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di Michele Paris
Con le dimissioni a sorpresa giunte martedì del numero uno della FIFA, Joseph Blatter, il governo americano ha raggiunto uno dei principali obiettivi che avevano motivato la retata della scorsa settimana portata a termine dalle forze di polizia svizzere a Zurigo e i successivi arresti di vari esponenti di spicco dell’organo di governo del calcio mondiale.
Com’è ormai ben noto, il 79enne Blatter ha rimesso il proprio mandato dopo appena quattro giorni dall’ennesima rielezione alla guida della FIFA, conquistata con i voti di praticamente tutte le federazioni nazionali del pianeta, tranne quelle dell’Europa occidentale - ad eccezione di Francia e Spagna - e del Nordamerica.
A determinare la decisione sono state forse le voci emerse a inizio settimana, in particolare quelle riportate dal New York Times, secondo le quali lo stesso Blatter risulterebbe al centro di un’indagine federale per corruzione negli Stati Uniti. Inoltre, nella giornata di martedì era stata diffusa la notizia che il segretario generale della FIFA molto vicino a Blatter, Jerome Valcke, è sospettato dalle autorità giudiziarie americane di essere dietro a bonifici bancari per un totale di dieci milioni di dollari a beneficio dell’ex vice-presidente della federazione internazionale, Jack Warner, destinati a favorire l’aggiudicazione dei mondiali di calcio del 2010 al Sudafrica.
Sia queste ultime accuse di corruzione sia quelle precedenti dietro al raid di Zurigo durante il congresso della FIFA hanno probabilmente più di un fodamento, visti i sospetti a lungo nutriti circa le modalità di assegnazione degli eventi calcistici planetari e le somme enormi movimentate dalla loro organizzazione. Ciononostante, il tempismo dell’indagine e il fatto che essa sia scaturita dagli Stati Uniti escludono a priori l’ipotesi che le ragioni dell’operazione siano unicamente di natura giudiziaria.
Per cominciare, gli Stati Uniti si erano visti bocciare la propria candidatura a ospitare i mondiali del 2022, finiti a sorpresa al Qatar. La giustizia americana aveva allora avviato un’indagine per corruzione ai danni della FIFA proprio all’indomani della decisione presa nel dicembre del 2010 a favore della piccola monarchia del Golfo Persico.
Ancor più, l’iniziativa guidata dal neo-ministro della Giustizia USA, Loretta Lynch, ha un significato tutto politico, collegato agli interessi strategici della classe dirigente americana, impegnata in una campagna di pressioni e minacce diretta contro la Russia, paese ospitante dei mondiali del 2018.
Proprio attorno a quest’ultimo evento è lecito attendersi nel prossimo futuro un’operazione di propaganda, allo scopo di sottrarne l’organizzazione alla Russia o, visti i tempi limitati, per trasformarlo da occasione di vanto per il Cremlino a motivo di imbarazzo.
Lo stesso Blatter, va ricordato, qualche mese fa aveva incontrato il presidente russo Putin in seguito agli appelli giunti da più parti in Occidente per boicottare i mondiali di calcio del 2018 a causa della crisi in Ucraina. Il presidente uscente della FIFA aveva confermato senza indugi l’assegnazione della manifestazione alla Russia, invitando i politici scontenti di questa realtà a “rimanere a casa” nel 2018, quando si terranno “i mondiali più grandi mai visti”.
Il sostegno assicurato a Mosca in un clima crescente di caccia alle streghe nei confronti della Russia è dunque costato a Blatter il proprio posto dopo l’intervento diretto degli Stati Uniti. Che la campagna anti-Blatter e anti-russa stesse per arrivare a un punto di svolta era apparso peraltro evidente nei mesi scorsi, quando ad esempio tredici senatori americani avevano indirizzato una lettera al presidente della FIFA per invitarlo a togliere la coppa del mondo alla Russia.
Alcuni dirigenti di federazioni europee e la stessa associazione del vecchio continente (UEFA) avevano poi ipotizzato un boicottaggio dell’evento previsto per il 2018, con addirittura la possibilità di organizzare un torneo alternativo a cui prenderebbero parte le nazionali europee e, su invito, qualche selezione sudamericana.
