- Dettagli
- Scritto da Administrator
di Fabrizio Casari
Le dimissioni annunciate alla fine della partita sono probabilmente la scelta migliore di Cesare Prandelli nel complesso del Mondiale brasiliano. Scelta non consueta in Italia quella delle dimissioni, ma difficilmente avrebbe potuto sorvolare e tirare dritto. Prandelli si è rivelato persona assolutamente perbene ma sopraffatto da una sfida molto, troppo più grande di lui. Forse proprio per questa inadeguatezza complessiva ha pronunciato, nel lasciare, parole senza senso.
In uno sfoggio di vera e propria mania di persecuzione, l’ormai ex CT si è detto aggredito dalla stampa (ma in realtà è solo Libero ad averlo criticato apertamente, e tutti sanno lo stile che caratterizza il fogliaccio e chi vi scrive) mentre la grande stampa italiana lo ha sostenuto, approvato, addirittura incensato oltre ogni pur comprensibile eccesso pallonaro nazionalista. Persino nel tacere del suo famoso “codice etico” altalenante, applicato solo per alcuni e non per altri.
Più che drammatico è risultato comico il passaggio dove Prandelli afferma di pagare le tasse, dimenticando che non solo non è l’unico ma che, essendo assunto dalla FIGC, non potrebbe evaderle neanche volendo. Toni e frasi che sembrano confermare - in un momento poco indicato - il difetto di postura fin qui evidenziato: Prandelli si sente una sorta di guida morale, un dispensatore di valori etici. Il che, oltre ad essere tutto da dimostrare, non rientra nei requisiti richiesti ad un CT della Nazionale di calcio.
Al quale, giova ricordarlo, si chiedono invece cose più terrene. Tipo selezionare il meglio dei giocatori italiani a disposizione; dare un gioco efficace ed un assetto tattico ben delineato ed insieme elastico nella sua applicazione alla squadra; riuscire a trasformare un gruppo reduce dai veleni dei campionati in un gruppo coeso e vincente; trovare le soluzioni migliori nei momenti di difficoltà; esaltare le qualità e ridurre al minimo i difetti della compagine; saper leggere l’andamento delle partite ed eventualmente approntare le modifiche giuste al momento giusto.
Ebbene, nel corso dell’avventura mondiale Prandelli ha dimostrato di non possedere nessuna di queste caratteristiche. Proviamo a verificarlo? Il dato di partenza è l’idea di gioco che sottintende alle convocazioni: prima di entrare nel merito dei nomi scelti, va evidenziato come su un gruppo di 23 giocatori, solo due siano le punte, dal momento che sia Candreva, sia Cerci, sono due esterni non propriamente prolifici e lo stesso Balotelli è da considerarsi come una seconda punta e non un centravanti vero e proprio (stesso discorso vale per immobile). E se si decide di portare solo due punte, entrambe prive di spessore internazionale e nessun centravanti, non è strano che in tre partite l’Italia abbia tirato in porta cinque (!) volte. Si pensava di dover collezionare pareggi?
Pensare di vincere senza segnare è difficile, e credere che a mettere la palla in rete ci pensino seconde punte e centrocampisti significa trasformare una opzione di gioco secondaria in quella principale. Una delle coppie migliori del campionato, quella formata da Immobile e Cerci, non siamo riusciti a vederla. E sentir dire che l’infortunio di Montolivo abbia sconvolto i piani del CT fa cadere le braccia. Montolivo?? Montolivo è un discreto centrocampista che non cambia in positivo o in negativo il volto di nessuna squadra. Ma di chi stiamo parlando, di Xavi o Iniesta? Ma vogliamo scherzare? Per quanto riguarda i nomi è apparso francamente assurdo ignorare i verdetti del campionato appena concluso, dove Toni, Gilardino e Destro hanno collezionato un numero di gol decisamente superiori di quelli messi a segno da Balotelli.
