di redazione

Partita minima, risultato massimo. Dopo il sorprendente esordio contro il Belgio, l’Italia vince anche la seconda partita di questi Europei 2016, battendo 1-0 la Svezia e staccando così il pass per gli ottavi di finale. A decidere l’incontro è un bel destro dal limite di Eder, che a due minuti dalla fine raccoglie una sponda di Zaza (subentrato a Pellè), supera in velocità un paio di difensori (per la verità lentissimi) e scarica in porta come non faceva da mesi.

Sulla falsariga di Giaccherini contro il Belgio, anche stavolta l’uomo partita è uno dei giocatori che meno ci si attendeva di vedere in questa nazionale. Molti hanno storto il naso per la mancata convocazione di Pavoletti, ma Conte non ha sentito ragioni: ha puntato su Eder fin dall’inizio, è riuscito a riportarlo a una condizione atletica buona e a dargli un ruolo preciso in campo. E ora si gode il riscatto del suo pupillo, che la scorsa stagione ha segnato con il contagocce.

A essere onesti, però, bisogna ammettere che la Svezia ha messo in difficoltà gli azzurri più di quanto abbia fatto il Belgio e forse il pareggio sarebbe stato il risultato più giusto. Nella prima frazione i gialloblu tengono in mano il gioco, con gli italiani schiacciati fisicamente nella propria metà campo. Gli svedesi non sono dei fenomeni nel palleggio ma la dinamicità che ci mettono rende difficile anticiparli e, data l’impossibilità di imporre il fisico per superarli, le cose per gli azzurri non sono semplici.

Ibra e gli altri 10 occupano bene il campo e rendono sterile il nostro tentativo di allargarlo come con il Belgio. Giocano stretti dietro, consci che la rapidità difensiva non è l’arma migliore di cui dispongono, ma diversamente da noi il loro secondo o terzo passaggio in uscita è già un lancio per le punte e un problema da risolvere per la difesa italiana.

Peraltro, nella squadra di Conte continua la saga degli errori di misura negli scambi e nelle vericalizzazioni. Loro invece giocano con lanci lunghi, Ibrahimovic è destino finale ed incrocio per ogni loro giocata ma spesso è Guidetti che va sulla prima palla mentre Ibra prova ad aggirare i nostri centrali. Che però svolgono il loro compito con la consueta efficacia, ma è in mezzo al campo che soffriamo, perché viene regolarmente scavalcato dall’abbondanza di lanci lunghi. E anche con il gioco a terra non ci va meglio. La fine del primo tempo è buona notizia.

Dopo la strigliata di Conte nello spogliatoio, gli azzurri tornano in campo nella ripresa con più convinzione e maggior dinamismo. È vero, sembrano tutti più preoccupati di non subire gol piuttosto che di costruire gioco, ma l’ingresso di Zaza, combattivo come al solito, riesce a far scattare una scintilla in più anche in fase offensiva. Da segnalare anche la traversa colpita di testa da Parolo su splendido assist di Giaccherini.

“Abbiamo fatto più fatica nel primo tempo - ha commentato Conte ai microfoni della Rai subito dopo la fine della partita - loro erano bravi a chiudere tutti gli spazi e arrivavano sempre prima di noi sulla palla, noi siamo stati meno bravi nel fare le scelte giuste in attacco - continua Conte - però bisogna sottolineare che noi non abbiamo mai concesso niente né nel primo né nel secondo tempo. Anzi, le occasioni le abbiamo avute solo noi e non ci sono mancate quelle con le quali potevamo anche raddoppiare. Abbiamo preso una traversa, abbiamo fatto il gol e potevamo anche fare un altro gol. E' stata una partita tosta, ma lo sapevamo”.

Alla fine, a fare la differenza è stata ancora una volta l’organizzazione tattica imposta proprio da Conte, oltre all’umiltà e allo spirito di sacrificio di questa nazionale operaia. A centrocampo la diga di Parolo e De Rossi ha retto (anche atleticamente) e buone sono state le proiezioni sulle fasce di Candreva e Florenzi (che ha convinto più di Darmian).