Queste e altre iniziative hanno così determinato pressioni enormi su Blatter nei giorni scorsi, con il governo britannico e la federazione inglese, la quale aveva perso la sfida con la Russia per l’organizzazione dei mondiali del 2018, che hanno fatto registrare le dichiarazioni di maggiore rivilevo.
Decisamente insolito era stato ad esempio l’intervento pubblico sabato scorso prima della finale di FA Cup tra Arsenal e Aston Villa a Wembley del principe William - presidente della federazione calcistica inglese - per denunciare la corruzione dilagante ai vertici del “management dello sport internazionale” e per chiedere “riforme” improntate alla trasparenza.
L’erede al trono di Gran Bretagna si era anche rivolto agli sponsor della FIFA, invitandoli a fare “pressioni” per cambiare le modalità di gestione della federazione internazionale, ben consapevole dell’importanza delle “partnership” con le multinazionali nel veicolare denaro verso l’organo calcistico mondiale. Molte di queste compagnie, come Visa, Nike e Adidas, avevano subito minacciato di rivedere i propri contratti se non fossero state prese iniziative per ripristinare l’integrità dell’immagine della FIFA, cominciando con le dimissioni dell’ormai compromesso Blatter.
Significativamente, tutte le voci sollevatesi in questi giorni per chiedere il ristabilimento di una certa “moralità” nella gestione del calcio a livello mondiale non hanno nemmeno lontanamente messo in discussione la realtà odierna dello sport professionistico, dove risiede la causa principale della corruzione, cioè che qualsiasi evento di rilievo viene subordinato ai profitti delle grandi aziende che vi ruotano attorno e alle possibilità di guadagno dei vertici delle varie federazioni.
La caduta di Blatter, in ogni caso, secondo molti potrebbe consentire all’Occidente di esercitare un controllo maggiore su una macchina da soldi come la FIFA. I tempi per la scelta del suo successore saranno comunque relativamente lunghi, visto che un nuovo congresso che dovrebbe eleggere il prossimo presidente non potrà essere convocato prima del mese di dicembre.
Al momento non è chiaro quali saranno i candidati favoriti, ma è possibile che possa tornare a presentarsi il principe giordano Ali bin Hussein, fratello del sovrano hascemita Abdullah e recente sfidante di Blatter. Il 39enne Ali risponde d’altra parte all’identikit del perfetto burattino manovrabile da federazioni e corporations occidentali.
Il procedimento ai danni dei vertici FIFA avviato dall’FBI in collaborazione con le autorità svizzere rappresenta infine un’ulteriore conferma del carattere altamente selettivo della giustizia degli Stati Uniti, politicizzata come poche altre soprattutto quando i soggetti indagati non sono americani.
Per avere un’idea di ciò è sufficiente rileggere le parole utilizzate settimana scorsa dal ministro della Giustizia di Obama, Loretta Lynch, nel descrivere le attività illegali dei membri della FIFA arrestati o coinvolti nell’indagine. L’ex procuratore di New York aveva parlato di “corruzione radicata, sistematica e fuori controllo”, fornendo cioè una descrizione molto più pertinente delle attività condotte dalle grandi banche americane, le cui truffe e operazioni illegali di proporzioni ben maggiori sono di fatto puntualmente condonate dalla giustizia a stelle e strisce.
L’attacco alla FIFA e a Sepp Blatter da parte del Dipartimento di Giustizia USA risponde in definitiva alle esigenze strategiche di Washington nell’ambito del conflitto con Mosca. Sottrarre alla Russia i mondiali del 2018 o renderli in qualche modo un fallimento significherebbe infatti assestare un colpo letale al Cremlino su più fronti.
Innanzitutto il riassegnamento a un altro paese dell’evento priverebbe la Russia della possiblità di incassare parecchio denaro dopo che l’Occidente sta cercando di esercitare pressioni economiche attraverso l’applicazione di sanzioni punitive. Inoltre, la Russia perderebbe un’occasione irripetibile per proiettare un’immagine positiva di sé in tutto il mondo nonostante gli sforzi per isolare questo paese guidati da Washington.