Per non parlare di Totti, unico fuoriclasse italiano, lasciato a casa per limiti di tenuta fisica: motivazione che non convince, dal momento che Thiago Motta e Cassano sono di gran lunga inferiori tecnicamente e anche sotto il profilo atletico al fuoriclasse giallorosso. Motta e Cassano non correvano nemmeno tre anni fa in un campionato giocato in inverno: come si può pensare che corrano oggi e a 34 gradi con il 90% di umidità?
E davvero Florenzi, uno dei migliori centrocampisti per qualità e quantità, non sarebbe stato fondamentale in mezzo al campo? E perché mettere Pirlo e Verratti insieme, visibilmente a limitarsi reciprocamente, salvo scoprire che almeno il regista del PSG ha polmoni e tecnica persino ormai superiori a quelli di Pirlo che cammina per il campo?
Un centrocampo che avesse avuto Verratti insieme a De Rossi, Florenzi, Marchisio e Parolo come rimpiazzo, avrebbe certamente corso di più e meglio, altro che tiki-taka inutile. Ed un attacco con Toni o Gilardino o Destro, Cerci e Immobile avrebbe rappresentato ben altra minaccia, soprattutto se dotato di Totti come ulteriore opzione di lusso. E resta l’evidenza di come, incomprensibilmente, nelle due occasioni in cui l’Italia è finita in svantaggio siano uscite le punte in favore delle mezze punte. Fallo di confusione?
In difesa è sfuggito il senso della presenza di De Sciglio, infortunato cronico, che avrebbe dovuto, nell’ipotesi di partenza, giocare ipoteticamente 9-10 partite in un mese. Pasqual dava certo più garanzie di tenuta e vedere lui a casa e Abate in Nazionale è sembrato un paradosso. Ancor più incomprensibile risulta la scelta del disastroso Paletta al posto di Ranocchia: l’interista avrebbe potuto dirottare Chiellini sulla fascia e, insieme a Bonucci, guidare centralmente la difesa, considerato che gli anni giocati insieme avevano mostrato l’efficacia assoluta della coppia ex-Bari.
Fin qui le scelte degli uomini. Ma anche sotto il profilo tattico il disastro è stato totale. In primo luogo perché il modello di gioco degli ultimi due anni, pure positivo, è stato immediatamente accantonato in favore di una continua rivisitazione; in tre partite, abbiamo visto tre modi diversi di stare in campo e nessuno adeguato. Sembra poi che a guidare le scelte sia stato il meteo. Esaltare qualità e occultare i difetti, si diceva, ma l’idea per la quale con quelle temperature non si possa correre, è negata dalle altre compagini che corrono eccome (europee comprese).
E in fondo nascondono un convincimento errato, che vede i nostri giocatori superiori tecnicamente anche se inferiori agonisticamente. Si ritiene quindi conveniente addormentare il gioco per far prevalere la tecnica sull’agonismo. Ma la povertà tecnica della compagine italiana è sotto gli occhi di tutti e s’accoppia bene con quella agonistica.
L’idea di poter far giocare la squadra senza correre è stata funzionale solo per i “senatori” ed è stato l’errore fatale. Diversamente che negli scacchi, a calcio si gioca con il fisico e la testa, sì, ma soprattutto con le gambe e la corsa. Se quelli che si vogliono portare al mondiale si pensa non siano in grado di correre, meglio lasciarli a casa. Ma poi, coerentemente, se si lasciano a casa Totti, i Toni, i Gilardino, i Giuseppe Rossi perché ritenuti fisicamente non in grado di affrontare la maratona pedatoria, si sostituiscano però con Florenzi, Giaccherini, Diamanti, Gabbiadini; non Thiago Motta e Cassano. E’ un’offesa alla logica prima che al calcio.Quanto alla coesione dell’arcinoto “gruppo”, non si è vista. Davvero fuori luogo le parole di Buffon al termine della gara, quando, senza nominarlo, ha voluto indicare in Balotelli il colpevole numero uno. Oltre ad aver allegramente sorvolato sulle sue responsabilità nel gol incassato dal Costa Rica, Buffon ha dimostrato di non aver chiaro cosa sia un capitano. Comodo accusare Balotelli che però in tre partite ha avuto 4 (!) palloni dal celebratissimo Pirlo, così come Immobile ne ha avuto uno solo a giocabile in 95 minuti di partita.
