di Carlo Benedetti

Per la Russia di oggi Cernobyl è storia passata. Ora il nucleare vince su tutti i fronti e diviene un settore primario anche nel campo dell’esportazione. Nessuna paura, quindi, e nessun allarme, pur se non si cancella tanto facilmente dalla memoria il ricordo di quel 26 aprile del 1986, quando l'unità numero 4 della centrale nucleare di Cernobyl in Ucraina (all'epoca Unione Sovietica) registrò il più rilevante incidente nucleare della storia. Ora tutta quella tragica vicenda è coperta da un sarcofago pur se fa ancora sentire il suo ruggito. Ma è anche vero che la realpolitk del Cremlino vince su tutti i fronti. Con gli ambientalisti che sono avvertiti, perchè da oggi ogni azione di protesta verrà respinta nel quadro delle azioni della campagna di antiterrorismo. La scelta è fatta. In Russia sorgerà una holding energetica destinata a sconvolgere - quanto a potenza - le grandi industrie nucleari di tutto il mondo.

di Luca Mazzucato

Creare una Comunità Economica Mediorientale tra Israele e i suoi cinque paesi confinanti: Egitto, Giordania, Palestina, Siria e Libano. La road map e la ricetta dei "due popoli-due stati" sono inattuabili: a lungo termine si dovrà costruire un unico stato confederale con due cantoni palestinesi a maggioranza araba nell'attuale Israele e due cantoni ebraici in West Bank attorno ai
due maggiori insediamenti israeliani. E Gerusalemme capitale condivisa. Questa è la sola soluzione del conflitto mediorientale che a lungo termine garantisca pace e stabilità nella regione. A sostenerlo è Johan Galtung, fondatore dell’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace (PRIO) di Oslo, esperto in risoluzione dei conflitti e mediatore per le Nazioni Unite nelle zone calde del
pianeta. In una serie di conferenze e dibattiti a Tel Aviv e a Ramallah, Galtung ha recentemente esposto ai diretti interessati questa sua originale proposta per la soluzione del conflitto. All'innalzamento di barriere, oppone l'abbattimento della sovranità degli stati e la creazione di spazi comuni di tipo autonomo e federale, a sovranità condivisa. Cerchiamo di capire in profondità di cosa si tratta.

di Carlo Benedetti


MOSCA. La stampa, qui, le considera “Vulcani fumanti”; inviati speciali ed analisti le definiscono come aree dove si sviluppa una geopolitica del caos; gli autori di reportage e di guide turistiche parlano di regioni affascinanti e drammatiche. Ma la diplomazia si esprime in termini un pò più concreti affermando che si è in presenza di “Repubbliche non riconosciute”. E mentre la battaglia relativa alle definizioni va avanti, la realtà quotidiana supera ogni previsione, proprio perchè nella Georgia post-sovietica esistono ora regioni - Ossetia del sud, Abchasia ed Adzarja - dove soffia forte il vento della rivolta e dell’autonomia. Il distacco da Tbilisi si fa sempre più reale. Per Igor Ghiorgadze, capo dell’opposizione e attualmente alla macchia, tutto può sfociare in una nuova rivoluzione, anche per il fatto che appena il 12 per cento della popolazione appoggia il presidente Saakasvili. E le zone dove vivono azerbajgiani e armeni sono già sul piede di guerra contro il potere di Tbilisi. Dissensi anche in quelle regioni occidentali che prima appoggiavano la presidenza. Ed ora risulta che solo il vertice militare e circa 3000 funzionari statali sono dalla parte di Saakasvili.

di Raffaele Matteotti

E' di nuovo guerra tra Somalia ed Etiopia. Lo sceicco Ibrahim Shukri Abu-Zeynab, portavoce delle Corti ha dichiarato che sarà guerra fino a che gli etiopi non saranno cacciati dalla Somalia. Colonne di carri armati etiopi sono state viste nei pressi di Baidoa Ufficiali della Nazioni Unite hanno riferito di pesanti perdite da parte somala, con le strade delle città vicine a Baidoa che si stanno riempiendo di cadaveri, che a questo punto sarebbero "centinaia". Intanto è cominciato il dramma dei profughi, con qualche migliaio di civili che cerca in ogni modo di abbandonare le zone dei combattimenti. C'era da aspettarselo. Dopo che l’ultimatum dato dal governo delle corti islamiche alle forze etiopi di stanza attorno a Baidoa era scaduto, sembrava non succedesse nulla e che il governo transitorio e le corti si sarebbero nuovamente incontrate per cercare una via d’uscita all’incredibile situazione creatasi nel paese. Da oltre un anno, infatti, esiste un governo transitorio costituito con l’aiuto della comunità internazionale e l’accordo dei signori della guerra somali. Un governo che però non ha mai governato e che, solo poco prima che le corti assumessero il controllo del paese, era riuscito a stabilirsi a Baidoa.

di mazzetta

Nervi tesi tra Pakistan ed Afghanistan; il presidente Karzai si rivolge al suo popolo e lo invita a non cedere alle manovre dei pachistani. Denuncia inoltre che gli attentati che hanno preceduto la visita del ministro degli esteri pachistano avevano uno scopo intimidatorio. Durante un vibrante discorso Karzai ha ricostruito la storia recente dell’Afghanistan; ha ricordato che alla cacciata dei sovietici il governo afgano possedeva 3,000 carri armati, più di 400 caccia, elicotteri e aerei da trasporto. E poi piloti, ingegneri, scuole ed ospedali. “Avevamo un sistema, un sistema che è svanito nella lotta tra fazioni animata dall’estero”. Ha continuato ricordando come questa dotazione sia sparita con l’avvento dei talebani, accusandoli di essere traditori al soldo di Islamabad. Ha chiesto agli studenti perché i figli dei pachistani possono diventare dottori e loro possano al più sperare di lavorare negli hotel di Karachi. Ha ricordato la miseria del paese sotto la dominazione talebana e ha denunciato gli attacchi odierni alle scuole, così come la volontà pachistana di sottomettere il popolo afgano. Karzai ha avuto anche parole dure per la comunità internazionale. Ha ricordato come nessuno fosse interessato al destino degli afgani e come l’attacco ai talebani sia stato un atto dovuto ad interessi stranieri e non alla volontà di liberare il popolo afgano.


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