Vladimir Putin, infine, patirebbe un’umiliazione personale gravissima dopo essersi esposto per ottenere l’aggiudicazione del torneo, vedendo probabilmente minacciato il suo stesso futuro politico nelle elezioni presidenziali previste proprio per il 2018.
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Lazio ai preliminari di Champions, Napoli addirittura quinto, scavalcato dalla Fiorentina. Ma al San Paolo è successo di tutto, molto più di quanto non dica il 4-2 finale in favore dei biancocelesti, cui bastava il pari per strappare il biglietto che dà accesso all'Europa delle grandi. Il primo tempo si chiude con la squadra di Pioli in vantaggio per 2-0: dopo un'occasione clamorosa mancata da Callejon per i partenopei, una botta deviata di Parolo e un contropiede di Candreva sembrano chiudere la partita già nel primo tempo. Ma ancora non era successo nulla.
La tattica salta completamente e nella ripresa contano solo talento e polmoni: in 20 minuti il Napoli la rimette in piedi con due perle di Higuaìn. Dopo pochi minuti proprio l'attaccante argentino, il protagonista più atteso, ha sul piede l'occasione più clamorosa. L'arbitro concede agli azzurri un rigore molto dubbio, ma il Pipita - pur essendo un campione - non è un rigorista. Il pallone finisce alto, e non di poco.
Manca ancora un quarto d'ora alla fine e il Napoli può ancora sperare di completare la rimonta, ma la luce si spegne all'improvviso. A decidere l'incontro in favore della Lazio sono i due protagonisti meno attesi, di solito seduti uno accanto all'altro in panchina. Ledesma conduce il contropiede e subisce il tackle di Maggio, che incredibilmente si trasforma in un passaggio filtrante perfetto al millimetro per Onazi, abile a infilarsi fra i centrali partenopei e a battere il portiere in uscita. Il quarto gol biancoceleste arriva nel recupero, quando ormai non conta più, e porta la firma di Klose.
Per la Lazio è un riscatto in extremis dopo le delusioni della finale di Coppa Italia persa contro la Juve e della sconfitta nel derby contro la Roma. Il Napoli invece non poteva dare un addio più amaro a Rafa Benitez, visto che nel frattempo la Fiorentina passeggia 3-0 sul Chievo (apre Ilicic, raddoppia Bernardeschi che segna il primo gol in viola, chiude Badelj) e si porta a 64 punti, scavalcando di una lunghezza proprio gli azzurri.
Quanto all'ultimo posto buono per l'Europa League, c'è ancora un giallo da risolvere. La classifica dice che spetterebbe al Genoa (arrivato sesto nonostante la sconfitta per 3-1 subita ieri per mano del Sassuolo, con un Zaza in serata di grazia), ma i rossoblù accederanno alla Coppa soltanto se sarà accolto il ricorso contro la revoca della licenza Uefa. In caso contrario, l'Europa spetterà ai cugini della Sampdoria, che chiude il campionato facendosi fermare sul 2-2 in casa dal Parma (gol di Romagnoli, Palladino, De Silvestri e Varela), ma conservando comunque il settimo posto.
Ad appena una lunghezza dai blucerchiati, in ottava posizione, chiude l'Inter, ieri vittoriosa a San Siro sull'Empoli al termine di un rocambolesco 4-3. La notizia più lieta per la squadra di Mancini è la doppietta di Icardi, che raggiunge Toni a 22 gol e chiude in vetta alla classifica marcatori. Tra i nerazzurri a segno anche Palacio e Brozovic. Per la squadra di Sarri doppietta di Mchedlidze e gol di Pucciarelli.
Quanto agli altri risultati, si sente ormai l'aria delle ferie estive, soprattutto nei risultati delle prime della classe: Verona-Juventus 2-2 e Roma-Palermo 1-2. Tardivo scatto di orgoglio da parte di Torino e Milan, che chiudono rispettivamente al nono e decimo posto battendo 5-0 il Cesena e 3-1 l'Atalanta. Fuochi d'artificio anche nel 4-3 con cui il già retrocesso Cagliari ha battuto l'Udinese.
