- Dettagli
- Scritto da Administrator
di redazione
Dopo una lunga fase d’incertezza, ormai è chiaro che questo Campionato è un discorso a due fra Napoli e Juventus. In attesa dello scontro diretto di sabato prossimo a Torino, gli azzurri incamerano l’ottava vittoria consecutiva, mentre i bianconeri arrivano a quota 15. L’ultima vittima della squadra di Sarri è il Carpi, che resiste meglio del previsto all’offensiva dell’attacco napoletano e cede solo di misura: 1-0, gol su rigore del solito Higuain (al 24esimo centro in 24 partite). Per la verità segna anche Callejon - trasformato dal tecnico toscano in un’arma letale da contropiede - ma l’arbitro annulla per un fuorigioco che non c’era.
Anche la Juventus vince su una neopromossa, non senza qualche affanno. Sul campo del Frosinone, gli uomini di Allegri risolvono la partita solo nel secondo tempo con le reti di Cuadrado e Dybala, su assist di Morata. I Campioni in carica rimangono così a -2 dal Napoli (56 punti a 54).
In terza e quarta posizione Fiorentina e Inter (rispettivamente a 46 e 45 punti) perdono terreno dal tandem di testa sprecando due importanti occasioni. I viola, sul campo del Bologna, riescono a passare in vantaggio con il primo gol in Campionato di Bernardeschi malgrado l’inferiorità numerica rimediata pochi minuti prima, ma poi vengono raggiunti dai padroni di casa con Giaccherini.
Ancora più grave il pareggio dell’Inter, che a Verona decide di giocare senza marcare gli avversari sui calci piazzati e riesce nell’impresa di incassare tre gol in fotocopia, tutti di testa, dall’ultima in classifica. I gialloblu giocano con orgoglio ritrovato, ma si fanno rimontare un vantaggio di 3-1 di nerazzurri, trascinati nella ripresa da un Perisic in grande spolvero, autore dell’assist in favore di Icardi per il 2-3 e poi del tap-in vincente per il pareggio.
Un punto sotto l’Inter si rifà viva la Roma, che nel posticipo dell’Olimpico super 2-1 la Sampdoria con le reti di Florenzi e del neoarrivato Perotti. L’autogol di Pjanic sembra riaprire i giochi, ma i blucerchiati si svegliano troppo tardi per rimettere in parità la gara. Szczesny nega il pari a Cassano, in campo nel finale, e Cassani centra la traversa all'ultimo di recupero. Terza vittoria di fila per Spalletti.
In sesta posizione occasione persa anche per il Milan (40 punti), fermato sull’1-1 dall’Udinese. I rossoneri vanno sotto nel primo tempo (Armero a segno dopo un paio di miracoli di Donnarumma) e nella ripresa rimedia Niang dopo una clamorosa occasione per Lodi. Poi Bacca si divora la rete del sorpasso e Bertolacci colpisce una traversa. Per la squadra di Mihajlovic la Champions resta lontana 6 punti.
Il Sassuolo non riesce ad approfittare del passo falso del Milan e rimane a 6 lunghezze dai rossoneri dopo il pareggio per 2-2 rimediato sul campo del Palermo (Vazquez grande protagonista con un gol e un assist). I neroverdi non vincono in Campionato da novembre.
A metà classifica il Chievo (30 punti) guadagna due punti sulla Lazio (a quota 33). I veneti vincono 2-1 a Torino, dove Benassi porta i granata in vantaggio, poi Peres segna un autogol e Birsa trasforma un rigore fischiato per fallo di Avelar su Castro.
Nell’anticipo di sabato sera, invece, la Lazio non va oltre lo 0-0 a Marassi contro il Genoa. Per i biancocelesti, che l’anno scorso vantavano uno dei migliori reparti offensivi della Serie A, è la terza partita consecutiva senza gol all’attivo. La squadra è spenta, priva di gioco e di agonismo, ma forse ha ritrovato Marchetti (l’ex portiere della nazionale salva su Tachtsidis a un quarto d’ora dalla fine). Altro 0-0 alle 18 di domenica fra Atalanta e Empoli.
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di redazione
Fare 11 gol in 6 partite contro la stessa squadra non è da tutti. Ma nemmeno farne 23 in 23 giornate di Campionato. Quella imposta da Higuaìn alla Lazio è una tassa immancabile, riscossa mercoledì sera nel modo più strano: con un rimpallo sul petto dopo un primo tiro parato da Marchetti. Tre minuti dopo, ad appena metà del primo tempo, ci pensa Callejon a chiudere i giochi con un inserimento centrale coronato da un pallonetto vincente. Per Pioli è l’ennesima lezione di umiltà: avendo mezza squadra fuori fra infortuni e squalifiche, giocare con la difesa alta e mettere Mauricio e Hoedt in balìa del tridente azzurro è un suicidio annunciato. E così finisce 2-0 per la capolista, che conserva le due lunghezze di vantaggio sulla Juve.
