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di Sara Michelucci
Una vita semplice, tranquilla, scandita dal lavoro e dall'amore per Laura. Paterson è il protagonista del nuovo film di Jim Jarmusch. Un ragazzo semplice, che guida l'autobus nell'omonima città del New Jersey e segue sempre la stessa routine: si sveglia con Laura, fa il solito percorso con l'autobus, osserva la città che vede scorrere all'esterno del parabrezza e ascolta pezzi di conversazione dei passeggeri.
La cosa che più lo caratterizza è lo scrivere poesie. Una vera e propria passione, che però Paterson tiene per sé, nonostante la sua ragazza lo spinga a pubblicare una raccolta. Nello stile della sua scrittura 'pacata' e 'senza pretese' si evince qual è il suo approccio alla vita.
Scrive della nuova marca di fiammiferi, ma anche del suo amore per Laura e l'allusione a Petrarca è presto fatta. Quest'ultima è, invece, alla ricerca di un cambiamento. Non sa bene quale sia la sua vera arte: se sfornare cupcake, dipingere tessuti o diventare una cantante country.
Il suo universo, al contrario di quello del compagno, cambia in continuazione. I due sono molto diversi e spesso si percepisce una certa dissonanza. Ma si amano e questo è quello che conta. Lui appoggia le ambizioni di Laura e lei incentiva la sua passione per la poesia.
Il registro scelto dal regista di Broken flowers è decisamente accurato e lento, quasi ad osservare quelli che sono i successi e le sconfitte di tutti i giorni. Il tutto contornato da versi poetici che segnano tutto il percorso narrativo, fino all'epilogo, dove qualcosa dovrà essere ricostruito e, forse, ripensato.
Paterson (Usa 2016)
REGIA: Jim Jarmusch
ATTORI: Adam Driver, Golshifteh Farahani
SCENEGGIATURA: Jim Jarmusch
FOTOGRAFIA: Frederick Elmes
MONTAGGIO: Affonso Gonçalves
MUSICHE: Sqürl
PRODUZIONE: Amazon Studios, K5 Film.
DISTRIBUZIONE: CINEMA di Valerio De Paolis.
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di Sara Michelucci
Una storia di spionaggio e passione quella proposta sul grande schermo dal regista Robert Zemeckis nel film Allied - Un'ombra nascosta. Un cast decisamente importante, con Brad Pitt e Marion Cotillard che vestono i panni di Max Vatan e Marianne Beausejour. Sono due spie assassine, in missione segreta a Casablanca nel1942 per uccidere l'ambasciatore tedesco.
Occasione per innamorarsi e, dopo essere tornati a Londra, convolare addirittura a nozze.
Ma la loro storia si interrompe quando Max Vatan scopre un segreto terribile sul conto della moglie. Una relazione minacciata anche dalle estreme pressioni della guerra.
Il film dosa bene il contesto storico con la costruzione dei personaggi, riuscendo così a conferire maggiore credibilità alla narrazione, che non resta vuota di significato e anche la stessa relazione amorosa risulta maggiormente densa di senso.
Ma allo stesso tempo, il regista, crea volutamente una serie di illusioni che sono al tempo stesso delle disillusioni dello spettatore verso un certo cinema. L'intento, infatti, non è quello di riprodurre i fatti storici così come sono, ma di giocare con la storia, mostrando la sua caducità e la sua ciclicità al tempo stesso.
Certo manca un po' quella spinta innovativa a cui il regista di Ritorno al futuro ci ha abituati, ma il cast scelto risulta vincente e la coppia Pitt- Cotillard funziona decisamente bene.
Allied – Un'ombra nascosta (Usa 2016)
REGIA: Robert Zemeckis
ATTORI: Brad Pitt, Marion Cotillard, Lizzy Caplan, Matthew Goode, Raffey Cassidy, Charlotte Hope, Jared Harris, Marion Bailey
SCENEGGIATURA: Steven Knight
FOTOGRAFIA: Don Burgess
MONTAGGIO: Mick Audsley, Jeremiah O'Driscoll
MUSICHE: Alan Silvestri
PRODUZIONE: GK Films, Paramount Pictures
DISTRIBUZIONE: Universal Pictures Italy.