Il vero apporto decisivo è stato però quello della difesa, dove il collaudato blocco juventino (i tre “bastardi senza gloria”, citazione tarantiniana della Bbc) è riuscito a imbrigliare Ibrahimovic. Il campione svedese, già poco ispirato di suo, non ha potuto inventare nulla ed è riuscito a sparare in curva un pallone che bastava appoggiare in rete a un metro dalla linea di porta (era fuorigioco, ma l’errore rimane clamoroso). Un dato su tutti evidenzia comunque la legittimità del risultato: nel corso dell'intera partita, gli svedesi non hanno fatto un tiro in porta.

A questo punto viene da chiedersi a cosa possano aspirare gli azzurri. “Intanto, iniziamo a chiederci chi si aspettava che l'Italia sarebbe passata agli ottavi di finale  - ha detto ancora Conte - e questa è già una risposta che abbiamo dato”.


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Tanta umiltà e tantissimo cuore, ma anche una buona dose di fortuna. Sono questi gli ingredienti che hanno permesso all’Italia di partire con il piede giusto in questi Europei 2016, battendo 2-0 con le reti di Giaccherini e Pellè il (troppo) decantato Belgio. Sulla carta l’avversario più difficile del girone. Gli azzurri iniziano subito bene la partita, affrontando l’avversario a viso aperto, senza timori. A livello tattico si vede immediatamente che la scelta di schierare due esterni molto larghi (Candreva e Darmian) paga contro questo avversario.

I belgi faticano a seguire il gioco in ampiezza degli italiani e lasciano spazi a Giaccherini e Pellè. Il primo li sfrutta come può, toccando un’infinità di palloni nel primo tempo. Il secondo ci prova, ma sbaglia tutto (appoggi compresi) fino al 92esimo.

Nella prima frazione il Belgio non riesce a creare più di un paio di tiri da fuori. Il più pericoloso, ad opera di Nainggolan, viene neutralizzato in bello stile da Buffon. Al 32esimo sono però gli azzurri a passare in vantaggio, e nel modo più inatteso. Bonucci si traveste da Pirlo e scodella un lancio al bacio da trenta metri che Giaccherini stoppa col sinistro e gira in porta col destro alle spalle di Courtois. Passano pochi minuti e, dopo un parapiglia in area, Pellè ha sulla testa l’occasione di raddoppiare, ma la sbaglia mentre tutti già gridavano al gol.

Nella ripresa è un’altra storia. Più passano i minuti, più il centrocampo azzurro dà segni di cedimento atletico. Intanto, il Belgio fa capire a tutti qual è il suo unico schema di gioco: “Passatela ad Hazard”. Il fantasista del Chelsea gioca un secondo tempo di alto livello e - malgrado i tanti buoni giocatori che affollano la sua squadra - è evidente che solo lui ha in mano l’interruttore per accendere la luce.

Nonostante tutto, le occasioni migliori per i diavoli rossi nascono da errori banali degli italiani, che perdono almeno tre palloni sbagliando passaggi elementari in orizzontale. Il più grave costa il posto a Darmian (Conte, infuriato, lo sostituisce cinque minuti dopo con De Sciglio), che innesca un contropiede mortifero dei nostri avversari. Per fortuna, i piedi adamantini di Lukaku ci graziano spedendo fuori di pochi centimetri un pallone che era più facile buttare dentro, vista anche l’uscita non perfetta di Buffon. Altri due errori dello stesso tipo producono le ammonizioni di Bonucci e Chiellini, costretti al fallo tattico per tamponare l’emorragia belga. Sono cartellini pesanti in vista delle prossime partite.

Il prosieguo del secondo tempo è tutto del Belgio, che gioca male, senza schemi, ma stringe d’assedio i nostri. Il pareggio non arriva solo per un paio di errori clamorosi di Origi (subentrato a Lukaku) e altrettante chiusure miracolose di Bonucci. Nel finale, però, i cambi di Conte si rivelano azzeccati. Thiago Motta, entrato al posto di un esausto De Rossi, serve due bei palloni a Immobile (in campo al posto di un evanescente Eder). Il centravanti di Torre Annunziata fa la cosa giusta sul secondo: serve largo Candreva, che a sua volta la rimetta al centro morbida per il tiro al volo di Pellè, che stavolta, con la porta spalancata, non può sbagliare.