E comodo sorvolare su due rigori procurati da Chiellini e non fischiatici contro solo per carità di patria; o, ancor più, comodo tacere di Bonucci in versione statua di sale di fronte a Godin che liberissimo salta, inzucca e ci manda a casa. Beh, certo, Bonucci è suo amico e compagno nella Juventus, ma la decenza imporrebbe tacere se non si riesce ad essere equilibrati. Si vince e si perde insieme e sarebbe ora che proprio per avviare quel ricambio generazionale di cui il calcio ha bisogno, i senatori fossero accompagnati con un bel grazie all'uscita. Servono come minimo due anni se vogliamo provare a giocare un europeo decente.
Attaccare Balotelli, che nulla fa per riuscire a diventare un calciatore invece che proporsi come una icona dell’idiozia mediatica, è facile. Un bad boy sopravvalutato, certo, ma anche un ragazzo privo di sostegno “politico” contro il quale è facile scagliarsi. Non si possono addossare a Balotelli le sconfitte dopo aver assegnato al gruppo l’unica vittoria (con un suo gol decisivo, peraltro). Un intervento quindi, quello di Buffon, sbagliato nel merito e pessimo nel metodo, considerando che viene dal capitano. Che evidentemente è tale solo per i suoi amici, e Balotelli non lo è, anche per storie passate di campionato a quanto pare difficili da smaltire.
Usciamo da un torneo nel quale nessuna sconfitta patita è sembrata irrimediabile, in ogni partita sembrava si potesse sovvertire il risultato con cambi azzeccati e un modulo giusto. C’è stata però l’incapacità di leggere lo svolgimento delle gare innestando i cambi meno idonei, e questo davvero non è un dettaglio per un CT. E’ divertente ricordare un famoso allenatore argentino che diceva: “Ho preparato perfettamente la squadra sul piano tattico, l’ho schierata in modo perfetto. Purtroppo, poi, l’arbitro ha fischiato e la partita è cominciata”. E il nostro mondiale è finito.
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di Carlo Musilli
Milioni di euro, piattaforme, squadre importanti e squadre minori, diffide e controdiffide, amici, nemici e conflitti d'interessi. E’ una telenovela infinita quella sui diritti tv per la Serie A nel triennio 2015-2018. L’assemblea della Lega non ha ancora deciso se attribuirli a Sky, a Mediaset, a entrambe o a nessuna delle due, ma il flipper che si è visto fin qui basta a suscitare più di qualche perplessità sulla trasparenza degli affari nella Confindustria del pallone.
In principio fu una gara, una normale asta, poi si trattò di scegliere il vincitore e iniziarono i problemi. Come fare? Se il criterio fosse stato quello del miglior offerente, Sky avrebbe già vinto. L’emittente del gruppo Murdoch ha messo sul piatto più soldi del Biscione per ottenere i lotti A e B (357 milioni per il primo e 422 per il secondo), che presi insieme comprendono le partite delle otto squadre più importanti del Campionato su entrambe le piattaforme (satellitare e digitale terrestre).
Mediaset, invece, ha avanzato la proposta migliore per le altre 12 squadre (lotto D), ma i 301 milioni offerti sono vincolati all'aggiudicazione anche di uno dei due pacchetti migliori, A o B. La tv di Berlusconi, quindi, rischia di essere esclusa dal calcio che conta, almeno per quanto riguarda la Serie A, visto che a febbraio si è aggiudicata i diritti per la Champions League nello stesso triennio.
Ma è a questo punto della storia che la trama si complica. Colpo di scena: la Lega ha detto di voler “massimizzare il profitto senza creare un monopolio”, perciò ha aggiunto al bando una clausola che all’inizio non c’era, vietando l'assegnazione allo stesso soggetto dei lotti più pregiati. La postilla ha salvato in corner Mediaset, scatenando la furia di Sky, che ha diffidato formalmente la Lega dall'assegnare i diritti tv fuori dalle regole del bando.