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di Sara Michelucci
La casa per bambini speciali di Miss Peregrine è il luogo dove Jake si ritrova, grazie agli indizi su un mistero che attraversa mondi e tempi alternativi, lasciati al ragazzo dal nonno dopo la sua morte. Un vero e proprio luogo magico quello creato da Tim Burton per il suo nuovo film, Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali.
Il regista di Edward Mani di forbice e Alice nel Paese delle meraviglie punta tutto sui poteri speciali degli abitanti della casa, per creare una narrazione basata sul mistero e che incuriosisce fin dall'inizio.
Come sempre è puntuale la descrizione dei vari personaggi che il regista mette in scena, tutti con una peculiarità che li contraddistingue. Come Emma, una ragazza leggera più dell'aria, tanto da dover indossare delle scarpe di piombo per rimanere al suolo; poi ci sono i gemelli, il ragazzo invisibile, una bambina dalla forza di dieci uomini, una che fa crescere le piante, un'altra che sa controllare il fuoco, un ragazzo che sa dar vita a qualsiasi cosa e una bambina che ha una enorme bocca con denti affilati dietro la nuca.
Jake, però, viene a scoprire che c'è un terribile pericolo che corrono i bambini dopo aver visitato Victor, il fratello di una delle bambine, ucciso dalla stessa cosa che ammazzò suo nonno, un Vacuo. Si tratta di una creatura con lunghi tentacoli, alta e stilizzata che uccide e mangia gli occhi di questi bambini speciali. Alla fine scoprirà che solo la sua 'caratteristica' principale potrà salvare i suoi nuovi amici.
Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali (Usa 2016)
REGIA: Tim Burton
ATTORI: Eva Green, Asa Butterfield, Samuel L. Jackson, Ella Purnell, Chris O'Dowd, Allison Janney, Terence Stamp, Judi Dench
SCENEGGIATURA: Jane Goldman
FOTOGRAFIA: Bruno Delbonnel
MONTAGGIO: Chris Lebenzon
MUSICHE: Michael Higham, Matthew Margeson
PRODUZIONE: Chernin Entertainment, Tim Burton Productions.
DISTRIBUZIONE: 20th Century Fox.
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di Liliana Adamo
Prodotto da Leonardo Di Caprio, presentato in anteprima mondiale su Netflix, il 4 novembre scorso, The Ivory Game vanta due registi d’eccezione, Kief Davidson e Richard Ladkani, i quali hanno dovuto garantire per contratto, d’essere in grado a “gestire” e “contenere” tutto ciò che sarebbe loro “piovuto addosso”, letteralmente. Per esempio, inseguire elefanti e bracconieri in Africa, girare sotto copertura a Hong Kong, sottrarsi a un arresto a Pechino (dove il film non sarà proiettato).
Girato sotto copertura, in alcune circostanze rischiando di persona, The Ivory Game è un film documentario diverso da tutti gli altri. Novanta minuti di proiezione sprigionano un thriller mozzafiato con l’intento d’informare, educare sul commercio illegale dell’avorio. I protagonisti sono persone reali con nomi e cognomi, o nickname fittizi (in maggioranza), per questioni legate alla segretezza.
Sì perché, quest’enorme affare si snoda attraverso una potente, cosmopolita associazione per delinquere che alla stregua di tutte le mafie necessita d’informatori, di una fitta rete di spionaggio fino a penetrare nei meandri di un ingranaggio infernale.
Tutto ha inizio tre anni fa, quando i due amici documentaristi cominciano a riflettere su un articolo apparso sul New York Times, stralci di un’inchiesta che spiegava in cosa consiste l’estinzione delle specie; fra queste, i pachidermi che decrescono a ritmo vertiginoso nei grandi parchi nazionali del continente africano e in Asia: “Mentre leggete, esattamente allo scadere d’ogni tre minuti della vostra esistenza, un elefante sarà ucciso. Un elefante ogni tre minuti…”.