La Signora, intanto, ottiene contro il Genoa il massimo risultato con il minimo sforzo. La vittoria arriva di misura e per di più su autogol: a infilare il pallone nella porta sbagliata è Di Maio, che non riesce a liberare su un pallone messo al centro da Cuadrado dopo la solita giocata spumeggiante sull’esterno.
Staccata di 7 punti dal tandem di testa, l’Inter rialza la testa contro il Chievo dopo il derby maledetto della scorsa domenica. Anche in questo caso il successo arriva per 1-0, l’ennesimo di questa stagione nerazzurra, e a mettere a segno la zampata vincente è il solito Icardi. Se mai ce ne fosse ancora bisogno, l’argentino dimostra a Mancini l’assurdità di lasciare in panchina un talento come il suo nelle partite che contano.
Due lunghezze sotto l’Inter si riaffaccia la Fiorentina (42 punti), che in pieno recupero evita una figuraccia in casa contro il Carpi. Dopo esser passati in vantaggio a pochi secondi dal fischio d’inizio, infatti, i viola si fanno raggiungere nella ripresa da Lasagna (già a segno a San Siro, anche in quel caso partendo dalla panchina) e riescono a trovare la vittoria solo con un colpo d’estro del redivivo Zarate, autore al 93esimo di uno di quei tiri a giro che lo avevano reso celebre al primo anno di Lazio.
La squadra di Sousa riesce così a mantenere un punto di vantaggio sulla Roma, che nell’anticipo di martedì ha archiviato la seconda vittoria consecutiva dell’era Spalletti 2.0 regolando in trasferta il Sassuolo. Magnifico il gol dalla distanza di Salah nel primo tempo, ma forse ancor più significativo è il tap in vincente di El Shaarawi al 94esimo. Per il Faraone, reduce da annate difficili con Milan e Monaco, è il secondo gol in due partite con la nuova maglia.
In sesta posizione, il Milan conferma i segnali di ripresa battendo 2-0 in trasferta il Palermo e salendo a 36 punti. I rossoneri sbrigano la pratica nel primo tempo con una rete del solito Bacca e con un rigore trasformato da Niang, che litiga con il compagno d’attacco per sottrargli il penalty.
Nella parte medio-bassa della classifica si registrano due pareggi: l’1-1 fra Empoli e Torino (al vantaggio inziale di Zapata risponde Pucciarelli al 91esimo) e il 2-2 fra Sampdoria e Torino (a segno Muriel, Belotti, Soriano e ancora Belotti al 94esimo, ennesimo gol in recupero di questa giornata).
La vera sorpresa arriva però in coda, dove il Verona – meglio tardi che mai – riesce finalmente a vincere la prima partita del suo Campionato. L’inattesa vittima dei veneti è l’Atalanta, che prima passa in vantaggio con Conti, poi si fa raggiungere e superare dalle reti di Siligardi e di Pazzini.
Altro risultato a sorpresa è l’1-0 con cui il Frosinone batte il Bologna. Il gol partita è di Dionisi, che fa salire i ciociari a 19 punti (al pari del Carpi e a 4 lunghezze dalla Samp) tenendoli in corsa nella lotta per non retrocedere.
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di redazione
Un Milan sufficiente batte 3-0 un’Inter in cerca d’autore. A decidere il derby di Milano sono le reti di Alex nel primo tempo, di Bacca e Niang nella ripresa. Il punteggio finale è forse bugiardo, perché fino a metà della ripresa i nerazzurri rimangono in partita e sfiorano il pareggio con un rigore di Icardi finito sul palo, ma il successo dei nerazzurri rispecchia il diverso ordine mentale dei due allenatori.
Mihajlovic usa quello che ha, in modo scolastico ma necessario. Mancini, invece, si produce in una serie di assurdità tattiche: sceglie di giocare tutta la partita in inferiorità numerica a centrocampo e al contempo non schiera neanche una prima punta, inserendo Icardi solo a ripresa inoltrata mentre Palacio resta in panchina. Intanto, l’assenza di un costruttore di gioco vanifica ogni tentativo di trama offensiva. L’Inter scivola così al quarto posto, mentre il Milan si porta a -6 dalla zona Champions.
