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di Sara Michelucci
In bilico su una linea così sottile che cadere giù diventa non solo possibile, ma estremamente facile. Essere separati in Italia non è certamente facile. Se poi si è una coppia con figli, la cosa si fa ancora più difficile. E per gli uomini la situazione si complica, tra alimenti, rate del mutuo da pagare e una nuova casa da cercare. Gli equilibristi, nuovo lavoro di Ivano De Matteo, racconta la drammatica storia di Giulio (un sempre bravo Valerio Mastandrea) che a quarant’anni si trova fuori casa.
Giulio ha una vita tranquilla e normale. È il classico italiano medio, con moglie, una casa con mutuo, un posto fisso, un'automobile acquistata a rate, una figlia ribelle ma simpatica che gli vuole bene e un bimbo molto sensibile e sognatore. Giulio ama sua moglie (interpretata da Barbora Bobulova), ma commette un errore: la tradisce con una collega. Lei scopre tutto attraverso gli sms registrati sul cellulare e lo lascia.
La vita di Giulio cambia improvvisamente, prende una piega tale che gli sarà impossibile essere quello di prima. La decadenza è veloce, da una pensionaccia alla stazione Termini finisce ben presto a dormire in macchina e a mendicare un doppio lavoro ai mercati generali. Il film tocca da vicino, perchè racconta qualcosa di reale, perchè coinvolge l'uomo medio, quello che ha un lavoro sicuro (Giulio è impiegato al Comune di Roma), ma la cui esistenza può cambiare radicalmente se si sceglie la strada della separazione. "Meglio restare a casa e magari dormire sul divano", dice un amico a Giulio. Insomma la libertà di scelta non è contemplata in un paese dove una stanza a nero costa 650 euro e i controlli sono totalmente assenti.
Il tema dei padri in difficoltà dopo un divorzio o una separazione è stato affrontato da un recente film, Posti in piedi in Paradiso, di Carlo Verdone, che sceglie i toni della commedia per descrivere comunque la situazione di grave disagio in cui possono cadere alcuni uomini. "Il divorzio è per i ricchi, non per quelli come noi", dice a Giulio un impiegato che lavora nei servizi sociali e in quella Casa dei Papà mai costruita, poichè dal comune sono arrivati i fondi solo per trenta posti letto.
Sacrosante parole che portano alla denuncia sociale attraverso un film dai dialoghi e dalla trama scarna, ma che grazie alla bravura degli attori e alla scelta di alcune scene, riesce a darci uno spaccato della parabola dell'uomo normale. E l'espressione densa di disperazione del protagonista, alla fine del film, la dice lunga.
Gli equilibristi (Italia 2012)
regia: Ivano De Matteo
sceneggiatura: Ivano De Matteo, Valentina Ferlan
attori: Valerio Mastandrea, Barbora Bobulova, Maurizio Casagrande, Rolando Ravello, Rosabell Laurenti Sellers, Grazia Schiavo, Antonio Gerardi, Antonella Attili, Stefano Masciolini, Francesca Antonelli, Damir Todorovic, Daniele La Leggia, Pierluigi Misasi, Paola Tiziana Cruciani
fotografia: Vittorio Omodei Zorini
montaggio: Marco Spoletini
musiche: Francesco Cerasi
produzione: Rodeo Drive, Babe Films
distribuzione: Medusa Film
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di Sara Michelucci
Il dramma di Eluana Englaro e di suo padre Beppino. La spaccatura tra chi vuole tutelare la libertà di scelta (anche di morire) e chi, invece, difende la vita a tutti i costi, anche tenendola attaccata a un respiratore artificiale. È quello che racconta il nuovo film di Marco Bellocchio, Bella addormentata, presentato anche all’ultimo festival di Venezia, ma rimasto a bocca asciutta di premi importanti.
Tante storie si intrecciano tra loro, mettendo in evidenza differenti punti di vista sulla vita e sulla morte, sulla malattia e sul fine vita. Etica e libertà di scelta, si alternano a una morale che ha tutto il dramma dell’integralismo religioso e dell’opportunismo politico. Toni Servillo interpreta Uliano, un senatore, padre di una figlia cattolica e che va a manifestare davanti alla clinica La Quiete dove si trova Eluana.
Uliano, che fa parte del Popolo della Libertà, deve scegliere se votare per una legge che va contro la sua coscienza o se, invece, non votarla e dimettersi, disubbidendo così alla volontà del partito. Maria (Alba Rohrwacher), attivista del movimento per la vita, incontra Roberto (Michele Riondino), che con il fratello è schierato nell’opposto fronte laico. Ma tra i due scocca una scintilla e si innamorano. Una storia che, però, non potrà avere un futuro, perché le spaccature di pensiero e di vita sono troppo ampie.