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La Fiorentina è in Europa League. Questa l'unica nuova certezza scritta dall'ultima domenica di Campionato. L'ultimo posto buono per la Coppa, in teoria, lo avrebbe guadagnato matematicamente il Genoa, ma se al grifone venisse negata la licenza Uefa tornerebbero clamorosamente i cugini della Sampdoria, arrivati con le pile scariche allo sprint finale della stagione. Il Torino, invece, dice addio definitivamente al sogno di bissare il piazzamento europeo.
A proposito di stracittadine, il derby della Capitale potrebbe dare oggi almeno un verdetto definitivo sulla zona Champions: la Roma è seconda un punto sopra la Lazio, che a sua volta stacca di tre lunghezze il Napoli. Gli azzurri hanno già giocato la loro penultima partita, perdendo sabato 3-1 contro la Juventus, ma all'atto finale ospiteranno al San Paolo proprio la Lazio. Per questo la squadra di Benitez oggi non può che tifare Roma.
Finito il valzer degli incroci europei, veniamo al calcio giocato e iniziamo con l'unica squadra ad essere certa di aver centrato l'obiettivo. Parliamo della Fiorentina, che battendo 3-2 fuori casa il Palermo sale a 61 punti staccando di ben 6 lunghezze la Sampdoria, che invece non riesce ad andare oltre l'1-1 contro l'Empoli. Per i viola golazo dell'ex di Ilicic, zampata di rapina di Gilardino e gol vittoria di Alonso. I blucerchiati, invece, trovano il pari grazie al secondo gol in questo campionato di Eto'o, autore di una splendida girata dal limite dell'area.
In mezzo a Fiorentina e Samp, a 59 punti, c'è il Genoa, che sabato batte in casa l'Inter 3-2 al termine di una partita surreale, in cui il minimo comun denominatore è la pochezza delle difese. I nerazzurri vanno in vantaggio due volte, ma due volte si fanno recuperare, la seconda grazie all'ennesimo colpo di scena della premiata ditta Handanovic-Ranocchia, che offrono a Lestienne un pallone da spingere nella porta vuota. Nel finale decide un colpo di testa di Kucka. Da segnalare due gol annullati nel primo tempo a Icardi, di cui uno regolare, e i due pali colpiti dall'Inter a distanza di pochi secondi con Hernanes e Brozovic.
Icardi comunque un gol lo segna e pareggia il conto con Tevez a quota 20 gol in campionato. In classifica marcatori, però, c'è un senatore italiano che beffa entrambi: si tratta di Luca Toni, che con la doppietta messa a segno contro il Parma (2-2) sale a quota 21 centri in stagione e porta il Verona a 45 punti.
Quanto al posticipo, lo scontro di mezza classifica fra Milan e Torino vede trionfare i rossoneri, vittoriosi per 3-0 grazie alla doppietta del redivivo El Shaarawy, al rientro da titolare dopo 4 mesi, e al centesimo gol in serie A di Pazzini, che segna su rigore. La squadra d'Inzaghi rimane comunque due punti sotto i granata, 49 a 51.
Nelle altre (e ormai inutili) partite di giornata, il Sassuolo (46 punti) batte fuori casa l'Udinese (41 pt) grazie a un gol di Magnanelli e il Cagliari sconfigge il Cesena all'ultimo secondo grazie a una rete di Sau. Entrambe le squadre, rispettivamente a 31 e 24 punti, erano già certe della retrocessione. Finisce invece 1-1 fra Chievo e Atalanta (43 e 27 punti), con Pellissier che risponde a Gomez.
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La Roma risponde alla Lazio e, in attesa del derby della settimana prossima, si riporta davanti ai cugini di un punto, riprendendosi la seconda posizione buona per l'accesso diretto alla Champions League. I giallorossi superano l'Udinese all'Olimpico in rimonta: alla rete iniziale di Perica rispondono Nainggolan alla fine del primo tempo e Torosidis nella ripresa.