Ai piani alti della classifica, intanto, rimangono Napoli e Juventus, che travolgono a suon di gol rispettivamente l’Empoli e il Chievo. Gli azzurri, che salgono a 50 punti, si confermano in testa alla classifica per la quarta settimana consecutiva e archiviano la sesta vittoria di fila in A (non succedeva dal 1988). Sarri rifila alla squadra del suo passato la quinta cinquina di questa stagione al San Paolo: ad aprire le marcature, come sempre, è Higuaìn , che insacca di testa su assist di Insigne. L’attaccante italiano va poi a segno con una punizione magistrale. Nella ripresa completano l’opera l’autogol di Camporese e la doppietta nei minuti finali di Callejon.
Il Napoli si riporta così a +2 sulla Juventus, che sbriga la pratica Chievo con un 4-0 secco. Al di là del risultato, la notizia migliore per i bianconeri è la ritrovata vena realizzativa di Morata, autore ieri di un’altra doppietta dopo quella in Coppa Italia contro l’Inter. A segno anche Alex Sandro (secondo gol stagionale per il successore di Evra) e Pogba, autore di una percussione centrale da applausi. La Signora conquista così la 12esima vittoria consecutiva in Campionato, eguagliando il record fatto segnare dalla Juve di Conte.
Grazie alla vittoria del Milan nel derby, la Fiorentina si ritrova da sola in terza posizione (42 punti), scavalcando l’Inter di una lunghezza in virtù del pareggio per 0-0 contro il Genoa. A Marassi Babacar da una parte e Pavoletti dall'altra sfiorano più volte il vantaggio, ma Perin e Tatarusanu restano imbattuti. Curiosa gag di Sousa, che stoppa un pallone prima che esca e viene espulso.
A 38 punti, in quarta posizione, riguadagna terreno la Roma, che nell’anticipo dell’Olimpico passa 3-1 sul Frosinone, archiviando la prima vittoria del nuovo corso di Spalletti. Nainggolan mette a segno il secondo centro in tre partite della nuova gestione, Daniel Ciofani pareggia, poi nella ripresa chiudono i conti i conti il neoacquisto El Shaarawy (che segna all’esordio di tacco) e Pjanic, su assist di Totti.
La partita più emozionante della giornata è stata però quella fra Bologna e Sampdoria. I padroni di casa si portano in vantaggio per 2-0 nel primo tempo con le reti di Mounier e Donsah (che sfrutta il primo harakiri di Ranocchia con la nuova maglia). Nella ripresa, come contro la Lazio, i rossoblu si fanno raggiungere (a segno Muriel e Correa), ma nel finale Destro trasforma il rigore che vale i tre punti. La panchina di Montella, a questo punto, scotta sul serio.
Chiudono il quadro della giornata altri quattro pareggi. Fra le partite giocate sabato, Carpi Palermo e Atalanta Sassuolo finiscono entrambe 1-1. Domenica, invece, terminano a reti inviolate Torino-Verona e Udinese-Lazio. Curioso siparietto al Friuli, dove i compagni di squadra Thereau e Badu litigano in campo: l'attaccante francese viene ammonito per protesta dopo il gol annullato a Kuzmanovic e il ghanese ha la cattiva idea di cercare di calmarlo.
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di redazione
Al termine di una partita noiosa, tra le più brutte di quest'anno, la Juventus coglie la sua undicesima vittoria battendo la Roma nel posticipo. Ma deve alla clase purissima di Dybala, imbeccato da Pogba, un altro che di classe ne ha da vendere, se la Juve porta a casa i tre punti. Perchè seppure la Roma ha alzato un catenaccio senza soluzione di continuità per tutti i 90 minuti, i giallorossi hanno comunque tenuto bene il campo. Senza la classe di Dybala, insomma, i bianconeri non sarebbero andati oltre il pareggio. La Roma dal canto suo soffre ancora una intelaiatura illogica che dovrà essere risolta con interventi sul mercato in entrata e uscita per consegnare a Spalletti una compagine competitiva.
Al di là del big match, fa poi rumore in questa 21esima giornata il risultato clamoroso del Carpi a San Siro, dove una brutta Inter va in vantaggio con Palacio nel primo tempo, spreca tanto nella ripresa e poi al 93esimo incassa il pareggio di Lasagna. L'Inter ha lasciato a Dubai la carica agonistica che ha avuto per tutto il girone di andata e, visto il livello tecnico modesto e una struttura carente di regia, la via del gol appare come quella della seta: lontana e difficile. Cos, per la terza partita consecutiva a San Siro nei minuti di recupero perde i punti che ormai l'allontanano anche dalla certezza della zona Champions. Mancini continua a prendersela con l’attacco (“le occasioni che abbiamo avuto nel secondo tempo le segnavo anche io a 50 anni”), ma forse dovrebbe fare attenzione anche a un centrocampo senza idee e ad una difesa che comincia a commettere troppi errori.