Si buttano a capofitto su un progetto che si pensava impossibile, senza neanche intuire quale intensa avventura sarebbe stata creare in un film straordinario: l’uccisione in massa degli elefanti per foraggiare il mercato illecito dell’avorio, testimonianza di realismo crudo, onestà e allo stesso, modo, di spettacolo e suspense. Per l’intera durata del film, lo spettatore resta inchiodato in un thriller adrenalinico, chiedendosi alla fine, non chi sia l’assassino ma se gli elefanti riusciranno a sopravvivere.
Quale spinta migliore, comunicativa e potente, per indirizzare, convincere e sensibilizzare persone comuni in tematiche difficili ma indispensabili a salvare la vita selvatica sul nostro pianeta? The Ivory Game è anche la storia di persone coraggiose e incorruttibili che ogni giorno mettono a repentaglio la propria incolumità pur d’evitare la morte degli ultimi elefanti superstiti.
Per il suo concreto contenuto di denuncia, questo film non è un reality show: i suoi “attori” sono stati davvero a rischio e lo sono tuttora; hanno indagato per le strade di due continenti, svelando gli intrecci di un quotidiano import-export sull’avorio e sul sangue degli animali uccisi.
Se un singolo evento legato al concetto di “spettacolo” ha avuto un suo impatto, per i due registi la risposta è sì: “Il film ha attirato l’attenzione per moltissime associazioni che operavano separatamente su una situazione al massimo della criticità e le ha unite, cercando strategie comuni per combattere la piaga del bracconaggio. Rendere possibile il maggior effetto globale, ci soddisfa per ciò che abbiamo fatto, nonostante i pericoli…”.
Degli antichi proboscidati soltanto due specie sono sopravvissute: gli elefanti africani (i più grandi mammiferi terrestri), con zanne d’avorio che arrivano a due, tre metri di lunghezza e quelli in Asia meridionale (Iran, Cina, Indonesia, India), di dimensioni più contenute, di cui soltanto gli esemplari maschi hanno le zanne.
Il bracconaggio si concentra soprattutto in Africa; il numero degli elefanti uccisi è impressionante, circa 20.000 ogni anno. Nei territori asiatici è la deforestazione causa di un’estinzione senza pari nella storia faunistica del nostro pianeta. Parte degli habitat è fuori dai territori protetti; con il rapido incremento dell’insediamento umano, interi territori sono strappati alla vita degli animali per impiantarvi attività agricole, urbanizzazione selvaggia.
Come in tutti i casi in cui si genera uno scompenso nelle leggi di natura, l’abbattimento dei grandi pachidermi rileva un’alterazione demografica nelle popolazioni esistenti. In molte riserve vi rimane soltanto un maschio adulto per ogni cento femmine, ciò vuol dire che meno di un terzo di queste, sarà accompagnata da un piccolo.
Il mercato legato all’avorio è stato chiuso nel 1989 tentando, quindi, di fermare l’orribile tratta. Nel 2007 Sudafrica, Namibia, Botswana e Zimbabwe, ottennero dalla Cites (organizzazione mondiale che regola i prodotti provenienti da specie a rischio e la loro presenza sulle compravendite internazionali), la possibilità di liquidare alla Cina, l’avorio “legale” accumulato negli stock in vent’anni di moratoria.
Fu esattamente questa concessione a dare il via libera a bracconaggio e mercato nero. In una micidiale speculazione, si diede inizio al fattore numero uno che alimenta una strage senza limiti, annientando la fauna selvatica fino a provocarne la completa estinzione. Paradossalmente, la scomparsa degli elefanti è fortemente voluta dalle stesse organizzazioni criminali, perché è così che si regge il mercato nero dell’avorio, con il prezzo che schizzerà alle stelle.