Un’iniziativa accompagnata da una lettera ai presidenti dei club calcistici in cui Sky ha sottolineato di non poter “accettare l'idea che l'assegnazione dei diritti della serie A avvenga secondo principi e ipotesi non regolari e non previste dal bando. La diffida è un passo a cui siamo stati costretti perché crediamo che il rispetto delle regole sia sempre fondamentale e, proprio nel pieno rispetto delle regole, in questa gara noi abbiamo fatto le offerte più alte”.
Siccome la miglior difesa è l’attacco, Mediaset ha reagito con una contro-diffida, sostenendo che la mossa di Sky, arrivata a ridosso dell’assemblea, fosse “un tentativo di condizionare indebitamente le scelte della Lega e delle squadre”. Il Biscione ha accusato la rivale di turbativa d'asta e concorrenza sleale, minacciando di chiedere i danni sia a Sky sia alla Lega in caso di assegnazione congiunta dei pacchetti A e B.
La soluzione concepita da Infront, advisor della Lega, è proprio quella della spartizione. Sennonché, Infront è anche la società che cura il marketing e l’advertising del Milan, società berlusconiana esattamente come Mediaset. Repubblica ha perfino scoperto che lo scorso settembre Sabina Began, gran maestra delle olgettine, è stata assunta da Infront come consulente con uno stipendio di 370mila euro l'anno. Il conflitto d’interessi è macroscopico e ogni commento è inutile. Ma i sospetti non finiscono qui. La Lega Calcio, evidentemente angosciata all'idea di danneggiare Mediaset, ha chiesto un parere legale al professor Giorgio De Nova, ex avvocato di Fininvest, il quale ha affermato che non sarebbe possibile assegnare i lotti A e B allo stesso operatore.
Peccato che la legge Melandri dica ben altro: non è vietata l'assegnazione unilaterale di due pacchetti importanti, ma solo la concessione dei diritti tv di tutte le squadre su tutte le piattaforme a un'unica emittente. Peraltro, se si verificasse questa eventualità, l'Antitrust potrebbe intervenire ex post, ma solo su ricorso di una delle parti coinvolte.
In ogni caso, tornando al progetto di Infront, se la soluzione salomonica andasse in porto, si creerebbe un paradosso: Sky avrebbe i diritti per il digitale terrestre e Mediaset quelli per il satellitare. In questo modo, però, la Lega potrebbe incassare anche i 301 milioni offerti dall’azienda dei Berlusconi per il lotto D (proposta, lo ricordiamo, subordinata alla concessione anche di A o B), portando l’incasso complessivo a oltre un miliardo, il 30% in più rispetto a quanto garantito dagli accordi attuali.
A rigor di logica, essendo Sky una pay tv satellitare, dopo l’aggiudicazione ipotizzata da Infront dovrebbe scambiare la piattaforma con Mediaset. Ma l’azienda di Murdoch ha già fatto sapere che “non ci sono né le ragioni né le condizioni per accordi tra gli operatori”. Niente da fare, quindi, anche perché la società ha un accordo con Telecom Italia per trasmettere sul digitale terrestre da ottobre con un decoder unico. Il problema sarebbe quindi di Mediaset, che dovrebbe attrezzarsi per il satellitare.
Lo stallo prosegue e a questo punto è probabile che si vada verso un annullamento della gara, possibilità prevista dal bando in caso di mancata assegnazione anche di un solo pacchetto. La Lega e Infront si sono tenute aperta questa porta fissando la base d'asta del lotto E (quello per i diritti internet) a 108 milioni, una quota abbastanza alta per fare in modo di non ricevere alcuna offerta. Chissà se per una prossima (eventuale) gara sceglieranno anche un arbitro meno sospetto.