In una casa che sembra una chiesa, c’è un’altra storia. Quella di una grande attrice (Isabelle Huppert) che cerca nella fede e nel miracolo la guarigione della figlia Rosa, da anni in coma irreversibile, sacrificando il rapporto con il figlio e con l’arte. La ricerca della fede a tutti i costi, quell’aggrapparsi a qualcosa che non possiamo vedere né sentire, ma che sembra dare un conforto, anche illusorio, è un tema che striscia per tutto il film, che fa pensare a quello che la religione è e a quello che non è.
L’ultima protagonista di questo film, che possiamo anche definire corale, è una tossicodipendente. Si chiama Rossa e vuole morire. Tenta il suicidio in tutti i modi, ma in suo aiuto accorre un giovane medico di nome Pallido, che riuscirà a salvarla e a ridarle una nuova speranza.
Il tema dell’eutanasia è affrontato in maniera trasversale da Bellocchio, anche se con meno forza di quella che ci si aspettava. Il rigore registico, soprattutto in alcune scene, resta alto e piace, ma il film non riesce a essere di ampio respiro.
Bella addormentata (Italia 2012)
regia: Marco Bellocchio
sceneggiatura: Marco Bellocchio, Veronica Raimo, Stefano Rulli
attori: Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Pier Giorgio Bellocchio, Maya Sansa, Brenno Placido, Fabrizio Falco, Gian Marco Tognazzi, Roberto Herlitzka, Gigio Morra, Federica Fracassi
fotografia: Daniele Ciprì
montaggio: Francesca Calvelli
musiche: Carlo Crivelli
produzione: Cattleya; in collaborazione con Rai Cinema
distribuzione: 01 Distribution
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di Sara Michelucci
Napoli torna nuovamente a essere il palcoscenico degradato e difficile scelto per il film di Leonardo Di Costanzo, L’intervallo. Con essa, coprotagonista è la camorra, la piaga che lo stato non riesce a guarire. In un enorme edificio abbandonato, una ragazza e un ragazzo sono tenuti prigionieri, ma per ragioni differenti. La sedicenne Veronica ha fatto un torto al boss del suo quartiere, mentre Salvatore, che non c’entra niente con la malavita, è stato costretto a forza a fare da carceriere.
Veronica è sicura di sé, è bella e non ha paura di quello che può accadergli, tanto da risultare anche sfacciata agli occhi dei camorristi che la tengono in quel luogo deserto. Salvatore è completamente diverso da lei. Lui è timido e goffo e non ha saputo sottrarsi al volere dei malviventi che controllano la sua vita e quella dei suoi concittadini. Ma per lui questa è un’umiliazione. Non avrebbe mai voluto essere il carceriere di un’altra esistenza. Ma si trovano ora in questo luogo, che fa paura, ad attendere insieme la punizione che Veronica, secondo i camorristi, merita.
Quello di Di Costanzo è un cinema verità, che mostra i lati più brutali dell’Italia e di una regione in particolare, la Campania, che tra l’altro gli ha dato i natali. Ma lo fa senza essere banale, senza cavalcare luoghi comuni o cliché, ma cercando di narrare, ed entrare, nella mentalità della Camorra, in quella volontà tipica dei clan di tenere la popolazione schiacciata e senza occasioni.
Il film è piaciuto molto al Festival di Venezia, aggiudicandosi numerosi applausi. Il regista, che si divide tra Parigi e Napoli, è conosciuto in Francia per i diversi documentari che ha girato e che gli hanno regalato diverse soddisfazioni. Il tocco del documentario si evince anche in questa pellicola, ma non risulta essere pesante, né tanto meno predominante. La bravura registica sta proprio nel riuscire ad aprire un varco su questioni che sono sotto gli occhi di tutti, ma che spesso vengono celate, scegliendo il punto di vista di queste due giovani vite.
Di Costanzo entra così nel cerchio fatto da altri bravi registi come Paolo Sorrentino o Matteo Garrone che hanno saputo raccontare dinamiche e situazioni di un posto d’Italia tanto affascinante quanto brutalmente leso da un cancro, le cui metastasi continuano inevitabilmente a propagarsi.
L’intervallo (Italia 2012)
regia: Leonardo Di Costanzo
sceneggiatura: Maurizio Braucci, Mariangela Barbanente, Leonardo Di Costanzo
attori: Alessio Gallo, Francesca Riso, Salvatore Ruocco, Carmine Paternoster
produzione: Tempesta e ANKA Films in collaborazione con Rai Cinema
distribuzione: Cinecittà Luce
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di Sara Michelucci
Aaron Cross è un nuovo agente segreto uscito da un programma di addestramento che lo ha reso una perfetta macchina da guerra: le sue azioni avranno delle conseguenze dirette su quanto mostrato nei capitoli precedenti. L'illegale programma medico e di addestramento che ha generato i superagenti, l'operazione Blackbriar, sta per essere rivelato all'opinione pubblica, dopo che l’ex agente Jason Bourne ha aperto il vaso di Pandora al termine di The Bourne Ultimatum.
