di Eugenio Roscini Vitali

La tenace resistenza con la quale si sta opponendo all’embargo e all’azione militare israeliana, il risonante effetto ottenuto sull’opinione pubblica con l’abbattimento del muro di Rafah e la crescita di consensi guadagnata a discapito di Fatah sono i fattori che fanno di Hamas la principale forza politica palestinese: un movimento che sul terreno rappresenta più di un terzo della popolazione, che dal 25 gennaio 2006 controlla il Consiglio Legislativo Palestinese e che può diventare determinante nel processo di pace con Israele. Una forza che va vista nell’ottica di una guerra che quasi tutti considerano insostenibile e la cui risoluzione non può prescindere dal suo coinvolgimento. Di questo ne è convito soprattutto Jimmy Carter che, nonostante le critiche dell’amministrazione americana e degli stessi israeliani, rimane il principale fautore di questa tesi (Palestina, alla disperata ricerca di una soluzione, 15 gennaio 2008). E così, mentre l’amministrazione Bush continua caparbiamente a battere la pista Olmert-Abbas, l’ex presidente Americano vola a Damasco dove incontra il leader in esilio del movimento islamico, Khaled Meshaal, per trattare una tregua più che mai necessaria.

di Elena Ferrara

Ora, senza pudore, ci sbattono in faccia i loro “sistemi”, le loro bugie. Ci informano - a posteriori s’intende - che gli esperti di comunicazione della Casa Bianca avevano messo in piedi un team di “commentatori” che avevano come obiettivo quello di rendere popolare la guerra contro l’Iraq. E così erano stati assoldati alcuni personaggi (“autorevoli ed indipendenti”) che dalle tv americane avevano il compito di addolcire la pillola, presentando la guerra di Bush, come una missione sacra, nuova crociata dell’Occidente contro gli infedeli dell’impero del male. Tutti questi analisti erano passati attraverso le scuole e le caserme del Pentagono. C’erano - sull’etere e sul video made in Usa - il colonnello Kenneth Allard che, dalla rete Nbc, “bombardava” i telespettatori con le sue analisi ottimistiche; c’era il generale Wayne Downing che si faceva riprendere in tenuta casalinga, con sullo sfondo la sua biblioteca. Parlava delle azioni militari e dipingeva un futuro roseo. E poco dopo la sua apparizione arrivava il generale Thomas Mcinerney che alla Foxtv riferiva sulle azioni vittoriose dell’armata statunitense. Anche lui ripreso in borghese e sullo sfondo del palazzone della Casa Bianca. Poi, a ruota, gli altri “giornalisti” tutti al soldo del Pentagono e della Cia: i generali Robert Scales dai microfoni di National Radio, Mongomery Meigs della rete Today-Nbc e, infine, Don Sheppard il falco della Cnn.

di Carlo Benedetti

In Russia si è al regime. Il vertice del paese - che è tutto nelle mani del duo Putin-Medvedev - occupa ora l’ultimo spazio che era ancora libero nelle bande televisive. Nasce un nuovo colosso dei media che sarà a libro-paga della presidenza. Si chiamerà “NMG - Mediagroup nazionale” e comprenderà una rete impressionante di stazioni russe: 864, per la precisione, che diffondono attualmente i loro programmi (informativi soprattutto) in Russia, nelle nazioni della Csi e nei paesi del Baltico (Lettonia, Lituania, Estonia). Nella nascente holding ci sarà posto anche per il quotidiano Izvestija che, ormai da anni, è la voce ufficiale del padrone (Putin) e che avrà un ruolo notevole nella gestione economica della NMG. Ma è anche chiaro che tutti i giornalisti del quotidiano (compresi quelli all’estero) saranno a disposizione dell’emittente. Si arriva, in pratica, ad una “piovra” che non ha eguali in altri paesi. A dirigere l’intero complesso il Cremlino ha chiamato Jurij Kovalcuk, un amico fidato di Putin che è anche proprietario della banca “Rossija” che è un istituto di credito di dimensione nazionale, con un capitale che nel 2006 ha raggiunto 3689,5 milioni di rubli (pari a 157,070 milioni di dollari).

di Giuseppe Zaccagni

Da Accra, capitale del Ghana, l’Onu si sveglia - sotto l’incubo di uno tsunami silenzioso - e scopre la fame nel mondo (per 100 milioni di persone) provocata anche da quei continui rincari dei prezzi agricoli, imposti dalle economie “forti”, che seminano il panico provocando le attuali catastrofi umanitarie. L’allarme è lanciato dallo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite, ??n Ki-moon, impegnato ad aprire l? dodicesima conferenza mondiale sul commercio ? sullo sviluppo. Ed è lui che si rivolge ai “potenti della terra” annunciando la pericolosità di una “crisi a cascata” in tutto il mondo, se l? questione dei prezzi elevati dei prodotti alimentari non sarà gestita correttamente. Il Segretario generale delle Nazioni Unite spiega poi che tutto questo si ripercuoterà “sulla crescita ???nomica, il progresso sociale ? l? stessa sicurezza politica mondiale”. “Non si può più aspettare - dice ancora - e di conseguenza la comunità internazionale deve avviare azioni urgenti per evitare conseguenze ?n??r? più gravi”.

di Michele Paris

Come era ampiamente nelle previsioni, Hillary Clinton è uscita vincitrice dalle primarie democratiche in Pennsylvania di martedì scorso. La Senatrice di New York ha conquistato un successo che le consente indubbiamente di rimanere in corsa per la nomination del proprio Partito almeno per qualche altra settimana, ma che molto difficilmente potrà cambiare l’esito di un confronto che la vede tuttora inseguire Barack Obama sia nel numero dei delegati conquistati sia in quello dei voti espressi. In un momento particolarmente delicato della prolungata battaglia in casa democratica, caratterizzata da un inasprimento dei torni da parte di entrambi i candidati, una serie di recenti sondaggi sfornati da svariati organi di informazione d’oltreoceano per misurare i rapporti di forza nel paese tra i due contendenti dimostra inoltre come l’aggressiva campagna elettorale messa in atto dallo staff della ex First Lady non stia dando i frutti sperati ma, anzi, stia compromettendo non poco la sua immagine nell’opinione degli elettori democratici ed indipendenti. E il rischio concreto è quello di servire un clamoroso e inaspettato assist al candidato repubblicano John McCain in vista delle elezioni di novembre.


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