L’avvicinarsi di due delicate scadenze per Iran e Stati Uniti continua a rendere estremamente reale l’ipotesi di un qualche scontro armato tra i due paesi nemici. La fine imminente dell’amministrazione Trump e il primo anniversario dell’assassinio a Baghdad del comandante dei Guardiani della Rivoluzione iraniani, Qasem Soleimani, sono motivo di ulteriori tensioni in Medio Oriente, dove la mobilitazione militare americana, in collaborazione con Israele, rischia di avere conseguenze catastrofiche.

Iniziata con cattiveria e proseguita con tristezza, la Brexit si è conclusa con un compromesso al ribasso. Dall’accordo siglato la settimana scorsa fra Londra e Bruxelles nessuno esce vincitore: l’unico obiettivo dell’intesa è limitare i danni di una decisione che, sotto il profilo economico, non ha veramente alcun senso. A ben vedere, infatti, non ci guadagna nessuno. Di sicuro non gli inglesi, che nei prossimi anni affronteranno difficoltà ben superiori a quelle sperimentate finora.

Per la quarta volta in poco meno di due anni, lo stato ebraico si avvia verso elezioni anticipate che si terranno molto probabilmente all’inizio della prossima primavera. La nuova crisi politica segna il crollo definitivo del fragile accordo di governo tra Netanyahu e Benny Gantz e apre una campagna elettorale che si prospetta infuocata, soprattutto per le implicazioni dei guai legali del primo ministro e l’accesissima rivalità all’interno della destra israeliana.

Tra accuse reciproche di aver manovrato per far cadere l’esecutivo, il Parlamento (“Knesset”) si è sciolto automaticamente alla mezzanotte di martedì in assenza di un bilancio approvato, come prevedeva l’accordo stipulato appena sette mesi fa tra il Likud e il partito di centro “Blu e Bianco”. I dissidi tra Netanyahu e Gantz sulla questione erano noti da tempo e vanno ricondotti a motivi di carattere politico piuttosto che economico-finanziario.

Le operazioni protocollari per l'ingresso di Biden alla Casa Bianca vanno a rilento. La resistenza di Trump a lasciare le comode e amichevoli mura si deve al fatto che teme le indagini che lo riguardano, e questo rende l'uscita di scena del magnate uno degli spettacoli più indecorosi della storia istituzionale statunitense. Le accuse di brogli elettorali non sono state nemmeno riprese dal partito repubblicano, ma superano una soglia politica considerata insormontabile: la vendita al mondo del modello elettorale americano come assoluta affidabilità del voto - e quindi della democrazia versione USA.

La certificazione ufficiale della vittoria di Joe Biden nelle presidenziali del 3 novembre scorso si è accompagnata negli Stati Uniti al riesplodere improvviso di una violenta campagna anti-russa, come al solito alimentata, per quanto riguarda il fronte dei media, soprattutto dal New York Times e dal Washington Post. A innescare la nuova escalation era stata la notizia di un attacco su larga scala, registrato poco più di una settimana fa, contro le reti informatiche di alcune agenzie governative. Anche se, come sempre, non è stata presentata alcuna prova concreta circa le responsabilità, l’operazione è stata subito attribuita ai servizi di sicurezza del Cremlino, contro il cui occupante e il suo governo vengono quotidianamente sollecitate misure punitive durissime.


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