di mazzetta

Nicolas e Carla sono scesi all'aeroporto di N'Djamena, lei, vestita sobriamente, in scuro, è stata guidata alla conoscenza del paese dalla “premiere dame” del Ciad, avvolta in un luminoso scialle rosa. Nicolas si è intrattenuto alcune ore con presidente-dittatore Idriss Deby Itno. I due leader hanno discusso della recente rivolta, domata nel sangue grazie all'aiuto essenziale dell'esercito francese presente in loco e del vertice del Cemac, la parodia di Commonwealth che la Francia ha organizzato tra le sue ex colonie in Africa Centrale. Della visita del presidente francese ci è stata restituito solo lo sbarco, occasione per diffondere una carezza di Carla a Nicolas intravista dalle telecamere attraverso il lunotto di una limousine e niente di più. Nemmeno un cenno alle ultime novità urbanistiche della capitale, ora circondata da un vallo che dovrebbe impedire l'accesso ai fuoristrada dei ribelli, consentendo l'accesso alla capitale solo da varchi tenuti sotto tiro dai carri armati. A Deby non è piaciuto essere assediato nel palazzo preso a fucilate e sta prendendo le sue precauzioni, tra le quali l'abbattimento degli alberi centenari dei boulevard, colpevoli di aver offerto riparo ai ribelli durante gli attacchi degli elicotteri.

di Michele Paris

Non saranno stati troppo felici gli elettori e i dirigenti del Partito Democratico americano qualche giorno fa nell’apprendere la notizia, data in diretta durante la storica trasmissione della NBC “Meet the Press”, che Ralph Nader si ripresenterà come candidato indipendente alle presidenziali del prossimo mese di novembre. Il 74enne avvocato e attivista dei diritti dei consumatori ha infatti annunciato ufficialmente la sua intenzione di partecipare per la quinta volta alla corsa verso la Casa Bianca, dopo le polemiche seguite alle presidenziali del 2000, quando fu accusato di aver sottratto voti decisivi ad Al Gore, e il pessimo risultato del 2004. Proprio i fatti relativi a quest’ultima tornata elettorale, nella quale a detta di Nader i democratici misero in atto un vero e proprio boicottaggio per escludere il suo nome dalle schede in numerosi Stati dell’Unione, starebbero alla base del suo ennesimo tentativo. Furono poco meno di 100.000 i voti che Ralph Nader si aggiudico nel 2000 in Florida, attirandosi le ire dei democratici per la vittoria così consegnata a George W. Bush e determinando la quasi scomparsa del Partito dei Verdi, sotto le insegne del quale stava correndo per la seconda volta consecutiva. In quell’occasione riuscì a conquistare il 2,7% delle preferenze su scala nazionale, mentre quattro anni più tardi dovette accontentarsi di un misero 0,3%.

di Luca Mazzucato

Facciamo un breve gedanken esperiment: pensiamo a cosa succederebbe se la polizia italiana, in un'irruzione alla ricerca di presunti terroristi, uccidesse per sbaglio otto bambini a sangue freddo. È facile immaginare l'ondata di indignazione che scuoterebbe l'intero paese. La scorsa settimana, in un solo giorno l'esercito israeliano ha assassinato otto bambini nella Striscia di Gaza. A sangue freddo, con attacchi aerei da sopra i palazzi della città, in un'escalation che continua incessante da giorni. Una delle vittime era un neonato di sei mesi ucciso nella propria culla. L'IDF (ironico acronimo per Israeli Defense Force) non cerca neppure di discolparsi: secondo il portavoce “è strano che dei bambini si trovassero nella zona di lancio di razzi e spesso i terroristi impiegano bambini per recuperare i lanciarazzi.” Così strano non sembra, visto che i razzi vengono spesso lanciati da zone abitate. La notizia viene ignorata dall'opinione pubblica occidentale, qualche vago accenno nelle veline “di sinistra”. È ormai un fatto assodato che, a mezz'ora da Tel Aviv, con i suoi grattacieli scintillanti e i surfisti abbronzati a cavallo dell'onda, chi uccide otto bambini non verrà mai non solo condannato, non accusato, ma nemmeno cercato.

di Elena Ferrara

Parte un progetto che potrebbe cambiare il volto del secolo e che contribuirebbe a far compiere all’Europa e all’Asia un salto epocale. Si annuncia, infatti, una nuova era per l’Eurasia perchè Cina, Russia, Iran, Turchia e altri Paesi asiatici (tra questi Kasachstan, Kirghisia e Tagikistan) hanno raggiunto un accordo per ripristinare quella storica “Via della Seta” che con i suoi 8000 chilometri consentiva alle carovane di attraversare l'Asia centrale e il Medio Oriente collegando Chang’an (oggi Xi’an) in Cina all’Asia Minore e al Mediterraneo, attraverso il Medio e Vicino Oriente. Estendosi poi, con varie diramazioni, alla Corea, al Giappone e all’India. L’intesa per questo progetto (che comprende un “pacchetto” di 230 opere ciclopiche da ultimare per il 2014) è stata raggiunta a Ginevra dove i ministri dei Trasporti di 19 Stati europei ed asiatici si sono riuniti nei giorni scorsi concordando piani per 43 miliardi di dollari tesi a ripristinare l’antica Via e altre arterie. Il disegno generale è fantastico. Si prevedono strade, ferrovie e vie d’acqua, per favorire la rapida crescita dei commerci e per far uscire dalla depressione economica vari paesi della massa eurasiatica.

di Giuseppe Zaccagni

La grande fuga è già in atto. Dalla Cecenia - terra caucasica ancora sotto il dominio della Russia di Putin - se ne vanno intere famiglie. Tecnici ed insegnanti, addetti ai servizi, intellettuali e medici. I paesi di riferimento sono Polonia, Cechia, Slovacchia, Austria, Francia, Belgio, Germania, Svezia, Finlandia. Tutto avviene perchè nella regione - nonostante la propaganda del Cremlino - la situazione è certamente più difficile per chi è “ceceno” e prova, quindi, le umiliazioni che vengono dal vivere in un paese “occupato”. E così comincia l’esodo. A poco a poco, in silenzio e, soprattutto, in condizioni di assoluta clandestinità e sempre nelle mani di alcune “agenzie” che garantiscono viaggi verso l’occidente chiavi-in-mano. Forniscono prima una consulenza su paesi che vengono ritenuti facilmente raggiungibili. Poi provvedono alle operazioni relative ai visti di ingresso e, contemporaneamente, forniscono biografie e documenti che, presentati alle autorità dei paesi di arrivo, risulteranno utili per ottenere un lavoro o, comunque, lo status di rifugiati politici. Centro di questa attività è, in particolare, Mosca. La capitale russa è ora facilmente raggiungibile da Grozny e, per molti, l’appuntamento decisivo è nella cantina di un vecchio e cadente palazzo di periferia.


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