Le prime volte era un colpo di scena, ormai è una tradizione. Come ogni anno, la Commissione europea ha qualcosa da ridire sul progetto di legge di Bilancio presentato dall’Italia. In particolare, Bruxelles ci rimprovera di non rispettare gli impegni sulla riduzione del debito e del deficit strutturale, ma rimanda la valutazione decisiva alla primavera del 2018, cioè a dopo le elezioni. Solo allora conosceremo la pagella finale sul debito, che secondo le autorità europee rimane “fonte di preoccupazione”.

Le proposte sono ridicole, l’accordo non c’è. Sul fronte dei contenuti sembrava un finale già scritto quello del confronto fra governo e sindacati sul tema delle pensioni. La trattativa non è chiusa (un nuovo incontro è in agenda per martedì), ma le linee tracciate dall’Esecutivo sono ormai chiare. E saranno loro a finire nel testo della legge di Bilancio, l’ultimo testo finanziabile che passerà per le mani di questo Parlamento.

Lo scontro sulle banche si è trasformato in uno scaricabarile tra politici e funzionari a ogni livello, ma è già chiaro che nessuno ne uscirà vincitore. Il leader del Pd Matteo Renzi continua ad alimentare le polemiche nel tentativo di ricostruirsi una verginità morale, ma è destinato al fallimento perché nel ruolo di paladino dei risparmiatori non è credibile. Basta dare un’occhiata ai sondaggi per rendersene conto.

Renzi però, come al solito, combatte contro ogni evidenza, rilancia, gioca d’azzardo nella speranza di ribaltare la situazione all’ultimo secondo. Fin qui questa strategia si è sempre rivelata perdente: lo è stata un ano fa, ai tempi del referendum costituzionale, e lo è stata ancora il mese scorso, con la fallimentare crociata contro la riconferma di Ignazio Visco ai vertici della Banca d’Italia.

di Carlo Musilli

La Banca centrale americana ha un nuovo presidente. Si chiama Jerome Powell e da febbraio prenderà il posto di Janet Yellen. Avvocato, finanziere, docente, Powell è essenzialmente un repubblicano moderato che piace a tutti, fatta eccezione per i destrorsi più radicali.

Non c’è una sola forza politica che non voglia rinviare l’aumento automatico dell’età pensionabile, ma il governo tira dritto. Dal 2019 l’asticella per il trattamento di vecchiaia dei lavoratori dipendenti – a prescindere dal sesso – salirà di 5 mesi, a quota 67 anni. Un incremento che trova giustificazione nelle nuove tabelle pubblicate dall’Istat, secondo cui tra il 2013 e il 2016 la speranza di vita è aumentata appunto di cinque mesi.


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