di Bianca Cerri


Per essere ammessi al Bohemian Grove, un circolo esclusivo che si estende su circa 12 chilometri quadrati di verde in località Monte Rio, Stato della California, bisogna fare la fila. Tra l’inizio e la fine di luglio vengono a passare qui le ferie gli uomini più potenti del mondo e sono ammessi solo personaggi selezionatissimi. Questo perché al “Grove” si va per fare conoscenze importanti e dare vita a progetti come il Manatthan Project che, nel 1942, portò alla nascita della bomba atomica.
Quando nacque, il “Grove” non era vasto come oggi: lo hanno ingrandito i soci acquistando man mano nuovi appezzamenti di terreno dove si stagliano maestosi alberi che hanno più di 1.500 anni. Nella Club House, rimasta tale e quale al 1942, sono passati tutti i presidenti americani con i loro illustri ospiti. La sera ci si può riunire all’aperto per ascoltare musica classica in compagnia e davanti ad un bel falò, per non correre il rischio di prendersi una polmonite.

di Cinzia Frassi

Una frontiera tanto militarizzata quanto invalicabile divide Corea del Nord dalla Corea del Sud da più di cinquant’anni. Gli attori di oggi sono più o meno gli stessi di allora. Nel frattempo il sud diventa una ricca potenza economica mentre il nord va alla deriva tra dittatori psicotici e una popolo rinchiuso in angusti confini vittima della povertà, di un oscurantismo perverso e del despotismo del Caro Leader. Così ama farsi chiamare Kim Jong II, figlio del dittatore Kim II Sung. 23 milioni di abitanti fagocitati dalla paura dell’invasione americana imminente, pronti, almeno nella capitale, a rifugiarsi in quel grande rifugio atomico che è la metropolitana. Un paese dove il 37% dei bambini sotto ai 7 anni è denutrito. Un paese militarizzato (1,2 milioni di soldati), che rifiuta in parte gli aiuti umanitari, ma che spende il 23% del Pil (5,2 miliardi di dollari) in spese militari. Trattative diplomatiche infruttuose e un isolamento voluto e subìto, soprattutto dalla Cina, che non vuole privarsi di uno Stato che fa saltare i nervi agli Stati Uniti.

di Carlo Benedetti

La giornalista Anna Politkovskaja aveva scritto alcuni dossier micidiali per il Cremlino e per lo stesso Putin. Era riuscita a documentare il traffico di armi tra lo Stato maggiore dell’esercito della Russia e la guerriglia cecena. Aveva individuato canali e personaggi. Per questo è stata uccisa nei giorni scorsi. Alla sua esecuzione -decisa a tavolino dai commercianti d’armi - avrebbero preso parte alcuni killer e specialisti dell’intelligence di Mosca e della capitale cecena Grozny. Le pagine dei dossier, comunque, restano e faranno tremare i capi della Russia e della Cecenia. Per il momento Putin si limita ad annunciare a Bush che si farà luce sul caso. Tutto qui: nessuna parola di cordoglio. Ma la terra trema sotto le pur forti mura del Cremlino, mentre l’opinione pubblica della Russia comincia ad interrogarsi sui “misteri” della guerra contro la Cecenia. Chiede, in primo luogo, da dove vengono quelle armi e munizioni che alimentano la guerra caucasica. E scopre che non è solo un problema di Kalashnikov, quello storico e leggendario “fucile d’assalto” che nella nomenklatura militare è definito come “Ak-47”. Si scopre che ora i ceceni usano ben altre armi: moderne e sofisticate e che, in gran parte, hanno il marchio del “made in Russia”.

di Carlo Benedetti

E’ stata un’esecuzione annunciata quella di Anna Politkovskaja, la giornalista russa che aveva dichiarato guerra al Cremlino, a Putin e a quei generali colpevoli del genocidio in Cecenia. L’hanno fatta fuori, a Mosca, sull’ingresso del suo condominio perché era stata scomodo testimone di un conflitto epocale tra la Grozny dell’indipendenza e la Mosca dell’autoritarismo e della sopraffazione. Ora si scopre anche che aveva previsto tutto. Aveva scoperto e rese note le regole di una guerra particolare sul fronte del Caucaso, ma soprattutto nelle retrovie del mondo dei servizi segreti. E così questa eterna ragazza di 47 anni e due figli - che teneva stretti i suoi occhiali da miope mentre correva tra le valli cecene – si era preparata alla fine. Sapeva che l’intelligence del Cremlino non poteva perdonarla. Era troppo invadente, nota, coraggiosa e dura nei confronti dei mastini di quel ministero della Difesa che lei chiamava ministero della Guerra.

di Daniele John Angrisani

Mancano meno di otto settimane all'Election Day americano del 2006 ed i giochi sono ancora tutti in alto mare. Con i sondaggi d'opinione sempre meno favorevoli ai repubblicani, si è infatti delineata una situazione che vede al momento potenzialmente in bilico il controllo repubblicano su Senato e Congresso. In particolare è sul Senato che, al momento, si basano la speranze dei democratici; non solo perché ci sono 6 seggi in bilico che potrebbero cambiare la maggioranza, ma anche perchè è proprio la Camera Alta del Congresso quella politicamente più importante ai fini di un possibile sviluppo inatteso dei prossimi 2 anni di presidenza. E' infatti il Senato che ha la competenza unica di approvare o meno i Trattati internazionali, dichiarare lo stato di guerra, fornire al Presidente i poteri per compiere azioni di guerra ed eventualmente iniziare il processo di impeachment per mettere sotto accusa il Presidente. E non è quindi da sottovalutare l'effetto devastante che avrebbe sugli ultimi due anni di presidenza Bush un eventuale cambio di maggioranza al Congresso. Vediamo ora qual è il quadro che si sta delineando, in base ai dati disponibili ad oggi. In tutti i sondaggi d'opinione da inizio 2006 ad ora, i democratici hanno avuto in generale un vantaggio tra i 3 ed i 16 punti rispetto ai repubblicani, a seconda dei diversi istituti demoscopici.


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