di mazzetta

Il sequestro di una nave italiana con alcuni marinai italiani a bordo, ha riportato sui nostri media l'attenzione per i pirati. Un'attenzione selettiva, perché pur essendo somali, della Somalia si parla pochissimo, nonostante sia da anni teatro di tragedie che fanno impallidire terremoti e altre disgrazie. Ma nel nostro paese c'è poco interesse per il destino dei poveri, a maggior ragione se sono negri: migliaia di migranti muoiono da anni nei nostri mari senza suscitare la minima commozione, mentre il governo si fa sempre più ostile nei loro confronti. Lo dimostra la prima storia di mare, quella di uno dei tanti barconi affondati tra la Libia e la Sicilia agli inizi di aprile. Si parlò allora di quasi duecento dispersi in un naufragio, ma la notizia venne passata insieme al “salvataggio” di un altro barcone stracolmo di gente da parte della nostra marina. Tutto vero, ma i “dispersi” che fine hanno fatto? I dispersi sono diventati ufficialmente morti pochi giorni dopo, nel numero esatto di duecentotrentasette. Numero esatto perché nonostante un diffusa convinzione contraria, ciascun migrante ha un passato, una storia, famiglie che non vedrà più e che ora li piange.

di Carlo Benedetti

Lotte, agitazioni, caos, contestazioni, scontri. E’ il quadro sociale e politico della Moldavia di queste ore dopo il contestato voto delle “parlamentari” che hanno segnato la vittoria di quanti vengono considerati come gli “eredi” del vecchio sistema comunista. Tutto ha preso avvio il 6 aprile scorso quando il Partito Comunista della Moldavia ha ottenuto una vittoria nelle elezioni legislative con circa il 50% dei voti. La formazione si è così assicurata la maggioranza assoluta con il 49,92% dei suffragi (nel 2005 aveva avuto il 46,1%) e, con i 61-62 seggi in Parlamento che ha conquistato, il partito dovrebbe avere la maggioranza dei tre quinti necessaria per l'elezione del nuovo Capo dello Stato. Il partito liberale ha ottenuto il 12,9%, il partito liberaldemocratico il 12,24% e Nostra Moldavia il 9,87%. Ma ora nel paese ci sono manifestanti che contestano il voto “comunista” e gridano di “essere romeni” e di voler entrare in Europa. Tutto nel nome di un bieco nazionalismo e di un forte spirito antidemocratico alimentato da Bucarest.

di Luca Mazzucato

NEW YORK.Quando si parla di nucleare ed Iran, la confusione regna sovrana: le opinioni di politici e scienziati sono diametralmente opposte. Secondo Netanyahu, l'Iran è a un passo dall'ottenere la bomba e va fermato a tutti i costi, incluso un attacco. Secondo l'intelligence americana, l'Iran ha fermato il suo programma militare nel 2003, concentrandosi sulla costruzione di una centrale ad uso civile. Pochi giorni fa, in diretta sulla CNN, il capo delle forze armate americane Mike Mullen, ha dichiarato che, ebbene sì, l'Iran possiede abbastanza uranio arricchito per produrre una bomba. Per districarsi in questa confusione, abbiamo controllato le fonti, ovvero le stime basate sul rapporto degli ispettori dell'ONU. Che per il momento smentiscono la capacità di produrre bombe dell'Iran. E forniscono una via d'uscita.

di Michele Paris

Mentre in California si attende di conoscere la sorte definitiva dei matrimoni gay, una sentenza della Corte Suprema dell’Iowa pochi giorni fa ha ufficialmente cancellato il divieto di celebrare nozze tra persone dello stesso sesso. Lo stato del Midwest, da dove prese il via quindici mesi fa la trionfale corsa nelle primarie democratiche di Barack Obama, è tradizionalmente riconosciuto per l’indipendenza della popolazione e del proprio sistema giudiziario. Nondimeno, la decisione del supremo tribunale statale ha colto di sorpresa quanti ritenevano possibile un’evoluzione favorevole al riconoscimento delle unioni gay solo nelle consolidate roccaforti liberal del New England o della costa occidentale. All’Iowa ha fatto seguito pochi giorni dopo il Vermont, giunto allo stesso risultato tramite un’iniziativa della legislatura locale e diventando così il quarto Stato americano che riconosce il diritto di matrimonio a due persone dello stesso sesso - assieme a Massachusetts e Connecticut - anche se ben presto altri stati potrebbero seguire lo stesso percorso.

di Mariavittoria Orsolato

Si dice spesso che l’erba del vicino è sempre più verde e, nel caso della nostra miserrima nazione, ci sono buoni motivi per pensarla così: scuola, welfare, sistema politico, tutto quello che è europeo ci sembra infinitamente migliore se visto dallo stivale. C’è però un campo delle competenze statali in cui le brillanti distinzioni di leadership europee e internazionali sembrano omologarsi perfettamente, per riunirsi in quella zona grigia e sfocata che è la tutela dell’ordine. Sui giornali di questi giorni, oltre all’immane tragedia abruzzese, si è letto che due agenti della Polfer milanese sono stati accusati per l’omicidio (a botte) di un clochard a cui avevano preso le generalità, e che l’uomo morto per un malore al G20 londinese è stato in realtà assalito e picchiato dalla polizia inglese. Due storie sicuramente diverse, ma che fanno riflettere sull’atteggiamento che le forze dell’ordine tengono nei confronti dei cittadini inermi.


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