesse saputo regalare uno spaccato lucidissimo della società dell’epoca.

Bel Ami (Gran Bretagna, Italia 2012)
regia: Declan Donnellan, Nick Ormerod
sceneggiatura: Rachel Bennette
attori: Robert Pattinson, Uma Thurman, Kristin Scott Thomas, Christina Ricci, Philip Glenister, Colm Meaney, Holly Grainger, James Lance, Paul Hodge, Jake Harders, Ryan Ellsworth, Balázs Czukor
fotografia: Stefano Falivene
montaggio: Masahiro Hirakubo
musiche: Lakshman Joseph de Saram, Rachel Portman
produzione: Redwave Films, XIX, Protagonist Pictures, RaiCinema
distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

La ferita della scuola Diaz di Genova, dove durante il G8 del 2001 alcuni manifestanti furono malmenati dalla polizia, si riapre con il nuovo film di Daniele Vicari, Diaz. Una ferita che non si è mai del tutto rimarginata, che ha gettato un’ombra scura sul nostro Paese, dove la violenza è prevalsa sul diritto di manifestare ed esternare le proprie idee e la propria contrarietà ad un sistema. Luca, interpretato da un sempre bravo Elio Germano, è un giornalista della Gazzetta di Bologna.

È il 20 luglio 2001, l’attenzione della stampa è catalizzata dagli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine durante il vertice G8 di Genova. In redazione arriva la notizia della morte di Carlo Giuliani e così il giovane giornalista decide di partire per il capoluogo ligure per toccare con mano quello che sta accadendo. Alma (Jennifer Ulrich) è un’anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri.

Sconvolta dalle violenze cui ha assistito, decide di occuparsi delle persone disperse insieme a Marco (Davide Iacopini), un organizzatore del Genoa Social Forum, e Franci, una giovane avvocato del Genoa Legal forum. Nick (Fabrizio Rongione) è invece un manager che si interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario dell’economista Susan George.

Anselmo (Renato Scarpa), vecchio militante della CGIL, con i suoi compagni pensionati ha preso parte ai cortei contro il G8, mentre Etienne (Ralph Amoussou) e Cecile sono due anarchici francesi protagonisti delle devastazioni di quei giorni. Bea e Ralf, di passaggio nella città, hanno deciso di riposarsi alla scuola Diaz prima di partire. Claudio Santamaria veste i panni di Max, vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, comanda il VII nucleo e non vede l’ora di tornare a casa da sua moglie e sua figlia. Tutti questi personaggi Luca incrociano i loro destini la notte del 21 luglio 2001.

Poco prima della mezzanotte centinaia di poliziotti irrompono nel complesso scolastico Diaz-Pascoli, sede del Genoa Social Forum adibita per l’occasione a dormitorio. In testa c’è il VII nucleo comandato da Max, seguono gli agenti della Digos e della mobile, mentre i carabinieri cinturano l’isolato.

È un massacro in piena regola. Quando Max dà ordine ai suoi di fermarsi, è tardi. Novantatre persone presenti nella scuola, oltre ad essere in arresto, hanno subìto una violenza inaudita senza aver opposto alcuna resistenza. In una Genova devastata e irreale, la luce del sole mette ancor più in evidenza le proporzioni del massacro.

Un film forte, che apre gli occhi su un evento che è in parte già stato dimenticato, ma che invece andrebbe preso come monito perché non accada più che i diritti civili vengano spezzati in questo modo, in un paese, l’Italia, che si considera democratico.

Non c’è la volontà di contrapporre buoni (i manifestanti) e cattivi (alcuni reparti della polizia), quanto di mettere la storia di fronte alle sue responsabilità. Fatti come quelli di Genova, ma come tanti altri che hanno destabilizzato la buona reputazione di un paese, non vanno messi nel dimenticatoio e anche un film può riuscire a risvegliare le coscienze, come è stato ad esempio per l’Olocausto.

È il contropotere a fare la differenza. Sono le persone che subiscono certe ingiustizie a essere messe in primo piano, a rappresentare coloro da cui imparare per non commettere più certi e(o)rrori e per scardinare un certo tipo di potere. Riguardando oggi queste immagini, ci si rende conto di come certe idee fossero giuste, di come i giovani manifestanti avessero capito dove l’Italia, e il mondo intero, stessero andando. Ma i bastoni hanno piegato le teste e i giudizi. E con questa consapevolezza, la crisi che morde, oggi fa ancora più male.

