di Sara Nicoli

Massimo D'Alema ha detto una cosa scandalosamente di sinistra: il vero nemico sono i privilegiati, la classe agiata del Paese, quella che da sempre pensa al bene proprio e mai a quello comune. I padroni, insomma. E siccome non è un tipo abile nella moral suasion, che invece piace tanto a Prodi e agli ex democristiani, da uomo di solide radici comuniste ha pensato bene di andare a casa degli stessi padroni, di quelli giovani, che ben rappresentano il futuro della classe dirigente del paese, e di sbattergli in faccia la cruda realtà: il problema siete voi. E se volete che l'Italia esca dalla crisi economica è meglio che cominciate a far girare le combinazioni dei vostri forzieri: chi ha più soldi, stavolta, metta mano al portafoglio. Nel mirino ci sono le rendite, non i 250 mila euro erroneamente dichiarati da Bertinotti come cifra di riferimento in campagna elettorale. Sono i ricchi veri l'obiettivo, quelli come Berlusconi ma anche un po' meno ricchi di lui, quelli che lo stesso ex premier si sentì legittimato ad assolvere con formula piena, in caso di reiterata evasione fiscale, perché "se le tasse sono ingiuste è giusto non pagarle". Il compagno D'Alema pare deciso a fare il contrario.

di Cinzia Frassi

I tratti salienti della riforma Costituzionale voluta dal centro destra riguardano principalmente la famosa devolution, la trasformazione del Senato in Senato Federale, il Primo ministro e la demolizione della forma di governo parlamentare.
Per quanto riguarda questo ultimo aspetto, nel disegno di questa riforma, il Primo ministro viene ad assumere un ruolo centrale, assolutamente predominante nella vita istituzionale, oscurando i poteri tipici degli altri organi costituzionali, sbilanciando pericolosamente quel meccanismo di pesi e contrappesi che sta alla base di un funzionamento democratico delle istituzioni e che le rende impermeabili anche ad attacchi dall'interno, storicamente pericolosi. Consideriamo in primo luogo che il Primo ministro verrebbe eletto direttamente dai cittadini ed è collegato ad una lista di candidati o ad una coalizione. L'art. 92 della Costituzione, nella sua nuova stesura, comporta che "la legge disciplina l'elezione dei deputati in modo da favorire la formazione di una maggioranza collegata al candidato alla carica di Primo ministro". In sostanza si tratta di un premio di maggioranza che va a rafforzare quel cordone ombelicale che lega il primo ministro e la maggioranza a lui collegata alla Camera. Un legame ulteriormente consolidato dalle previsioni del nuovo art. 94, che, insieme ad altre disposizioni, costruisce la sostanziale "inamovibilità" del Premier e spoglia il Parlamento del suo ruolo centrale, politico e di controllo.

di Domenico Melidoro

Che la vita dei Ministri del Governo Prodi non sarebbe stata priva di ostacoli era un pronostico fin troppo facile. I primi a essere investiti dalle polemiche sono stati quei ministri che, più o meno avventatamente, si sono espressi a favore di provvedimenti che tutelino le coppie di fatto (la diellina Rosy Bindi, ministro della famiglia) oppure che hanno promesso di avviare la sperimentazione controllata della pillola abortiva RU 486 (la diessina Livia Turco, ministro della Sanità). Ora è il turno di Fabio Mussi, esponente della Sinistra DS e ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica, che ha ritirato l'adesione del nostro Paese alla pregiudiziale etica con la quale il precedente governo (nel Novembre del 2005) aveva espresso in sede comunitaria parere contrario alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Figuriamoci cosa sarebbe successo se da noi qualcuno avesse proposto un provvedimento simile a quello con cui il Parlamento della Danimarca ha dato il via libera all'inseminazione gratuita nelle strutture sanitarie pubbliche per donne single o per coppie di lesbiche.

di Cinzia Frassi

Dalle elezioni politiche in poi, passando anche attraverso l'elezione dei Presidenti di Camera e Senato, del Presidente della Repubblica soprattutto e, da ultimo il recente voto amministrativo, quando c'è da votare i due schieramenti si fronteggiano aspramente e questo scontrarsi è diventato parte intima e costitutiva di entrambi. Quasi che senza questi "appuntamenti" o dopo questi, non sapessero come trovare regione dei rispettivi ruoli e natura, quelli di governare e di fare opposizione. Restare nell'emotività antagonista della gara distoglie dal fare i conti con un dopo gara in cui ci sarà da remare per 5 anni.
Come nella campagna elettorale che ha preceduto il voto politico del 9 aprile e come accaduto ultimamente e prima del voto amministrativo di pochi giorni fa, l'opposizione metterà in campo tutte le forze, cioè quelle che riuscirà a risucchiare il suo premier, per trasformare l'appuntamento referendario non solo nell'ennesima occasione per delegittimare il governo in carica, ma anche per tenere insieme una coalizione sempre più irrequieta e insofferente al suo interno.

di Fabrizio Casari

Con la confitta alle elezioni amministrative, che è costata a Forza Italia una brusca perdita di consensi, pare passata di moda l'idea della "spallata", dell'"avviso di sfratto" che pretendeva una destra rabbiosa, priva di freni inibitori e anche della dose minima di educazione, politica e civile. L'ultimo spettacolo, andato in scena a Napoli - che si riteneva conquistabile - vedeva un leader che saltava, urlava, sbraitava e tirava fuori tutta la volgarità dell'arricchito brianzolo. Che insultava gli avversari portati a rango di nemici; che minacciava il clima politico e sociale con comizietti mussoliniani; che scriveva ai leaders stranieri minacciando di tornare a breve; che rideva sguaiato con tutti i suoi denti finti alle insolenze dei suoi dipendenti contro il Capo dello Stato. Questa sorta di caravanserraglio che ha fatto rimpiangere un qualunque Bagaglino senza censura, è stata la nuova modalità espressiva dei fascisti, post-fascisti e quasi fascisti che abitano la cosiddetta Casa della libertà nella stagione - breve ma intensa - della rivincita. E' durata poco la stagione; schiaffeggiata a Napoli e a Roma, in bilico fino all'ultimo voto a Milano, la breve stagione della rivincita si é rivelata presto quella della riperdita.


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