"Non solo penso che il risultato finale dovesse essere 5-2 più che 2-1 - ha commentato Rudi Garcia -, abbiamo trovato un portiere di grande qualità oltre i pali. Abbiamo preso i rischi che dovevamo prendere in una squadra del genere con un pressing alto e un attacco manovrato. Abbiamo regalato un gol come spesso abbiamo fatto in questa stagione, nel futuro prossimo sarebbe interessante non regalare più gol. La Lazio? Non giocheremo per il pareggio, un derby si vince".
La squadra di Garcia si porta così a 67 punti, ri-scavalcando di una lunghezza i biancocelesti che nell'anticipo serale di sabato avevano superato 1-0 fuori casa la Sampdoria grazia a un clamoroso gol su ginocchio da calcio d'angolo di Gentiletti, che proprio a Marassi (contro il Genoa, nel girone di andata) si era rotto il crociato a inizio stagione. Molti i rimpianti dei blucerchiati, che devono cercare di digerire gli incredibili errori sottoporta di Soriano, Obiang ed Eto'o.
Le due partite di questa sera completano il quadro europeo: Fiorentina Parma (alle 19) e Napoli-Cesena (alle 21).
Intanto, aspettando la finale di Coppa Italia contro la Lazio e soprattutto quella di Champions contro il Barcellona, la Juve - già campione d'Italia - vince anche il derby d'Italia contro l'Inter (52 punti), e lo fa in rimonta. Alla botta vincente dalla distanza di Brozovic risponde Marchisio su rigore (decretato per un fallo plateale di Vidic su Matri) e l'incapacità di Handanovic-saponetta, che si fa scavalcare da un tiro di Morata in un modo che neanche l'attaccante spagnolo sembra ritenere possibile. Le prodezze di Storari nel finale fanno le differenza.
A metà classifica, fa rumore l'ennesima sconfitta del Milan, travolto 3-2 dal Sassuolo al Mapei Stadium. Come l'anno scorso, ancora una volta il mattatore della serata è Berardi, autore di una doppietta (contro il poker dell'anno scorso). Inutili le reti di Bonaventua e Alez, che fanno solo illudere i tifosi rossoneri sulla possibilità di una rimonta. Finisce 3-1 per i padroni di casa: Milan a 46 punti, Sassuolo a 43.
Cinque lunghezze sopra il Milan si rivede il Torino, che dopo due sconfitte consecutive si rianima e torna alla vittoria in casa con una doppietta di Maxi Lopez ai danni del Chievo Verona (42 punti). Bene anche il Palermo (46 punti), che batte di misura il Cagliari (28 punti) fuori casa con una rete di Vasquez. Ancora meglio il Genoa (56 punti), che travolge 4-1 l'Atalanta (36 punti) rimontando il rigore iniziale di Pinilla con le reti di Pavoletti, Bertolacci e la doppietta di Iago Falque.
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Dopo la débacle romanista a San Siro contro il Milan, è toccato alla Lazio cadere all’Olimpico sotto i colpi dell’Inter. Come con Biava contro l’Atalanta, ancora una volta è fatale ai biancocelesti il gol dell’ex. Anzi, in questo caso la doppietta. Hernanes sceglie proprio la sua ex squadra per rilanciarsi alla grande nelle gerarchie di Mancini, e con una punizione e una rete a 6 minuti dal termine (assist splendido di Palacio) ribalta il gol iniziale di Candreva. La squadra di Pioli chiude in 9 per le espulsioni di Mauricio (sullo 0-0) e Marchetti (sull'1-1). Inutile il rigore parato da Berisha a Icardi: la Lazio resta terzo a -1 dai cugini.
Nel più atteso degli anticipi di sabato la Roma viene sconfitta 2-0 a San Siro dal Milan e rimane a 64 punti. Ancora più sorprendente del risultato è la differenza di determinazione: i rossoneri (ora decimi a quota 46) non hanno più nulla da chiedere a questo Campionato sciagurato, ma per una sera "tornano quelli di dicembre" - per dirla con Inzaghi - e mettono sotto gli avversari dall'inizio alla fine; i giallorossi, al contrario, sembrano aver dimenticato che si stanno giocando la qualificazione Champions, tale è l'abulia in campo.
