di Elena Ferrara

E’ stato il giorno del giudizio per 17milioni e 600mila nepalesi che nell’antico regno himalayano hanno mandato in archivio 240 anni di monarchia indù. Le elezioni per l’Assemblea costituente si sono infatti rivelate un vero e proprio referendum epocale, dal momento che hanno sancito l’inizio di una nuova era di gestione politica e istituzionale. Alle spalle resta quell’accordo di pace firmato nel 2006 con la guerriglia maoista che ha praticamente chiuso 10 anni di guerra civile e segnato la trasformazione dei ribelli in un partito politico. I nepalesi hanno dovuto scegliere 601 rappresentanti che riscriveranno la Costituzione e governeranno il Paese in attesa delle elezioni legislative. Si tratta delle prime elezioni libere dal 1999. L'obiettivo della Costituente sarà ora quello di trasformare l'antico paese in una repubblica. Per conoscere i risultati definitivi dello scrutinio bisognerà però attendere la fine di aprile o i primi di maggio.

di Luca Mazzucato

Il sei settembre dello scorso anno la notizia di un attacco israeliano alla Siria fa il giro del mondo e i commentatori fanno a gara per scoprirne i dettagli, si suggerisce un obiettivo nucleare. Se ne parla in tutto il mondo, ma non in Israele: la censura militare dell'IDF vieta per un mese intero la diffusione della notizia su tv, radio, giornali e stampa online. L'unica menzione permessa è la frase virgolettata “Secondo fonti straniere un raid israeliano ha colpito un obiettivo siriano.” L'affaire siriano ha mostrato la potenza e la pervasività della censura militare, che in Israele ha un potere di intervento illimitato. In quei giorni di settembre, per capire cosa stesse succedendo, se ci fosse il pericolo di una guerra imminente con la Siria dopo che per mesi l'IDF ne ventilava l'eventualità, i cittadini israeliani non avevano molte scelte. Una cortina impenetrabile di “no comment” da parte del governo, dell'esercito, di tutte le istituzioni, faceva il paio con il tono vago e trasognato degli organi di stampa.

di Saverio Monno

Archiviato il momento cruciale dell’”evangelizzazione”, la campagna elettorale, la più brutta degli ultimi quindici anni, è finita. Di messaggi ne abbiamo ricevuti abbastanza. Dal biblico “Rialzati Italia!” di Berlusconi, al profetico “Yes we can!” di Veltroni, passando per la “Scelta di parte” auspicata da Bertinotti, o per la lezione morale di Casini, secondo il quale “i veri valori non sono in vendita”. Senza dimenticare, poi, il pedagogico Ferrara che, folgorato sulla via di Damasco, s’improvvisa cavaliere pontificio, al grido di: “Aborto? No grazie!”. Ve ne sarebbero anche degli altri, ma nonostante la grande varietà di slogan ad effetto e l’altrettanto variegato parterre di candidati premier, il dibattito ha finito per concentrarsi sul duo Veltroni-Berlusconi. Dopo aver macinato centinaia di chilometri ed accumulato promesse su promesse, gli “anfitrioni” dell’ormai conclusa campagna elettorale, si sono scontrati un’ultima volta, sempre debitamente a distanza, nel corso della trasmissione televisiva “Matrix”. Sei milioni di italiani incollati al televisore. Il pulpito ideale per un’ultima arringa.

di Elena Ferrara

L'annuncio ufficiale arriva dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad che da Natanz - dove ha sede l’impianto che ospita le centrifughe necessarie per l’arricchimento dell’uranio - annuncia al mondo che il suo Paese da oggi deve essere considerato come "una potenza nucleare". L'esponente di Teheran sa bene di fare un annuncio sensazionale ed ecco che sfodera anche una serie di dettagli. Accompagnato dai ministri della Difesa e dell’Intelligence, dal segretario generale del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale e da un centinaio di giornalisti, sottolinea infatti che l'’Iran si prepara a installare migliaia di nuove centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. “L’anno scorso - dice in un discorso radiotelevisivo - i nostri scienziati hanno installato tremila centrifughe e siamo ora entrati nella fase dell’arricchimento dell’uranio a livello industriale: oggi abbiamo iniziato l’installazione di tremila nuove centrifughe”. “L’anno scorso - dice in un discorso radiotelevisivo - i nostri scienziati hanno installato tremila centrifughe e siamo ora entrati nella fase dell’arricchimento dell’uranio a livello industriale: oggi abbiamo iniziato l’installazione di tremila nuove centrifughe”.

di Mariavittoria Orsolato

ASUNCION. In pochi annoverano il Paraguay nelle loro conoscenze geografiche. Ed è quasi impossibile biasimarli. Questo Paese, incassato in un fazzoletto di terra poco generoso tra Bolivia, Brasile e Argentina, ha una storia complicata, fatta di colonizzazioni gesuitiche, devastazioni portoghesi e sanguinose dittature militari. E’ il Paese che più di altri ha ospitato i nazisti in fuga dalla Germania sconfitta ed è la nazione che da 60 anni a questa parte sta vivendo, bloccata in una condizione di povertà estrema, la semi-dittatura del più longevo partito repubblicano dell’America del sud, il Partido Colorado, partito che dal 1954 al 1989 ha sostenuto il cruento regime del generale Alfredo Stroessner. Ma tira aria di cambiamento in Paraguay. Un cambiamento forte e radicale, una svolta a sinistra che pare essere pronta a spazzar via quella che qui ad Asunciòn viene chiamata la democradura e che corrisponde ai 17 anni di transizione che hanno seguito l’era Stroessner.


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