E così l’Italia è momentaneamente in testa al girone, visto che nel pomeriggio Irlanda e Svezia hanno pareggiato 1-1. Ora l’unico errore da non commettere è quello di montarsi la testa: due anni fa i mondiali brasiliani iniziarono allo stesso modo (2-1 all’Inghilterra) e poi ricordiamo tutti come andarono a finire.

Eppure questa selezione ha qualcosa di anomalo. È probabilmente l’Italia con il tasso tecnico più basso degli ultimi decenni: a centrocampo le assenze di Marchisio e Verratti ci fanno perdere almeno una categoria, mentre in attacco purtroppo non abbiamo un solo giocatore di livello. Ma nonostante tutto, per ora, giochiamo da squadra. Diamo tutto, combattiamo con umiltà, ci facciamo sentire nelle orecchie e sui parastinchi, esultiamo con rabbia. Anche queste sono più o meno delle novità.




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A parte la vittoria per 3-2 sul Verona con cui il Palermo si salva e condanna il Carpi alla retrocessione, l’ultima giornata di questo campionato merita di essere ricordata per un record e due gol d’addio. Il primato è quello di Gonzalo Higuaìn, che segnando 3 dei 4 gol con cui il Napoli liquida il Frosinone arriva a quota 36 reti quest’anno. Non solo il Pipita stravince la classifica dei marcatori (il secondo è Dybala a quota 19), ma soprattutto supera il record di reti in una sola stagione di Serie A, che apparteneva allo svedese del Milan, Gunnar Nordahl, arrivato a 35 gol addirittura nella stagione 1949/50.

In realtà, un record lo fa segnare anche Miroslav Klose, che con il rigore trasformato nella sconfitta per 4-2 rimediata dalla Lazio all’Olimpico per mano della Fiorentina arriva a 64 gol e raggiunge Pandev in cima alla classifica dei marcatori stranieri con la maglia biancoceleste. Il centravanti tedesco saluta così, tra gli applausi, la squadra capitolina. È questa l’unica consolazione in questa stagione sciagurata per i tifosi laziali, che anche all’ultima giornata devono sopportare l’ennesima prestazione inguardabile della propria difesa, interamente da rifondare in vista del prossimo anno.

Dal dischetto segna un commovente gol d’addio anche Totò Di Natale. Anche la sua Udinese esce dal campo sconfitta (2-1 per il Carpi) e archivia una stagione più che mai deludente, ma il pubblico del Friuli rende un giusto tributo al giocatore simbolo della storia del club. Partito dalla panchina, Di Natale entra al 77esimo per gli ultimi minuti con la maglia che ha indossato nelle ultime 12 stagioni. Passa nemmeno un minuto e Porcari stende Widmer in area. Calcio di rigore: Totò batte Colombi e segna la rete numero 192 con la maglia bianconera. Ora bisognerà capire cosa deciderà di fare: Di Natale sembra deciso ad attaccare i 7 gol che gli mancano per arrivare a 216 in serie A come Altafini e Meazza. La sua carriera, perciò, potrebbe continuare. 

Quanto agli altri risultati, le partite delle altre big si sono tutte svolte sabato. La Juve campione d’Italia passeggia 5-0 su quel che resta della Sampdoria e la stessa cosa fa la Roma sul Milan, liquidato 3-1. I rossoneri rimangono al settimo posto, anche perché nel frattempo il Sassuolo dei miracoli di Di Francesco batte 3-1 l’Inter e si guadagna la sesta posizione, l’ultima buona per l’Europa League. La squadra di Brocchi, però, ha ancora una chance: in caso di vittoria in finale di Coppa Italia contro la Juve (apparentemente improbabile), il Milan l’anno prossimo andrà a giocarsi l’Europa minore insieme a Inter e Fiorentina. In caso contrario, il Sassuolo festeggerà un risultato clamoroso.