E nel tabellino dei marcatori c'è la beffa suprema per gli 11 di Garcia: dopo il primo gol in Serie A di Van Ginkel, il raddoppio porta la firma di Destro, che esulta dopo aver lasciato Roma a gennaio fra le polemiche. Inutile il rigore di Totti, brutto ma vincente. Il rendimento e il peso ingombrante del Capitano, che quest'anno ha fatto solo 3 gol su azione, sembrano il problema numero uno dei giallorossi, a cui probabilmente nel girone di ritorno una punta come Destro avrebbe fatto comodo.
La sconfitta della Roma dà una grande occasione al Napoli, che però domenica la spreca, non riuscendo a superare il Parma al Tardini e salendo a soli 60 punti. Apre le marcature Palladino, che sfrutta un errore in uscita di Andujar e un rimpallo fortunato. Gli azzurri pareggiano con un sinistro di Gabbiadini, ma dopo 5 minuti Andujar commette un altro errore sulla punizione di Jorquera. Entrano dalla panchina Callejon (che prende un palo) e Higuain, tenuti fuori inizialmente in vista del ritorno col Dnipro nella semifinale di Europa League, ma il pareggio è siglato da Mertens. Nel finale, Mirante para anche l'imparabile e dopo il triplice fischio è al centro di un parapiglia poco onorevole per gli azzurri.
Di tutt'altro segno le prestazioni di Sampdoria e Fiorentina (rispettivamente a 54 e 55 punti), in corsa per l'ultimo posto in Europa. I blucerchiati travolgono 4-1 l'Udinese con la doppietta di Soriano e le reti di Aquah e Duncan (inutile il rigore trasformato da Di Natale). I viola rispondono vincendo fuori casa il derby toscano contro l'Empoli. Gli uomini di Montella s'impongono 3-2 grazie a una grande prestazione dello sloveno Ilicic, autore di una doppietta e di un assist per Salah. La squadra di Sarri dimostra però grande orgoglio, trovando un momentaneo pareggio con Saponara, accorciando le distanze nel finale con Michedlidze e sfiorando il pari definitivo in pieno recupero con una punizione di Valdifiori, parata miracolosamente da Neto.
Un altro derby spettacolare è quello andato in scena a Verona fra Chievo e Hellas (42 e 41 punti). Succede tutto nel primo tempo: i padroni di casa vanno in vantaggio con Paloschi, vengono raggiunti e superati dai cugini con una zuccata di Juanito Gomez e la solita zampata di Toni, poi trovano il nuovo e definitivo pareggio con un rigore di Pellissier. Nella ripresa il Chievo ha almeno altre due occasioni per ribaltare nuovamente la partita, ma il risultato non cambia più.
In chiave salvezza, l'1-1 del Cagliari allo Juventus Stadium (rete di Pogba al rientro, pareggio di Rossettini, clamoroso errore di Sau nel finale) e la contemporanea vittoria dell'Atalanta sul Palermo hanno il sapore di una sentenza definitiva per i sardi, ora a -5 dalla zona salvezza con sole due partite ancora da giocare. La squadra di Reja vince in trasferta con un 3-2 in cui si vede di tutto: dall'autogol del rosanero Andelkovic al rigore sbagliato da Belotti dopo una follia di Avramov, che dribbla Vasquez e poi si addormenta, dando il tempo all'avversario di rialzarsi, tornare indietro e soffiargli il pallone. Il portiere serbo completa quindi il capolavoro con un fallo da espulsione.
Dice addio a ogni velleità di salvezza anche il Cesena, condannato dal 3-2 subìto in rimonta per mano del Sassuolo, che invece è ormai certo di rimanere in A. Meraviglioso ma inutile il momentaneo 2-0 dei padroni di Casa: a una velocità incredibilmente inferiore, ma la dinamica dell'azione ricorda quella del secondo gol di Messi contro il Bayern. Stavolta però la palle era tra i piedi di Ciccio Brienza.