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di Carlo Musilli
"Se qualcosa può andar male, lo farà", recita la legge di Murphy. Non c'è massima che riassuma meglio la triste spedizione dell'Italia ai Mondiali di Brasile 2014. Con l'Uruguay bastava pareggiare per raggiungere gli ottavi, ma abbiamo perso 1-0. Andiamo a casa per un colpo di testa di Godin su calcio d'angolo all'81esimo. Si salvano solo le dimissioni "irrevocabili" di Cesare Prandelli, che - pur essendo fresco di rinnovo - ha tratto con serietà le conseguenze dei propri errori. Di rimando (e per fortuna) si è dimesso anche il presidente della Figc, Giancarlo Abete.
A ben vedere, le ragioni della nostra sconfitta sono molte. Mettiamo da parte De Coubertin e cominciamo dall'arbitro. E' innegabile che la svolta della partita di ieri sia stata l'incredibile espulsione di Marchisio a metà del secondo tempo, cacciato dal direttore di gara (che era a un metro) per un normalissimo contrasto di gioco. Vedere della violenza gratuita nel gesto del centrocampista azzurro - che tocca con il piede il ginocchio dell'avversario cercando di frapporsi fra lui e la palla - vuol dire non avere idea di come si muovano i giocatori su un campo da calcio. La frittata si completa qualche minuto dopo, quando Suarez dà un morso, un morso vero, sulla spalla di Chiellini. Il fuoriclasse della Celeste non è nuovo a follie del genere, ma stavolta è fortunato. Lo hanno visto tutti, tranne arbitro e guardalinee.
Il secondo fattore a spiegare la nostra eliminazione, ma non per importanza, è l'inesperienza di Prandelli, che non si è dimostrato all'altezza del suo compito. E' vero, ha delle attenuanti - dall'infortunio di Montolivo nell'ultima amichevole pre-partenza, al forfait di De Rossi prima dell'ultima partita - ma nessuna è sufficiente a giustificare la confusione che alberga nella mente del nostro ct, né la sua incapacità di leggere le partite.
Contro il Costa Rica avevamo bisogno di un centrocampo veloce e ci siamo sorbiti la fisicità lignea di Thiago Motta. Ieri dovevamo affrontare una partita muscolare, e abbiamo giocato senza nessuno a fare interdizione. Tenere alta la squadra è la regola numero uno in questi casi, ma nella ripresa Balotelli viene sostituito da Parolo, che peserà 20 chili meno di lui. Prandelli leva SuperMario perché teme si faccia espellere (era già ammonito), sennonché, quando anche Immobile deve uscire zoppicante, il nostro allenatore si ritrova a dover mettere Cassano. Difficile immaginare un innesto più inutile contro gli energumeni uruguayani.Il terzo fattore per cui diciamo addio ai campi brasiliani è certamente il più decisivo: abbiamo giocato male. Malissimo contro il Costa Rica, molto male contro l'Uruguay. La vittoria d'esordio contro l'Inghilterra ci aveva illuso, ma il Subbuteo di Roy Hodgson, dobbiamo ammetterlo, ci aveva regalato molto. Nelle ultime due partite non c'è stato raccordo fra centrocampo e attacco: di tiri in porta nemmeno l'ombra, nessun inserimento, zero sovrapposizioni sulle fasce. Solo tanto caos nel nostro centrocampo intasato.
Una carenza di idee figlia anche della schizofrenia tattica di Prandelli, che ha cambiato modulo in continuazione, come niente fosse, senza dare ai nostri giocatori nessuna certezza, nessun punto di riferimento, nessun automatismo. Senza contare che non abbiamo tenuto nemmeno a livello atletico, dimostrandoci palesemente inadeguati nei polmoni e nei muscoli.
Infine, è mancata anche un po' di grinta. Un deficit scontato più nella seconda che nella terza partita, ma comunque mortifero. La squadra non aveva personalità, né esperienza sufficiente per gestire un torneo come questo. Il fatto che un bambinone come Balotelli abbia ricevuto l'investitura del leader la dice lunga sulla nostra lucidità. Ora che tutto è finito, in ogni caso, avremo il tempo per tornare padroni di noi stessi, se non del campo. Guardiamo il lato positivo: potremo anche rilassarci con un po' di tennis. Lunedì è cominciato Wimbledon.
