di Bianca Cerri

Dopo tre fallimenti tra il 1994 ed il 2003, la decisione della Commissione ONU del 15 novembre 2007 rappresenta finalmente un passo avanti verso una moratoria internazionale sulla pena di morte. Si riapre dunque la strada per una presa di posizione globale. Il sì è un risultato storico per il governo italiano che ha fatto una lunga battaglia per la tutela della vita umana ed è stata premiato per il suo impegno. Il documento che regola la decisione deve essere ancora ratificato dall’Assemblea Generale dell’ONU , cosa che non avverrà prima di dicembre, ma intanto è stata riaffermata l’opposizione incondizionata ad una punizione crudele e degradante, abolita da più della metà dei paesi del mondo. Nel 1977, solo 16 nazioni avevano abolito la pena capitale, oggi il numero è salito a 87. La vittoria è maturata quando la terza Commissione ha respinto uno dopo l’altro gli emendamenti contrari di Egitto e Malasya. Il voto finale, 99-52 con 33 astenuti è motivo di grande soddisfazione per l’Italia anche sotto il profilo politico. Come tutti i documenti dell’Assemblea Generale ONU, la moratoria non ha un valore vincolante, ma significa comunque che l’Italia è riuscita a riguadagnare una credibilità che sembrava perduta, dopo cinque anni che avevano fatto registrare solo clamorosi battibecchi tra i rappresentanti italiani all’ONU e quelli delle altre nazioni.

di Giovanni Gnazzi

L’approvazione al Senato della legge finanziaria ha scritto in qualche modo la parola “fine” ad una fase politica caratterizzata dalle scommesse sulla tenuta della maggioranza sul passaggio più delicato per ogni esecutivo, l’approvazione della legge di bilancio. Oltre settecento votazioni hanno sancito la tenuta della maggioranza governativa. Dunque il governo, pur incassando l’addio di Lamberto Dini, che presumibilmente cercherà un passaggio sull’altra sponda con i due naufraghi al seguito, potrà rinviare ad altri provvedimenti l’ansia da numeri. Lo spettro dell’esercizio provvisorio, vero e proprio incubo per ogni esecutivo, è stato quindi riportato allo stadio di scampato pericolo. Anzi, il fatto che la Finanziaria sia passata senza dover ricorrere al voto di fiducia, pur potendo contare solo su qualche voto di maggioranza, rappresenta una oggettiva dimostrazione di forza da parte del governo Prodi. Si deve infatti ricordare che il governo Berlusconi, che contava su una maggioranza schiacciante di parlamentari, fu costretto a porre la fiducia per vedere approvata la sua legge di bilancio. Già, Berlusconi. E’ lui il grande sconfitto di questa fase politica.

di Cinzia Frassi

Sono dieci le regole di cui si compone il “libretto rosa” del premier socialista Josè Luis Rodriguez Zapatero. In realtà si direbbe un decalogo “pro-donne”, mentre da più parti viene definito "anti-uomo". Il libretto, titolato "ricette di donne per fare politica", è un vero e proprio manuale redatto con la segretaria dell'Uguaglianza del partito del premier, Maribel Montano che così lo definisce: "il libro indica gli strumenti che permettono alle donne, soprattutto alle più giovani, di accedere alla politica in condizioni di uguaglianza" dice la Montano. I dieci punti cardine delle "istruzioni per l'uso" di una partecipazione rosa alla politica, non hanno niente a che fare con quel clichè della donna da carta patinata di oggi: senza rughe, alla moda, bella, rampante, esente da cellulite e soprattutto che può essere definita, nella sua versione in carriera, “la signorina Rambo” parafrasando il cantautore italiano Roberto Vecchioni. La prima regola è fare squadra, lavorare insieme con altre donne, quindi rischiare, imparare ad osare di più: dissentire ed argomentare coraggiosamente quando è il caso. Insomma esporsi di più, quindi non restare nell’ombra. Altro must del manuale è coltivare la capacità di ascolto delle altre donne come degli uomini, quindi individuare e portare avanti le cause universali che le riguardano. Seguono saper cogliere le opportunità, il momento giusto e assumere ruoli ed incarichi con grande senso di responsabilità per se stesse ma anche per il ruolo di donna nelle istituzioni.

di Eugenio Roscini Vitali

Sono passati novanta anni dalla dichiarazione di Balfour, 117 parole che hanno segnato il destino di milioni di persone e che hanno influito profondamente sulla storia del Madio Oriente. Era il 2 novembre 1917 quando l’allora ministro degli Esteri inglese, Arthur James Balfour, scrisse una lettera al principale rappresentante della comunità ebraica e del movimento sionista d’oltre manica, Lord Rotschild, illustrando la favorevole posizione del governo britannico verso la creazione di un focolare ebraico in Palestina. Tra le righe la dichiarazione citava: "Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico e si adoprerà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che non deve essere fatto nulla che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni". I fatti che seguirono la dichiarazione non coincisero però con gli intenti espressi da James Balfour e con gli impegni presi dalla Società delle Nazioni, che avviò il progetto per la creazione di un focolare nazionale ebraico in Palestina conferendo alla Gran Bretagna il mandato sulla regione.

di Bianca Cerri

Si sono aperti negli Stati Uniti i festeggiamenti dedicati ai reduci di guerra, che dureranno per quattro intere giornate. In molte località saranno presenti anche gli aspiranti candidati alla presidenza del paese che, a parte poche eccezioni, la guerra non l’hanno mai vista, né conoscono la storia dei reduci finiti a vivere nella strada, lunga come una scia di sangue che parte dalla prima guerra mondiale per allungarsi all’infinito. Nel 1918, il presidente Hoover fece cacciare dalla polizia i soldati tornati dal fronte accampatisi davanti alla Casa Bianca per ricordare al governo che aveva dei doveri nei loro confronti. Il governo rispose che avrebbero fatto bene a procurarsi dei giornali e a trovare delle auto abbandonate in cui dormire. In un’epoca in cui la gente faceva ore di fila per un po’ di pane ed era attanagliata dalla povertà, i reduci furono costretti a mendicare per sopravvivere. Un destino molto strano in un paese che già allora idolatrava le armi e l’esercito e già pianificava la propria espansione sull’intero pianeta. Con l’andar del tempo, l’indifferenza nei confronti dei reduci ha finito per trasformarsi in una disfunzione cronica, almeno a giudicare dai dati che rivelano una percentuale del 25% di ex-combattenti di Corea e Vietnam tra gli homeless. Tornati a casa con l’animo ferito dagli orrori della guerra sono invecchiati nella strada, estraniati dalle proprie famiglie ed incapaci di reintegrarsi e riprendere in mano le redini delle loro esistenze.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy