di Domenico Melidoro

Che la vita dei Ministri del Governo Prodi non sarebbe stata priva di ostacoli era un pronostico fin troppo facile. I primi a essere investiti dalle polemiche sono stati quei ministri che, più o meno avventatamente, si sono espressi a favore di provvedimenti che tutelino le coppie di fatto (la diellina Rosy Bindi, ministro della famiglia) oppure che hanno promesso di avviare la sperimentazione controllata della pillola abortiva RU 486 (la diessina Livia Turco, ministro della Sanità). Ora è il turno di Fabio Mussi, esponente della Sinistra DS e ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica, che ha ritirato l'adesione del nostro Paese alla pregiudiziale etica con la quale il precedente governo (nel Novembre del 2005) aveva espresso in sede comunitaria parere contrario alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Figuriamoci cosa sarebbe successo se da noi qualcuno avesse proposto un provvedimento simile a quello con cui il Parlamento della Danimarca ha dato il via libera all'inseminazione gratuita nelle strutture sanitarie pubbliche per donne single o per coppie di lesbiche. Mussi è stato subito sostenuto dai partiti della Sinistra e soprattutto dalla Rosa nel Pugno, in primo luogo da Emma Bonino, ministro delle Politiche Comunitarie. Di segno opposto la reazione di molti esponenti della Margherita, soprattutto della senatrice Paola Binetti (ex Presidente del "Movimento Scienza e vita"), che non ha apprezzato l'atto di Mussi e ha sollecitato Prodi a trovare una posizione condivisa da tutte le anime dell'Esecutivo. Rutelli, dal canto suo, ha auspicato il raggiungimento di una posizione collegiale, ma non ha apertamente preso posizione contro la decisione di Mussi. L'atteggiamento da parte della CDL, tranne qualche raro liberale di Forza Italia, è stato di pressoché unanime condanna. L'ex ministro Rocco Buttiglione, reduce dalla pesante sconfitta alle comunali di Torino, ha addirittura minacciato una mozione di sfiducia individuale al ministro Mussi da parte dell'UDC.

Tutto il polverone sollevato non ha consentito di osservare che il Consiglio d'Europa sta avviando un enorme piano di ricerca che distribuirà ben 53 miliardi di euro ai Paesi che vi aderiscono. Tra essi, dopo il ritiro della pregiudiziale etica, compare anche l'Italia che, tramite il ministro Mussi ha assicurato piena disponibilità all'avvio di un programma di ricerca sulle cellule staminali in conformità con le leggi vigenti in ogni Stato. In una lettera a Repubblica del 2 giugno Fabio Mussi ha scritto che per il Paese e per il futuro della ricerca si tratta di "una grande, grandissima opportunità, rispetto alla quale bisogna da subito organizzare e mobilitare tutte le nostre energie economiche, intellettuali, scientifiche". Al contrario, la posizione del precedente governo italiano (insieme a Germania, Slovacchia, Polonia, Austria, Malta e Lussemburgo) mirava a "impedire su scala continentale qualsiasi ricerca sulle cellule staminali embrionali" e, in ogni caso, a isolare l'Italia dai progetti di ricerca internazionali. Il neo ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica ha dichiarato di rispettare "le posizioni della Chiesa, ma lo spazio di laicità degli Stati deve tenere presente numerosi punti di vista e scommettere al tempo stesso sul principio di libertà della ricerca e di responsabilità della scienza". Mussi, nel tentativo di placare le critiche piovutegli addosso, ha anche escluso che il suo provvedimento determini dei cambiamenti nella legge sulla fecondazione assistita (la famosa legge 40 che si voleva modificare con il referendum del giugno 2005).

Eppure, non è possibile non rendersi conto che la ricerca sulle staminali embrionali potrà contribuire ad evidenziare il carattere estremamente liberticida di una legge che restringe in modo illiberale le libertà delle donne, pone seri ostacoli alla libertà della scienza e, dunque, va al più presto modificata in modo sostanziale.

In un'intervista rilasciata a Liberazione, il filosofo Demetrio Neri si è detto convinto che la decisione di Mussi sia "conforme al nuovo quadro politico" determinatosi dopo il cambio di maggioranza parlamentare e ha invitato tutti a essere più sereni nell'analizzare la vicenda. Infatti "Mussi non ha autorizzato la ricerca sulle staminali embrionali. Ha semplicemente ritirato la propria adesione a un documento basato oltretutto in Europa su posizioni molto minoritarie" (Liberazione, 1° giugno). In ogni caso, gli embrioni eventualmente destinati alla ricerca sono embrioni di cui si esclude l'impianto nell'utero femminile a fini riproduttivi. Si tratta dei cosiddetti embrioni soprannumerari: e allora perché escludere che possano essere utili per progetti di ricerca dai quali è probabile che risultino conoscenze utili a curare malattie terribili che causano sofferenze evitabili? L'auspicio di Neri è che si guardi ai risultati della sperimentazione, piuttosto che perdersi in sterili polemiche sulla legittimità della ricerca scientifica che, nonostante l'opposizione del Vaticano e dei politici che si sforzano di dimostrare la propria fedeltà agli insegnamenti delle gerarchie ecclesiastiche, "segue un suo percorso. E la si può solo ritardare ma va avanti comunque".

È possibile che la libertà di ricerca continui a sollevare obiezioni in diversi settori della società e in alcune forze politiche. Tuttavia la democrazia ha dei valori da difendere e rispettare, valori che non sempre coincidono con quelli delle istituzioni religiose e delle comunità tradizionali. Tra questi rientra di certo la libertà della ricerca scientifica che un Paese democratico non può non riconoscere. Anche se questo dovesse comportare conseguenze inaccettabili per la Chiesa Cattolica e provvedimenti difficilmente conciliabili con quei valori che il Pontefice ritiene "non negoziabili".

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