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di Antonio Rei
Sconfitti nei polmoni e nella testa. La Costa Rica ci batte con merito, seppur di misura, e incredibilmente è già sicura di approdare agli ottavi, Cenerentola di un girone in cui i suoi avversari contano sette Coppe del Mondo in tre. L'errore da cui imparare non è tanto quello di Barzagli e Chiellini, che al 44esimo si perdono Ruiz in area, lasciandolo libero di colpire di testa e insaccare il gol partita.
Il nostro fallimento è prima di tutto nell'approccio: all'inizio spaventati di sbagliare, alla fine ansiosi di recuperare. A livello atletico i sudamericani ci surclassano nettamente per tutta la partita. Corrono al doppio della velocità, palleggiano con brillantezza, cercano giocate semplici ma efficaci. E picchiano il giusto, anche grazie a un arbitro di manica larga (che però salva anche noi, evitando di fischiarci un rigore contro).
Lentissimi, macchinosi, prevedibili e imprecisi, gli azzurri perdono una valanga di palloni. Non solo nel tentativo di costruire, ma anche in fase di disimpegno, esponendosi ai contropiedi degli avversari. Gli italiani non riescono a reagire, ma l'aspetto preoccupante è che non sembrano nemmeno provarci più di tanto. Anche perché, quando la palla non si perde fra ingorghi e tamponamenti, i nostri finiscono quasi sempre in posizione irregolare: a fine partita i fuorigioco sono addirittura 11.
Merito anche dell'atteggiamento spregiudicato messo in campo dal Costa Rica, che per 90 minuti riesce a tenere altissime le linee di difesa e centrocampo. Una strategia che paga, anche se in teoria basterebbe un semplice inserimento in velocità per bucarli.
A proposito di velocità, magari piazzare un armadio come Thiago Motta in mezzo ai grilli costaricani non è proprio la contromossa giusta. Prandelli se ne accorge, peccato che al suo posto mandi in campo Cassano. Spera nell'invenzione del genio, ma si ritrova solo con uno pseudo-fantasista che inciampa ogni due passi e lancia in avanti un po' a caso.
Nemmeno Balotelli è al meglio: nel primo tempo ha un paio di occasioni abbastanza nitide (le uniche del match per gli azzurri), ma le cicca entrambe. Vicino al nostro ct siede Immobile, che per caratteristiche sembra più adatto di Supermario a smarcarsi fra gli avversari, ma purtroppo non si alza mai dalla panchina.
E' chiaro che in una giornata del genere non si salva nulla e nessuno. Lo stesso Prandelli, molto probabilmente, non farebbe le stesse scelte se tornasse indietro. Per questo gettare la croce addosso a qualcuno in particolare è ingeneroso. Nessuno merita la sufficienza, nemmeno Insigne e Cerci, gli altri due subentrati nella ripresa.
Ci rimane però una nota positiva cui aggrapparci. Se non consideriamo l'obiettivo del primo posto e puntiamo il mirino sulla mera qualificazione, in realtà lo 0-1 è praticamente identico all'1-1, perché l'Uruguay con il Costa Rica ha perso con un gol in più di scarto (3-1). Visto che l'Inghilterra è ancora a 0 punti, in teoria ci basterebbe pareggiare con la Celeste nell'ultima partita.
Ma i nostri prossimi avversari hanno recuperato il loro leader, Luis Suarez, insieme alla fiducia e all'entusiasmo. Noi invece usciamo fortemente ridimensionati da questa seconda partita. Senza contare che, purtroppo, anche l'ultima si giocherà di giorno, e il caldo a quanto pare è una variabile non secondaria in casa azzurri. Per sperare di farcela dovremo portare in campo altri polmoni e, soprattutto, un'altra testa.