I servizi segreti americani vogliono così fare pulizia e mirano ad eliminare gli agenti come Bourne e i laboratori in cui i farmaci necessari al programma sono stati prodotti. L’operazione condotta dal colonnello Eric Byer (Edward Norton) trova però uno freno davanti al ribelle Aaron Cross (Jeremy Renner), che non vuole essere fermato e che scappando coinvolge nella fuga la scienziata Marta Shearing (Rachel Weisz).
The Bourne Legacy, per la regia di Tony Gilroy è il quarto film della serie cinematografica tratta dai romanzi di Robert Ludlum e Eric Van Lustbader. Gilroy dirige il film, dopo aver sceneggiato i primi tre film della serie. Jeremy Renner veste i panni del protagonista, affiancato da Rachel Weisz, Edward Norton, Joan Allen e Oscar Isaac.
Quest’ultimo capitolo è molto più “semplificato” a livello di trama rispetto ai precedenti, con una suspense che viene fuori non tanto dalla storia, quanto piuttosto dalle azioni altamente pericolose a cui sono sottoposti i protagonisti, che rischiano la vita affrontando di scena in scena diverse minacce. Nonostante ci si aspettasse uno sforzo maggiore a livello registico, nell’insieme il film funziona e sembra coinvolge lo spettatore. Inoltre crea una nuova tipologia di agente, molto diversa da quella a cui siamo stati abituati con film come James Bond o Mission impossible, dove la personalità del protagonista aveva un peso essenziale e decisivo. In questo caso, i protagonisti sono quasi dei “fantasmi” che hanno il solo scopo di mandare avanti l’azione.
Travagliate non solo le scene filmiche, ma anche la produzione della pellicola. Ricordiamo, infatti, che dopo la dichiarazione di Paul Greengrass di non voler dirigere un ulteriore capitolo della saga, c'è stato l’abbandono del protagonista Matt Damon. La regia è così stata data in mano a Tony Gilroy, già sceneggiatore degli episodi precedenti e quindi profondo conoscitore delle ambientazioni del film, e il ruolo principale è stato offerto a Jeremy Renner, che interpreta tuttavia un personaggio diverso da quello di Jason Bourne.
The Bourne Legacy (Usa 2012)
regia: Tony Gilroy
sceneggiatura: Tony Gilroy, Dan Gilroy
attori: Jeremy Renner, Rachel Weisz, Edward Norton, Joan Allen, Albert Finney, Oscar Isaac, Scott Glenn, Stacy Keach, Corey Stoll
fotografia: Robert Elswit
montaggio: John Gilroy
musiche: James Newton Howard
produzione: Captivate Entertainment, Universal Pictures
distribuzione: Universal Pictures
paese: USA 2012
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di Sara Michelucci
La scelta di un nome può causare una serie di situazioni tragicomiche ed è il quid che dà inizio alla storia. È quello che accade nel film franco-belga, Cena tra amici, dei registi Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte. Vincent, un quarantenne agente immobiliare, è invitato a cena dalla sorella Elizabeth e dal cognato Pierre. In attesa dell’arrivo della moglie Anne, perennemente in ritardo, Vincent si trova al centro dell'attenzione poiché i due stanno per avere un bambino. La cena procede con tranquillità finché non si tocca l'argomento del nome del nascituro.
Durante la cena, a cui partecipa anche un vecchio amico d’infanzia, Claude, musicista classico che suona in un’orchestra, viene chiesto al neo papà quale sarà l'atteso nome e il ragionamento col quale Vincent risponde scatena una discussione, che inizialmente è garbata e convenzionale, ma che ben presto sfocerà in una serie di equivoci e rivelazioni inaspettate anche sul passato dei partecipanti alla cena, che di certo non dimenticheranno un incontro del genere.
Si rivela azzeccata la scelta di pensare l’intero film in un unico scenario: quello della cena, appunto. Tutto si svolge senza uscire di casa e si mette in evidenza come il confronto e il contatto diretto tra le persone possa poi portare a situazioni in cui si lasciano da parte le buone maniere e si rivelano le vere personalità dei convitati.
Come è successo con il bel film di Roman Polansky, Carnage, dove però l’incontro-scontro avviene tra persone che non si conoscono tra loro. Qui non è così. In questo caso ci sono legami di parentela e di amicizia, c’è una conoscenza pregressa che mette ulteriore “pepe” a tutto il contesto.
L'uso delle parole, i toni che si esasperano, i tempi ben articolati, non nascondono, ma anzi mettono in evidenza, come il film prenda spunto proprio da un testo teatrale. Non mancano poi ritmo e colpi di scena, che lo rendono un film piacevole e interessante. E il cinema francese, ancora una volta, centra il segno.
Cena tra amici (Belgio, Francia 2012)
regia: Alexandre de la Patellière, Matthieu Delaporte
sceneggiatura: Matthieu Delaporte
attori: Patrick Bruel, Valerie Benguigui, Charles Berling, Guillaume De Tonquedec, Judith El Zein, Françoise Fabian, Miren Pradier
montaggio: Célia Lafitedupont
musiche: Jérôme Rebotier
produzione: Chapter 2, Pathé, TF1 Films Prod
distribuzione: Eagle Pictures