Cambiare tutto per non cambiare niente. Il Gattopardo, al Nazareno, ha le sembianze di un democristiano felpato, sornione e un po’ sonnolento. È Enrico Letta, eletto domenica segretario del Pd. Il risultato in assemblea è bulgaro (860 sì, 2 no e 4 astenuti), ma solo perché l’ex Premier, di fatto, non aveva avversari: era l’unico nome spendibile per non lasciare la nave alla deriva e allo stesso tempo disinnescare la guerra civile. Almeno per ora.

Nell’indifferenza della politica che conta, un’europarlamentare francese di 31 anni inchioda la Commissione europea alle sue responsabilità sulla gestione dei vaccini. Si chiama Manon Aubry e in patria milita nel partito La France Insoumise, mentre a Bruxelles è copresidente del gruppo parlamentare della Sinistra Unitaria Europea. Qualche giorno fa, durante la seduta plenaria del Parlamento Europeo, ha impiegato quattro minuti a demolire Ursula von der Leyen.

Si può davvero considerare di sinistra, o anche solo di centrosinistra, un partito in cui le porte girevoli fra politica e finanza sono sempre aperte? Dopo Pier Carlo Padoan, un altro parlamentare ed ex ministro del Pd abbandona gli uffici pubblici per traslocare in un gruppo privato. Si tratta di Marco Minniti, che lascia la Camera dei Deputati per diventare presidente di Med-or, fondazione creata giovedì scorso da Leonardo per essere un “mediatore economico, industriale e culturale” fra l’Italia e i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente.

Come nella favola “Al lupo! Al Lupo!”, dopo anni di strilli, forse il lupo è arrivato davvero. I litigi fra i grillini e le espulsioni dal Movimento 5 Stelle sono ormai un rituale della politica italiana, ma le ultime schermaglie rischiano di avere conseguenze senza precedenti. Quella iniziata la settimana scorsa è infatti la ribellione più ampia di sempre fra i pentastellati e l’infornata di epurazioni che ne è scaturita rischia di alterare l’equilibrio politico delle Camere.

La ragione è aritmetica. Fin qui, 19 deputati e 21 senatori sono stati espulsi dai gruppi M5S per non aver votato la fiducia al governo Draghi, violando il precetto di rispettare la volontà degli iscritti (o meglio, di Rousseau).

Il governo Draghi contiene tutti i partiti (a parte Fratelli d’Italia), ma al contempo li esclude dalla stesura del Recovery Plan. La partita più importante è affidata a una sorta di Consiglio d’amministrazione interno all’Esecutivo e composto dai tre ministri tecnici più importanti: Daniele Franco all’Economia, Vittorio Colao all’Innovazione tecnologica e Roberto Cingolani alla Transizione ecologica.

Il primo sarà il guardiano della finanza pubblica, mentre il secondo e il terzo smisteranno la maggior parte dei 209 miliardi in arrivo da Bruxelles: le regole del programma Next Generation Eu prevedono infatti che il 37% delle risorse sia impiegato in progetti green e il 20% per il digitale. Nell’ambito di questo Cda, la poltrona di amministratore delegato spetta naturalmente a Mario Draghi, che - per blindare in modo definitivo la missione - ha anche tenuto per sé la delega ai rapporti con l’Unione europea.


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