Il consueto appuntamento super-esclusivo del World Economic Forum (WEF) di Davos, in Svizzera, si sta svolgendo questa settimana in uno spirito di apparente ottimismo, giustificato dal continuo accumulo di ricchezze tra le élite planetarie e, almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti, dalle prospettive che lascia intravedere il pacchetto di tagli alle tasse per i più ricchi recentemente approvato dal Congresso di Washington.

I problemi delle banche italiane sono manifesti e noti a tutti, mentre quelli degli istituti francesi e tedeschi rimangono nell’ombra. Nessuno ne parla, neppure la Vigilanza Bce. Eppure, il pericolo in agguato è altrettanto grave. Parliamo dei titoli tossici, o “titoli illiquidi”, per chi preferisce l’eufemismo. Nel linguaggio contabile, comunque, si chiamano “Level2” e “Level3”, L2 e L3.

Per chi conoscesse poco il nostro Paese, la manovra varata la settimana scorsa dal Parlamento potrebbe funzionare da corso accelerato di italianità. Per come è andata a finire, verrebbe da pensare che il relatore del provvedimento sia Brancaleone da Norcia, disposto a imbarcare chiunque nella sua armata per affrontare le crociate.

L’obiettivo è giusto: ridurre il precariato. I mezzi scelti per perseguirlo, tuttavia, si riveleranno certamente inefficaci. Dopo lo tsunami di numeri che ha certificato il fallimento del governo Renzi sul tema del lavoro, finalmente il governo Gentiloni decide di fare qualcosa per mettere una toppa sul buco che da 10 anni disperde le energie del nostro Paese.

Il Bitcoin diventa grande e fa ancora più paura. Da Lunedi scorso è possibile scambiare contratti future legati alla regina delle criptovalute sul più importante mercato al mondo per i derivati, il Chicago Board Option Exchange. La stessa cosa si può fare anche sul Chicago Mercantile Exchange e a breve dovrebbe aggiungersi alla lista il giapponese Tokyo Financial Exchange.


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