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di Carlo Musilli
Non doveva nemmeno giocarla questa partita. Invece scende in campo, Luis Suarez, e piazza una doppietta che stende gli inglesi. L'Uruguay si risolleva dopo la clamorosa sconfitta d'esordio contro il Costa Rica e sale a tre punti. Per i ragazzotti di Sua Maestà, invece, dopo il ko contro l'Italia, questo mondiale sembra ormai finito. La matematica ancora non li condanna, ma ci vorrebbe davvero un miracolo per far riemergere dai loro zero punti i leoni d'Inghilterra, che quest'anno in Brasile hanno fatto la figura dei gattini.
Oggi però è soprattutto di Suarez che si deve parlare. Se lo merita. E' una storia quasi fiabesca quella del Pistolero che spara con gli indici dopo ogni gol. Lo hanno operato al menisco del ginocchio destro il 22 maggio: all'inizio si parlava per lui di Mondiale in fumo, poi si diceva che sarebbe tornato utile solo per l'ultima del girone contro gli azzurri, e chissà con quale efficacia.
La testa calda del Liverpool però stupisce ancora. Non solo recupera la condizione fisica con una velocità da Guinness, ma riesce anche a trasformare la propria squadra. Sopporta la pressione, le aspettative, e in meno di un mese si trasforma da convalescente a man of the match, castigando la squadra del Paese dove gioca.
A onor del vero, gli inglesi ci mettono del loro. Lenti, macchinosi, mal messi in campo e soprattutto svogliati, gli uomini di Hodgson per almeno un'ora non riescono a vincere un solo contrasto di gioco, surclassati dal tradizionale agonismo uruguaiano.
La prima rete della Celeste è un capolavoro: dal limite dell'area Cavani finta il cross, poi lo lascia partire con una traiettoria tesa e chirurgica, che la testa di Suarez - incredibilmente libero - indirizza in diagonale sul palo lungo.
Ci si aspetta a quel punto una reazione degli inglesi, ma è davvero poca cosa. Non sanno costruire gioco, Gerrard è l'ombra di se stesso e la palla viene spedita in avanti a casaccio, con una pioggia di lanci lunghi. Peccato che non ci sia nessuno a fare da sponda, visto che Rooney - chissà perché - viene relegato dal suo ct a fare quasi il mediano, lontano una quarantina di metri dalla porta.Nonostante tutto è lui ad avere le migliori occasioni per l'Inghilterra e nella ripresa, quando ormai la partita sembra in stallo, riesce sorprendentemente a mettere dentro il suo primo gol nella fase finale di un Mondiale. Si tratta di un semplice tap-in, propiziato dall'unica azione davvero buona sulla catena destra di Sturridge e Johnson, che per una volta riescono a evitare le marcature al vetriolo degli avversari.
Per qualche minuto sembra che la partita possa davvero girare. Vuoi vedere che agli inglesi riesce il miracolo? Macché. Palla lunga e imprecisa dal centrocampo uruguaiano - dove si affollano solo sicari con i piedi ruvidi -, chiusura disastrosa della retroguardia biancorossa, che consente a Suarez di presentarsi solo davanti a Heart. Il Pistolero non si fa pregare: controlla, prende la mira e spara. E' il 2-1. E si vede anche qualche lacrima sulla faccia del duro Luis.
A questo punto tocca all'Italia. Speravamo in un pareggio fra i nostri due avversari usciti sconfitti dalla prima partita, ma la verità è che nessun risultato ci avrebbe lasciati davvero tranquilli. Forse è meglio così. Ora sappiamo che contro la Celeste sarà una vera battaglia, quindi vincere con il Costa Rica diventa ancora più importante.
Certo, dovremmo sfatare il tabù della seconda partita del girone, che fra Europei e Mondiali non portiamo a casa da un'era geologica. Sarà molto più complesso del previsto, visto lo scherzetto già combinato dai costaricani all'Uruguay. Bisognerà correre a testa bassa e crederci. Come insegna il menisco destro di Suarez.