I nerazzurri si fanno infatti raggiungere in terza posizione a 41 punti dalla Fiorentina, vittoriosa in casa per 2-0 sul Torino grazie alle reti di Ilicic e di Gonzalo Rodriguez, una per tempo. Gli uomini di Sousa interrompono così la striscia negativa dopo le sconfitte contro Lazio e Milan. Il Torino era l'avversario giusto per ripartire, ma senza uno sforzo nel mercato di Gennaio la Fiorentina dovrà faticare non poco per restare in zona Champions.
In prima posizione rimane però il Napoli, salito a 47 punti dopo un’altra dimostrazione di forza sul campo della Sampdoria, sconfitta 4-2. Ad aprire le marcature è il solito Higuaìn (capocannoniere per distacco con 21 gol in 21 partite), cui fanno seguito un rigore siglato da Insigne prima della sosta, una serpentina di Hamsik e una rasoiata di Mertens nella ripresa. I blucerchiati però la riaprono ben due volte con Correa e con Eder, a dimostrazione che Sarri può ancora perfezionare la concentrazione e la tenuta difensiva dei suoi.
A metà classifica la Lazio (a quota 31) recupera due punti su Empoli e Milan (2-2 nell’anticipo di giornata) e tre sul Sassuolo (sconfitto 2-0 dal Bologna con un eurogol di Giaccherini e un bel diagonale di Floccari). I biancocelesti ritrovano il successo in casa dopo 3 mesi superando 4-1 il Chievo, ma sono proprio gli ospiti a passare in vantaggio dopo pochi minuti sfruttando l’ennesima amnesia della difesa laziale. Nella ripresa Cesar (l’autore del gol) si fa espellere e spiana la strada alla rimonta laziale, che passa due volte con Candreva (una su rigore, una su assist magnifico di Felipe Anderson), una con Cataldi (primo gol in serie A) e una con Keita allo scadere.
Con lo stesso risultato il Palermo travolge in casa l’Udinese e la raggiunge in classifica a 24 punti. La prima di Schelotto sulla panchina dei rosanero è bagnata dai gol di Quaison, Hiljemark, Lazaar e Trajkovski. Chiude il quadro della giornata il pareggio per 1-1 fra Verona e Genoa. Alla magia su punizione di Suso risponde il tap in da vecchia volpe di Pazzini. I rossoblu rimangono così a +5 dalla zona retrocessione, mentre la squadra di Del Neri, ancora a 10 punti, sembra già con un piede e mezzo in Serie B.
- Dettagli
- Scritto da Administrator
di Fabrizio Casari
Frocio! Finocchio! Questi gli aggettivi qualificativi con i quali l’allenatore del Napoli, Sarri, si è rivolto verso Roberto Mancini, allenatore dell’Inter, al termine della partita vinta dai nerazzurri al San Paolo. Il litigio ha avuto un che di surreale, perché Sarri non aveva nemmeno motivo di aprire bocca: c'era una richiesta di spiegazioni dell’allenatore dell’Inter al quarto uomo riguardo il recupero di cinque minuti che gli sembrava eccessivo Dunque lo scambio verbale era tra Mancini e Lo Bello, niente c’entrava l’allenatore dei partenopei. Che però, probabilmente furioso per la sconfitta in casa e l’eliminazione dalla Coppa Italia, ha ritenuto di poter insultare.
Ottima la risposta di Mancini, che durante la lite ha affermato: “Se gli uomini sono come te sono fiero di essere gay” e nel dopo gara, pure sconfortato, non solo non ha voluto accettare le scuse ma ha avvertito come persone così non possono stare nel calcio. Peraltro Sarri risulta recidivo: non nuovo a fare sfoggio di cultura ed educazione, esibendo quella eleganza innata che lo caratterizza, già nel 2014, a seguito di un match tra Varese ed Empoli, aveva definito il calcio “ormai uno sport da finocchi”.
Deve avere qualche problema con la sessualità mister Sarri. O, quanto meno, a forza d’insegnare (bene) come muovere i piedi, si trova in difficoltà con la testa. Senza volergli far indossare un cappuccio da Ku Kux Klan e nemmeno una felpa di Salvini, Sarri, che le cronache narrano come “comunista” (dopo che l’aggettivo gli venne rifilato da Berlusconi) ha semplicemente tirato fuori il peggio di sè. Il che dispiace, perché è allenatore capace e personaggio a suo modo distante dai cliché tipici degli allenatori italiani arroganti alla Capello o alla Sacchi.
