di Domenico Melidoro

Silvio Berlusconi, ancora non rassegnato a svolgere serenamente il ruolo di leader del maggior partito dell'opposizione, nelle scorse settimane aveva cercato di attribuire significato politico alle elezioni amministrative del 28 e 29 maggio. Il Cavaliere si è addirittura candidato come capolista di Forza Italia al comune di Napoli a sostegno della candidatura a Sindaco di Franco Malvano per la CDL. Berlusconi sperava di inaugurare la riscossa elettorale del Centrodestra proprio a partire da Napoli. Nel capoluogo campano però ha vinto Rosa Russo Iervolino, il sindaco uscente dell'Unione, che ha trionfato con quasi 20 punti di vantaggio percentuale sull'avversario (57% contro un deludente 37,8%). Altre pesanti vittorie dei Sindaci dell'Unione si sono registrate a Roma, dove Veltroni ha ottenuto il 61,4% dei consensi contro il 37,1% raggiunto dall'ex-Ministro di AN Gianni Alemanno e a Torino, dove il diessino Sergio Chiamparino è stato rieletto con il 66,6% contro il 29,5% dei voti raccolti da un altro ex-Ministro del Governo della CDL, vale a dire il centrista Rocco Buttiglione. Se passiamo a considerare i successi del Centrodestra non possiamo non rilevare l'elezione di Letizia Moratti a Milano con il 52% e la riconferma di Cuffaro alla presidenza della Regione Sicilia con il 53,09% (Rita Borsellino, candidata dell'Unione, si è invece fermata al 41,64%).

di Marco Dugini

I risultati delle amministrative narrano di tre vittorie schiaccianti per l'Unione (Roma, Torino, Napoli), mentre la Casa delle Libertà riconferma Cuffaro alla Regione Sicilia e vince con più affanno del previsto a Milano con l'ex-ministro Moratti, dopo un iniziale testa a testa.
Tutto meno che la rivincita promessa dalla Cdl.
Anzi, sottolinea beffardo D'Alema: "Se il tema per Berlusconi era una rivincita, allora c'è stata una riperdita", concludendo, "ma non era la rivincita il tema, perché si tratta di elezioni amministrative ed ora possiamo governare con tranquillità".
Forse, proprio in queste parole di D'Alema, sta la cifra politica della giornata elettorale appena consumata.
In effetti le amministrative di ieri rappresentano una prima iniezione di ossigeno nei polmoni del neonato governo unionista e una chiara battuta d'arresto per le mire revansciste di Berlusconi e dell'opposizione da lui capeggiata, che su quest'ultima chiamata alle urne si era a dir poco sbilanciato, intendendo affidarle un chiaro e rilevante significato politico.
"Spallata" contro il nuovo governo, in vista del "ribaltone", la lettura politica del cavaliere essendo quella di un governo di centro-sinistra ai limiti della legittimità, di cui il popolo italiano sarebbe già stufo dopo così pochi giorni e quindi desideroso di riportare in tempi brevi il centro-destra nelle stanze dei bottoni.

di Giovanna Pavani

Ecco, è sempre lui la vittima, l'incompreso, l'agnello sacrificale che si è speso per il Paese ingrossando tuttavia solo le sue tasche e lasciando in mutande i cittadini. Eppure non lo capisce, Silvio Berlusconi, per quale motivo c'è tanto astio nei suoi confronti. "A San Gregorio Armeno c'era uno che mi si voleva scagliare contro - ha raccontato ieri a Napoli - perché appena si accorgono che ci sono io, i tratti del volto di chi mi contesta si induriscono in un atteggiamento di rancore e di odio da fare paura''. "Penso - ha proseguito - e sempre più mi convinco che l'Italia è divisa in due, coloro che sono capaci di sentimenti positivi, apprezzamento, affetto e amore verso gli altri, e dall'altra parte un'Italia che sa soltanto criticare, condannare, o anche odiare". Già, i soliti trinariciuti della sinistra i veri colpevoli. Perché, di certo, non ha cominciato lui a dare dei "coglioni" agli avversari, a dare di "necrofori" e "venduti" ai senatori a vita solo perché votavano la fiducia a Prodi oppure a scagliarsi contro Oscar Luigi Scalfaro al grido di "ignorante" solo per aver tentato di dirimere la rissa del Senato durante l'elezione di Marini: nella "casa delle volgarità" la demonizzazione dell'avversario è talmente connaturata nel modo di far politica da far rientrare nella normalità anche l'insulto più feroce nei confronti di chi non la pensa come te.

di Domenico Melidoro

Dopo il concitato periodo che ha preceduto la formazione dell'esecutivo, Prodi e la sua squadra di governo si sono finalmente insediati. Ora è giunto il momento di governare e di imprimere una svolta autenticamente riformatrice a un Paese che nei cinque anni precedenti ha vissuto un costante declino sia dal punto di vista economico che sociale. Certo, non sarà facile accantonare le tante polemiche delle scorse settimane. Lo scarso numero di donne che hanno ricevuto incarichi è di sicuro deludente rispetto alla promessa di costituire un governo formato almeno dal 33% di donne. Non è stato esaltante neppure lo spettacolo offerto da quei leaders e leaderini della maggioranza che si contendevano posti di governo badando più all'interesse della propria parrocchia che alle competenze richieste e alle priorità programmatiche. Inoltre, non sembra che i rapporti con la Casa delle libertà possano rasserenarsi nel breve periodo. Berlusconi e i suoi alleati hanno duramente contestato (parlando addirittura di "immoralità") il voto di fiducia a favore del governo Prodi da parte dei Senatori a vita, e non sembra possano esserci le condizioni per un proficuo dialogo a proposito delle presidenze delle commissioni parlamentari.

di Domenico Melidoro

Il Senatore a vita Giorgio Napolitano è stato eletto Presidente della Repubblica al quarto scrutinio, ottenendo 543 preferenze. La sua elezione giunge dopo diversi giorni di duro confronto in cui l'Unione (tranne rarissime eccezioni) si è compattata prima attorno al nome di Massimo D'Alema e, dopo che sul Presidente dei DS erano piovute critiche che mettevano in dubbio la sua idoneità a ricoprire un ruolo di garanzia, su quello di Napolitano. Tuttavia bisogna rilevare che nemmeno Napolitano, nonostante i tanti giudizi positivi sulla sua persona espressi da esponenti della minoranza, è riuscito a ottenere i consensi della Casa delle libertà. L'atteggiamento di chiusura e di rifiuto del dialogo manifestato dal Centrodestra e in particolare da Berlusconi, che aveva proposto una rosa di nomi a partire dai quali pretendeva di impostare il dialogo con la maggioranza, non ha permesso di praticare quello che nel gergo giornalistico delle ultime settimane era stato definito "metodo Ciampi".


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