Diaz (Francia, Italia, Romania 2012)
regia: Daniele Vicari
sceneggiatura: Daniele Vicari, Laura Paolucci
attori: Elio Germano, Claudio Santamaria, Rolando Ravello, Aylin Prandi,
Alessandro Roja, Monica Birladeanu, Jennifer Ulrich, Renato Scarpa, Davide
Iacopini, Paolo Calabresi, Fabrizio Rongione, Ignazio Oliva, Ralph
Amoussou, Mattia Sbragia, Francesco Acquaroli, Antonio Gerardi, Eva
Cambiale, Emilie De Preissac, Camilla Semino, Michaela Bara
fotografia: Gherardo Gossi
montaggio: Benni Atria
musiche: Teho Teardo
produzione: Fandango, Le Pacte, Mandragora Movies
distribuzione: Fandango


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Il capolavoro di Walt Disney, "Biancaneve e i sette nani", favola che ha rappresentato un punto di riferimento per diverse generazioni di bambini, è stata scelta dal regista indiano Tarsem Singh per il suo nuovo film, Biancaneve. La perfida matrigna, interpretata da un’ironica e brava Julia Roberts, alla scomparsa del padre di Biancaneve assume il controllo del regno e tiene la bellissima diciottenne rinchiusa nel palazzo. La principessa conquista, però, il cuore di un affascinante principe, Andrew, che è di passaggio nel regno

La Regina, in preda alla gelosia per quell’amore puro e aizzata dallo Specchio magico che le rivela che la figliastra è la più bella del reame, decide di esiliare la ragazza in una foresta vicina. Biancaneve, però, non sarà sola e riuscirà a trovare ospitalità presso una simpatica gang di sette nani ribelli, che la aiutano a trovare il coraggio di lottare per salvare il suo paese dalla strega cattiva.

Una commedia fantasy, quella che il regista sceglie per rileggere la fiaba del 1937, con un’eroina nuova, dal cuore puro, ma che non si rassegnerà alla condizione di vittima alla quale gli eventi tragici della sua vita la vorrebbero relegare. Biancaneve conquisterà una forza nuova, dotandosi anche di una coscienza critica e di classe che non comparivano nella favola originale. Un’eroina moderna, quasi vicina ai giorni nostri, ma che ha ancora molto da imparare.

Certo, sarebbe piaciuto che il regista avesse giocato di più con gli aspetti “neri” che questa favola ha, rendendo il racconto molto più forte e dando qualcosa in più all’intero impianto narrativo che, invece, risulta fiacco, spesso sovrastato da una bella scenografia e da costumi magnifici, con colori sfavillanti.

Non male il finale corale, che ricorda le origini indiane del regista, con un numero musicale di massa che diffonde ironia, uno degli ingredienti scelti da Tarsem Singh e sicuramente azzeccati. Come indovinata è stata la scelta della Roberts per il ruolo di una matrigna un po’ sui generis, ma che piace.

Ovviamente ci si discosta dalla favola di Disney anche per il fatto stesso che Biancaneve si accosta molto di più a un personaggio maschile delle fiabe, imparando grazie ai nani l’arte della spada, che non a quella di una “Bella addormentata” che aspetta il bacio del principe per potersi risvegliare.

Biancaneve (Usa 2012)

Regia: Tarsem Singh
Sceneggiatura: Melissa Wallack, Jason Keller
Attori: Julia Roberts, Lily Collins, Armie Hammer, Sean Bean, Nathan Lane, Mare Winningham, Michael Lerner, Robert Emms, Martin Klebba, Danny Woodburn, Jordan Prentice, Mark Povinelli, Joe Gnoffo, Sebastian Saraceno
Fotografia: Brendan Galvin
Montaggio: Robert Duffy, Nick Moore
Musiche: Alan Menken
Produzione: Citizen Snow Film Productions, Rat Entertainment, Relativity Media
Distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Il regista di Shakespeare in Love, John Madden, sceglie di raccontare le avventure di un gruppetto di anziani nel suo nuovo film, Marigold Hotel. E’ la storia di alcuni pensionati britannici che stufi della solita minestra, una monotona e sempre uguale quotidianità, decidono di recarsi a Jaipur in India attratti dal lusso promesso dal Marigold Hotel, un albergo da poco ristrutturato. Arrivati sul posto, però, scoprono che in realtà è molto meno lussuoso e affascinante del previsto, ma nonostante questo vivranno delle esperienze che cambieranno in meglio le loro vite.

Judi Dench, Maggie Smith, Tom Wilkinson e Bill Nighy danno vita a una commedia agrodolce, dallo stile molto british, che mette in evidenza la voglia di provare ancora delle forti emozioni, nonostante l’età avanzata. “A una certa età non bisogna mollare, ma vivere nel presente, questa è la vera sfida”, dice il regista che offre una speranza in più ai suoi personaggi. Non eroi giovani e aitanti, ma claudicanti e spesso brontoloni pensionati a cui l’India con i suoi forti contrasti darà una seconda opportunità, risvegliando in ciascuno di loro la voglia di vivere fino all’ultimo istante, godendosi le bellezze che la vita può ancora offrire.

I personaggi sono ben delineati dal regista (forse troppo) e tutti hanno una loro caratteristica ben precisa che li contraddistingue: Evelyn (Judi Dench) è una vedova che scopre di avere i soldi per vivere solo in India; Graham (Tom Wilkinson) è raffinato giudice dell’Alta Corte che qualche scheletro nell’armadio e un segreto che prima o poi si troverà a dovere affrontare; Douglas e Jean (Bill Nighy e Penelope Wilton) sono una coppia che da tempo ha perso la capacità di ascoltarsi e che non fa altro che punzecchiarsi con battute al vetriolo; Norman (Ronald Pickup) e Madge (Celia Imrie) sono invece due ineguagliabili romantici, alla eterna ricerca dell’amore e Muriel (Maggie Smith) ha subito un intervento all’anca che la fa zoppicare ed è profondamente razzista.

