di Domenico Melidoro

Che governare un Paese complesso e politicamente diviso come l'Italia fosse tutt'altro che un'impresa agevole era una cosa di cui Prodi non dubitava e, le vicende degli ultimi giorni, rafforzano le sue certezza in proposito. Non è stato facile far comprendere ai propri avversari (Berlusconi escluso, che ancora non si rassegna alla sconfitta) che avevano perso il confronto elettorale. Adesso è arrivato il momento della composizione dell'esecutivo e della scelta dei Presidenti delle due camere, ed è stata sufficiente la contesa tra D'Alema e Bertinotti per la presidenza della Camera dei deputati per far vivere momenti di tensione all'interno della maggioranza di Centro-Sinistra che si appresta a governare il Paese. La situazione si è apparentemente tranquillizzata quando il Presidente dei DS ha ritirato la sua candidatura creando di fatto le condizioni perché il leader di Rifondazione comunista possa assumere in breve tempo quel ruolo istituzionale che nei decenni scorsi fu ricoperto, tra gli altri, da figure storiche della Sinistra Italiana come Pietro Ingrao e Nilde Iotti. La rinuncia di D'Alema ha evitato che l'Unione si trascinasse in un vortice di polemiche che l'avrebbe ulteriormente indebolita e lacerata, ma soprattutto ha sottratto Prodi (al giudizio del quale Piero Fassino si era appellato per porre fine alla contesa) all'imbarazzante compito di esprimere la sua preferenza per uno dei due contendenti.

di Ilvio Pannullo

Finalmente ritorna la politica. Ad una settimana dal voto, dopo aver ascoltato, soppesato e valutato le dichiarazioni della Cdl, tutte dirette a delegittimare l'Unione di Prodi, iniziano, nei partiti, le prime frizioni del periodo post-elettorale. Chiuse le urne e data finalmente ufficialità alla vittoria del Professore, quello che ci attende è un periodo di grande incertezza. Nonostante la Suprema Corte di Cassazione abbia finalmente messo la parola fine a dieci giorni di polemiche, chiarendo che Prodi ha vinto le elezioni e Berlusconi le ha perse, la situazione di stallo si è tutt'altro che risolta. L'unica certezza riguarda l'Unione che, nonostante il risultato etichettabile come modesto, è a tutti gli effetti lo schieramento vincente, l'unico possibile per la formazione del nuovo governo.
La chiara vittoria ottenuta alla Camera dei Deputati dal centro-sinistra è, però, fortemente ridimensionata dall'altrettanto chiara ingovernabilità al Senato. Ingovernabilità che rischia di trasformarsi in crisi, se l'Unione non dovesse da subito mostrarsi compatta e leale nell'attuare il programma elettorale.

di Sara Nicoli

Forse tra una decina d'anni qualcuno racconterà che nella lunga notte elettorale del 10 aprile, al ministero dell'Interno, non appena sono cominciati ad affluire i risultati che davano per vincente l'Unione, qualcuno ha tentato goffamente di inquinare il responso delle urne. Non è stato solo l'assurdo e sguaiato grido di Berlusconi nella notte, quell'urlo ai brogli che ha fatto sobbalzare prima il Quirinale e poi l'Italia intera: forse era il segnale di un tentativo di delegittimazione del voto attraverso il mancato riconoscimento dei conti, tramite insinuazioni e manovre perché alla fine, non tornassero e si dovesse ritornare alla urne in grande fretta. I dettagli di questa torbida storia, forse, non li conosceremo mai, ma una cosa ora la possiamo dire con certezza: il ministro Pisanu ha avallato Silvio Berlusconi nella ormai infinita strategia del broglio e della tensione. Nel tentativo, penoso, di ritardare il più possibile l'insediamento di Prodi e la conseguente sua uscita di scena, il Cavaliere si è avvalso della lentezza della macchina elettorale del Viminale per intorbidire le acque rendendo dubbio l'esito reale del voto e delegittimando così la vittoria dell'avversario.

di Domenico Melidoro

Qualsiasi considerazione sull'esito delle elezioni politiche del 9 e 10 aprile deve partire dalla riflessione sull'esiguo margine di vantaggio di cui Romano Prodi dispone nei confronti dell'avversario Berlusconi in una delle due Camere. L'Unione ha conquistato il 49,8 % dei consensi alla Camera contro il 49,7 % della Casa delle libertà. Tuttavia, a causa della sciagurata legge elettorale, fortemente voluta dalla destra di Berlusconi per cercare di limitare i danni di una battaglia in cui pochi avrebbero scommesso sulla riconferma a Palazzo Chigi del Cavaliere, l'Unione dispone di 347 deputati che, paragonati ai 283 del Centro-destra, rappresentano una accettabile garanzia di stabilità e governabilità. Il discorso si fa più complicato se si passa a considerare i risultati del Senato, dove la coalizione guidata da Prodi ha ottenuto il 49,2% dei suffragi e 158 seggi, a fronte dei 156 eletti della CDL che però ha ottenuto il 49,9% dei consensi. Eppure, sembrerà banale dirlo, in democrazia rappresentativa è legittimato a governare chi ottiene almeno un seggio in più dell'avversario e Prodi, avendo ottenuto una (pur esigua) maggioranza in tutte e due i rami del Parlamento, ha le carte in regola per dare vita a un esecutivo che faccia uscire il Paese dal buio del quinquennio berlusconiano.

di Marco Dugini

Ormai è andata. Il responso delle urne ha sancito la vittoria del centro-sinistra, anche se si è trattato di una vittoria in bilico fino all'ultimo, e tutt'altro che netta.
E' emersa, in altre parole, un'Italia spaccata in due, e sarà dunque difficilissimo governare in queste condizioni.
La partecipazione al voto ha toccato quote numeriche da Apocalisse e da resa dei conti finale, sintomo del grande stato d'ansia suscitato dai toni virulenti emersi nell'ultima parte della campagna elettorale, e anche di una forte capacità di mobilitazione del proprio elettorato da parte di tutte e due le coalizioni, almeno in questo frangente.
Nelle sedi di tutti i partiti, in queste convulse giornate, si stanno meticolosamente analizzando i consensi ottenuti, quei consensi che decideranno i rapporti di forza nella prossima legislatura, sempre se quest'ultima resisterà alla prova di governo e non si andrà a nuove elezioni.
Qualche mese fa si era parlato di incubo da grande coalizione alla tedesca, in caso di empasse al Senato della Repubblica, ed infatti Berlusconi ha immediatamente giocato d'anticipo sui propri alleati, tirando fuori la propria maschera più conciliante, per essere più credibile nell'atto di proporre al centro-sinistra un governo di unità nazionale, un'esplicita "Grande Coalizione per il bene del Paese". Per non parlare dell'orrido scenario da Governo balneare.
Per ora Prodi ha declinato l'offerta, ma non è improbabile che in futuro su alcuni temi scottanti si cerchino convergenze sotterranee, "inciuci" e quant'altro. C'è sempre qualche vecchia talpa, buona per scavare in profondità.


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