Nel dopo gara, l’allenatore del Napoli ha detto di essersi scusato e, con una involontaria quanto peggiorativa spiegazione dell’accaduto, ha affermato di aver lanciato il primo insulto che gli veniva in mente. Non ha apostrofato “frocio” e “finocchio” pensando che Mancini lo sia, l’ha fatto per insolentirlo. Ed è proprio questo il problema: Sarri voleva insultare e ha deciso di lanciarsi in offese a carattere omofobico. Ha usato questi termini per offendere, non per esprimere un disappunto, come ha detto "a botta calda", con "l’adrenalina che scorre”.
Si fosse trattato solo di rabbia e adrenalina sarebbero stati infiniti gli insulti, leggeri o pesanti, che avrebbe potuto scegliere; ma per lui quelli di “frocio”, “finocchio”, sono i peggiori e, purtroppo, i primi che vengono in mente. Se poi Mancini gli sta antipatico perché guadagna di più, è più elegante ed è un allenatore internazionalmente affermato, può scegliere tra una vasta gamma di atteggiamenti da dedicargli.
Sarri, che pure è uomo con valori positivi, dovrebbe sapere che lontano dai riflettori della lobby omosessuale, fatta di ricchi e artisti, di vip o aspiranti tali, c’è un universo di persone semplici che vengono regolarmente discriminati dall’omofobia, con danni psicologici e sociali devastanti. E dovrebbe ricordare quanto la discriminazione verso l’omosessualità si sia spesso tradotta in vere e proprie tragedie, che anche recentemente hanno visto il suicidio di ragazzi fragili, non in grado di sopportare le vessazioni, gli insulti e gli sberleffi del branco.
Le cronache quotidiane raccontano come di volta in volta, per il colore della pelle, per le disabilità, per le preferenze sessuali, per il reddito, per il ruolo sociale persino, le discriminazioni quotidiane sono il lievito madre del razzismo, comunque lo si voglia definire. Chi parla davanti a microfoni e a telecamere accese non può non sapere come le frasi vengono amplificate e, dunque, maggiore deve essere l’autocontrollo. Perché se l’intelligenza non si attacca, la volgarità è invece contagiosa.
Non possono esserci giustificazioni plausibili e risultano inutili le precisazioni di rito per le quali non si è omofobi pur ritenendo l’omosessualità un insulto. Sembra di sentire i razzisti che premettono di non essere tali prima degli insulti xenofobi e a sfondo razziale. Essendo stato abolito il "delitto d’onore", all’appello dei paradossi verbali mancano solo la "guerra umanitaria" e i "terroristi moderati".
Le parole pubbliche, invece, pesano come le pietre. Ma siamo in Italia e l’indignazione di ieri è già diventata attenuanti generiche di oggi. Già volano i cori di chi minimizza. O chi dice che Mancini avrebbe dovuto tenere tutto per sé, perché, come ha detto Sarri, “sono cose di campo”, come se non si capisse che è proprio sui campi che i ragazzi diventano uomini ed è dunque lì che la formazione pedagogica non può non marciare insieme a quella tecnica. E che siano entrambe prerogativa degli allenatori.
Sarri andrà incontro al verdetto del giudice sportivo per violazione dell’articolo 11 del Codice di Giustizia Sportiva e rischia una sanzione pesante. Si va da una multa o una squalifica breve (massimo 3 turni) se le frasi verranno definite "dichiarazioni lesive", fino a una squalifica di "non meno di 4 mesi", se Tosel le riterrà "frasi discriminatorie".
Dipenderà dal referto arbitrale e dalla deposizione del rappresentante della Procura; ma visto che Mancini non si è mai dichiarato gay e che dunque dargli del “frocio” o “finocchio” deve ritenersi solo un insulto e non una discriminazione, probabilmente Sarri se la caverà con poco, due o tre giornate.
Ma quale che sia la sentenza, quanto accaduto è un brutto episodio che certo non aggiunge spessore al mondo del calcio. Le cui istituzioni vedono al loro vertice un personaggio come Tavecchio che fa sfoggio di razzismo e di discriminazione sessuale nelle sue esibizioni (e senza nemmeno la scusa dell’adrenalina); sopportano presidenti come De Laurentis e “viperetta” Ferrero, che con il turpiloquio abusato fregiano la loro cifra, ed ora vedono anche l’allenatore della squadra in testa al campionato di sfoggiare perle di questo tipo.
Un ambiente che poco ha a che vedere con lo sport. I cattivi maestri non hanno bisogno di cattedre. Un microfono basta e avanza.