Sarà il giovane e poco pratico Sonny Kapoor (Dev Patel), proprietario dell’hotel ereditato da suo padre, a dover affrontare questi sette personaggi in cerca di una nuova giovinezza. Kapoor dovrà, però, imparare a gestire l’hotel in maniera esemplare, come suo padre desidera, nonostante le sue capacità manageriali lascino piuttosto a desiderare.

Nonostante qualche sbavatura registica e una eccessiva lentezza nell’entrate nel concreto del racconto, soffermandosi troppo nella descrizione dei singoli personaggi, il film affronta tematiche importanti come quelle del lutto e della morte, e altre decisamente attuali come la solitudine e l’isolamento, che spesso molti anziani vivono, soprattutto nelle grandi città. Il cast stellare, poi, aiuta la carenza narrativa e dà prova di vera bravura degli attori.

Madden si domanda se si può ancora vivere una nuova esistenza o se è troppo tardi per cambiare. E probabilmente solo l’incognito di una nuova terra come l’India potrà dare una risposta alle aspettative di questo curioso gruppo.

Marigold Hotel (Gran Bretagna 2012)
Regia: John Madden
sceneggiatura: Ol Parker: Bill Nighy, Maggie Smith, Tom Wilkinson, Judi
Dench, Dev Patel, Penelope Wilton, Ronald Pickup
fotografia: Ben Davis
montaggio: Chris Gill
musiche: Thomas Newman
produzione: Blueprint Pictures, Fox Searchlight Pictures, Imagenation Abu
Dhabi FZ
distribuzione: 20th Century Fox

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Non è il solito film strappalacrime sull’infermità e sulla nascita di un’amicizia tra un disabile e il suo assistente. Quasi amici strappa invece parecchie risate e guarda alla diversità con un occhio nuovo, per nulla buonista, non rinunciando alle battute forti e "politicamente scorrette". Ispirato ad una storia vera, il film francese dei registi Olivier Nakache e Eric Toledano, racconta l’incontro tra due mondi lontani. Dopo un incidente di parapendio che lo ha reso paraplegico, il ricco aristocratico Philippe prende al suo servizio Driss, ragazzo che viene dalle banlieue parigine, che é stato in carcere per rapina e vive in condizioni di grandi precarietà. Vivaldi, allora, dovrà dare un po’ di spazio agli Earth, Wind and Fire.

Il parlare forbito dovrà fare i conti con lo slang e le parolacce e i completi eleganti dovranno mischiarsi con le felpe e le scarpe da tennis. Insomma un connubio che a prima vista sembra impossibile, ma che invece rappresenterà la vera felicità per Philippe. Driss sarà la sua spinta vitale, perché lo tratta come qualsiasi altro, non lo fa sentire diverso e questo lo aiuterà a guardare avanti e a rifarsi addirittura una vita. Con ironia, ma senza mettere da parte momenti di grande commozione, Quasi amici mette in primo piano il tema dell’integrazione e quello della diversità, facendo incontrare due mondi apparentemente lontanissimi ma, che, hanno molto da comunicarsi.

I toni della commedia non cedono al fiabesco, ma restano estremamente realistici, pur decidendo di mettere in primo piano il rapporto tra questi due uomini, più che quello che ruota loro attorno. Conosciamo il passato di entrambi, ma questo non va a sovrastare il rapporto presente tra i due e la nascita di questa ‘quasi’ amicizia che offrirà un nuovo punto di vista sul mondo ai due protagonisti. Il film è stato un vero campione di incassi in Francia, facendo incassare ben 123 milioni di euro.

Nonostante sia lontano da tutte le caratteristiche del film “da botteghino”, Quasi Amici sta andando molto bene anche in Italia. Dopo quattro settimane di programmazione ha battuto nell’ultimo weekend il debutto del nuovo film di Ferzan Ozpetek, Magnifica Presenza, e scalzato dal podio l’ultimo Verdone di Posti in piedi in paradiso.

Battere due registi molto amati in Italia è un successo ancora più grande per questo film francese che non usa il sesso, le storie d’amore o i grandi colpi di scena, ma preferisce raccontare una nuova “strana coppia” del cinema, che tra una corsa in tangenziale a 180 all’ora, una canna e un massaggio tantrico alle orecchie, mostra un’umanità profonda.

Quasi amici (Francia 2011)

regia: Olivier Nakache, Eric Toledano
sceneggiatura: Olivier Nakache, Eric Toledano
attori: François Cluzet, Omar Sy, Anne Le Ny, Audrey Fleurot, Clotilde Mollet, Alba Gaïa Kraghede Bellugi, Cyril Mendy, Christian Ameri, Grégoire Oestermann, Joséphine de Meaux
fotografia: Mathieu Vadepied
montaggio: Dorian Rigal-Ansous
musiche: Ludovico Einaudi
produzione: Quad Productions, Chaocorp, Gaumont
distribuzione: Medusa Film

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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