Chiudono il quadro della giornata il 2-1 dell’Empoli sul Torino (Giampaolo saluta i toscani con i tre punti, a segno Maccarone e Zielinski), il 2-1 dell’Atalanta sul campo del Genoa (Pavoletti segna e forse si guadagna la convocazione di Conte per gli Europei, ma non basta: Reja sorride con D'Alessandro e Kurtic) e il noioso 0-0 fra Chievo e Bologna, entrambe soddisfatte da tempo di questa stagione che le ha viste raggiungere tranquillamente la salvezza.

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Basta un tempo al Napoli per archiviare la pratica Torino ed effettuare il controsorpasso sulla Roma, recuperando così il prezioso secondo posto che vale l’accesso diretto alla Champions League dell’anno prossimo. Nella prima frazione apre le marcature il solito Higuain al 12esimo (per il Pipita sono 33 gol in Campionato, -2 dal record di Nordahl) e 8 minuti dopo Callejon firma il raddoppio. Sabato al San Paolo c'è il Frosinone già retrocesso.

Nella partita-ore-pasti, la Roma passeggia 3-0 sul Chievo: Nainggolan, Rudiger e Pjanic in gol, mentre capitan Totti festeggia le 600 presenze in maglia giallorossa con l’assist finale per il bosniaco.

Nell’altro posticipo, invece, la Juventus già campione d’Italia perde 2-1 contro il già retrocesso Verona, ultimo in classifica. Ad aprire le marcature al 43esimo del primo tempo è Luca Toni, che segna così il suo gol d’addio allo stadio di casa, congedandosi come il miglior marcatore di sempre dei gialloblu in Serie A. Nella ripresa raddoppia Viviani al decimo. Gol bianconero al 49esimo di Dybala, che trasforma dal dischetto. Per la Juve è la prima sconfitta dopo 26 risultati utili consecutivi.

In zona Europa League, Inter e Fiorentina si sono garantite rispettivamente il quarto e il quinto posto. In uno degli anticipi di giornata, i nerazzurri passano 2-1 sull’Empoli con i gol di Icardi e Perisic, intervallati dal momentaneo pareggio di Pucciarelli. La quadra di Mancini arriva così a +7 sulla Fiorentina, incapace di andare oltre lo 0-0 casalingo contro il Palermo.

Subito sotto continua la favola del Sassuolo, che risponde alla vittoria di sabato del Milan contro il Bologna (1-0, Bacca su rigore) battendo di misura il Frosinone. I neroverdi si riprendono così il sesto posto e sono ormai a un passo dalla loro prima storica qualificazione europea. I ciociari, invece, tornano in serie B ma lo fanno a testa alta, salutati con calore dai loro tifosi, bravi a rendere merito all’impegno della squadra.

Ha un piede e mezzo in serie B anche il Carpi, sconfitto 3-1 in casa dalla Lazio (reti di Bisevac, Candreva e Klose) in una partita che sarà ricordata principalmente per i due rigori sbagliati nel primo tempo dal nigeriano Mbakogu. Non male anche la doppia espulsione rimediata nella ripresa dai capitolini, che riescono a chiudere in 9 una partita per loro sostanzialmente inutile. I biancorossi rimangono così a 35 punti e vengono staccati di una lunghezza dal Palermo. All’ultima di campionato i rosanero dovranno vedersela in casa contro il Verona, mentre il Carpi – per continuare a sperare – dovrà battere l’Udinese in trasferta.

Proprio i friulani si garantiscono la salvezza matematica con un turno d’anticipo pareggiando 1-1 con l’Atalanta (Bellini risponde su rigore a Zapata e saluta i nerazzurri dopo 18 anni) e salendo a 39 punti, uno meno della Sampdoria, travolta 3-0  dal Genoa. Il derby della Lanterna è un monologo del Grifone: Pavoletti porta in vantaggio la squadra di Gasperini dopo 3 minuti, mentre Suso chiude la partita con un gol per tempo.

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“We’re gonna win the league”, cantavano i tifosi del Leicester: “Vinceremo il campionato”. E avevano ragione. La sera di lunedì 2 maggio 2016, dopo il pareggio per 2-2 fra Chelsea e Tottenham, la loro squadra ha trionfato per la prima volta nella storia in Premier League. Era dai tempi del Nottingham Forrest dei miracoli (1978) che nessuna formazione vinceva lo scudetto inglese per la prima volta. Ma non c’è paragone che tenga con la favola delle Foxes, che solo 12 mesi fa si erano salvate a stento. All’inizio di questa stagione la loro vittoria in campionato era quotata 5mila a 1 dai bookmakers, molti dei quali ora dovranno sborsare fiumi di sterline.