Privi di una vera e propria sceneggiatura, girando con una pletora GoPro, telecamere spia, droni, videocamere cinematografiche, in un ritmo forsennato tra minacce, riprese “illegali”, azzardi d’ogni genere, ogni volta fuggendo da quei Paesi che li avrebbero arrestati un momento prima, i due registi di The Ivory Game hanno creato un documentario “epico”.
Lo scopo di “salvare gli elefanti”, è stato un incubo introiettato fino all’ultimo “ciak”: “La cosa migliore che puoi trovare in documentari come questo è che elimina il discorso unico. Si apre un mondo di complessità che non risolvi con un tweet, o non puoi discutere con un tweet…”.
E The Ivory Game, come Eagle Huntress (diretto da Otto Bell) e Before the Flood dello stesso Di Caprio, fanno questo, aprono delle sfide. Sono film d’alta qualità con nomi d’alto profilo che amplificano problemi complessi sulla salvaguardia del pianeta.
Spettacolarizzandoli li fanno conoscere a tutti, accendono una miccia nella coscienza collettiva: un intento su cui scommettere, capitalizzare la cultura, i mezzi di comunicazione, raggiungere il pubblico più vasto ed eterogeneo, salvare gli animali, noi stessi, dall’estinzione.
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di Sara Michelucci
Ha tutta la forza del non detto, delle parole ricacciate in gola e delle frasi balbettate e lasciate a metà, il nuovo film di Xavier Dolan, È solo la fine del mondo. Una pellicola dove al centro, ancora una volta come in Mommy, ci sono i rapporti familiari. Quelli puri, difficili da gestire, ma densi di sentimenti contrastanti.
Il giovane Louis si è lasciato alle spalle il suo passato e la sua famiglia per inseguire il suo sogno: diventare un drammaturgo di successo. Ma dopo aver scoperto di essere malato e di avere ancora poco da vivere, decide di rivedere, dopo dodici anni, sua madre e i suoi fratelli, per comunicargli che dovrà morire.
Il ritorno nel suo paese natale non è certo facile. La lontananza si è fatta sentire e si percepisce in ogni gesto e in ogni paura dei vari componenti della famiglia, ma anche nella perdita del ragazzo amato in gioventù. La madre, Martine, una donna eccentrica ma profonda, si mette nervosamente ai fornelli per prepararsi al meglio per il suo bambino. Ma si evince tutta la sua inadeguatezza dovuta a questo ritorno inaspettato.
In Antoine si riaccende la fiamma della gelosia verso quel fratello realizzato e sempre al centro dell'attenzione dei genitori; la sorella minore Suzanne lo accoglie a braccia aperte, anche se quasi non lo conosce e prova un forte senso di abbandono; la cognata Catherine, insicura al punto tale da da balbettare, cerca di intrecciare un rapporto con lo sconosciuto cognato, ma è solo il pretesto per far innervosire suo marito. Sarà Martine quella che spingerà per un ritorno del dialogo fra i componenti della sua famiglia, ma forse qualcosa si è inevitabilmente interrotto.
La forza del lavoro di Dolan sta proprio nella capacità di andare in fondo ad ogni singolo personaggio, di mostrarne i lati più nascosti, quelle paure e nevrosi che fanno scatenano la lotta all'interno del gruppo familiare, dove sono gli istinti più incontrollabile a venire a galla. E anche i sentimenti più puri, spesso, non ce la fanno ad avere la meglio.
È solo la fine del mondo (Canada, Francia 2016)
REGIA: Xavier Dolan
ATTORI: Léa Seydoux, Marion Cotillard, Vincent Cassel, Gaspard Ulliel, Nathalie Baye
SCENEGGIATURA: Xavier Dolan
FOTOGRAFIA: André Turpin
MONTAGGIO: Xavier Dolan
MUSICHE: Gabriel Yared
PRODUZIONE: Sons of Manual, MK2 Productions, Téléfilm Canada
DISTRIBUZIONE: Lucky Red