I giornali britannici parlano della più grande impresa sportiva mai vista nel Regno Unito e Claudio Ranieri, che del Leicester è l’allenatore, è già un divo. Pare che gli dedicheranno anche una strada in quella grigia cittadina dove tutti lo acclamano come fosse l’erede al trono. Una rivincita non male per un tecnico che pur avendo allenato in carriera squadre assai più blasonate (Juve, Inter, Roma, Chelsea, Valencia…) finora non aveva mai vinto praticamente nulla. Dedicheranno probabilmente una piazza anche a Jamie Vardy, icona di questo Leicester: un 28enne capace di trasformarsi in pochi anni da metalmeccanico delle fabbriche di Sheffield a capocannoniere della squadra campione d’Inghilterra.

Quanto al calcio nostrano, le due partite del lunedì hanno riservato emozioni, ma non sorprese. Nella sfida delle 19 la Roma si è imposta 3-2 in rimonta sul campo del Genoa e lo ha fatto ancora una volta grazie a Totti, che a un quarto d’ora dalla fine ha segnato su punizione il momentaneo 2-2. Di El Shaarawy il gol decisivo.

In prima serata il Napoli ha risposto ai giallorossi superando 2-1 l’Atalanta dell’ex Reja. Con un gol per tempo, il solito Higuain decide la sfida del San Paolo e riporta gli azzurri al secondo posto (piazzamento fondamentale per evitare gli insidiosi preliminari di Champions), a +2 sulla Roma.

L’altra grande sfida che ancora riserva questa Serie A è quella per il sesto posto, l’ultimo disponibile per l’Europa League. In questa corsa, il Milan sembra intenzionato a concedere la chance di una qualificazione storica al Sassuolo. La squadra di Brocchi delude ancora una volta, riuscendo nell’impresa d’incassare 3 gol a San Siro dal Frosinone. Ed ai rossoneri è anche andata bene, visto che il pareggio arriva in pieno recupero grazie a un rigore assai generoso trasformato da Menez (in precedenza Balotelli aveva già sbagliato un tiro dagli 11 metri).

Con l’ennesima performance inguardabile di centrocampo e difesa (notevole il doppio buco di Montolivo e Alex sul gol di Dionisi), il Milan si fa superare di un punto in classifica dal Sassuolo, che sale a quota 55 dopo la vittoria di misura sul Verona (in rete Pellegrini).

Visto lo scarso rendimento dei rossoneri aumentano anche i rimpianti della Lazio, che di fatto si è auto-esclusa dal rush finale con l’incredibile sconfitta di due settimane fa a Genova contro la Sampdoria. Eppure, nonostante l’obiettivo europeo sia praticamente sfumato, nel posticipo di domenica i biancocelesti sfoderano la migliore prestazione dell’era Simone Inzaghi battendo 2-0 in casa un’Inter con la testa già in vacanza. Apre le marcature nel primo tempo Klose con un gran pallonetto su Handanovic, chiude nella ripresa Candreva su rigore. Per fortuna della squadra di Mancini, la Fiorentina fa 0-0 con il Chievo e recupera solo un punto, portandosi a -4 dai nerazzurri.

Nella lotta per non retrocedere, il Palermo batte 2-0 la Samp (memorabile la palla scippata da Gilardino a Ranocchia in occasione del primo gol), sale a 35 punti e agguanta al terzultimo posto il Carpi, vittima sacrificale della festa scudetto juventina (allo Stadium vanno in gol Hernanes, alla prima rete in bianconero, e Zaza, che si concede anche una polemica nel post-partita con Allegri).

Non è ancora salva nemmeno l’Udinese, che viene travolta in casa 5-1 dal Torino e rimane a soli 3 punti dalla zona B. Il Bologna invece pareggia 0-0 con l’Empoli e raggiunge la salvezza matematica con due giornate d’anticipo.


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