Nell’immediata vigilia del primo dibattito televisivo tra i due candidati alla Casa Bianca, lo “scoop” del New York Times sulle dichiarazioni dei redditi degli ultimi due decenni di Donald Trump avrebbe dovuto infliggere un colpo letale al presidente repubblicano. Le rivelazioni hanno in effetti esposto uno schema metodico per truffare il fisco da parte di Trump, ma le manovre per evitare in sostanza di pagare un solo dollaro di tasse sono pressoché interamente consentite, negli Stati Uniti come altrove, da una legislazione fatta su misura per super-ricchi e grandi aziende.

È stata una decisione logica quella di Papa Francesco di non incontrare Mike Pompeo, il Segretario di Stato voluto da Trump. Pompeo aveva farneticato sul fatto che il Vaticano avrebbe perso la sua “autorità morale” se avesse deciso di confermare l’accordo tra la Santa Sede e la Cina sulle modalità di nomina dei vescovi. Si tratta più di un’ingerenza, del tentativo di arruolare la Chiesa nel fronte della guerra. Durante il suo Pontificato, Francesco ha difeso con grande vigore il multilateralismo e il dialogo. L’approccio di Trump nei confronti della Cina va, al contrario, verso una nuova guerra fredda di cui il mondo, soprattutto oggi, alle prese della pandemia, non ha alcun bisogno.

Il Papa ha dimostrato fortemente la propria autorità morale, che certo non può essere messa in discussione da chi fa parte di un’amministrazione che dice di voler separare le madri dai propri figli al confine degli Stati Uniti o impiega continuamente una retorica razzista e suprematista nei confronti degli afroamericani e di qualsiasi minoranza, arrivando a giustificare le violenze della polizia nei loro confronti.

La politica di Pompeo e Trump è contraria all’etica cristiana. Abbiamo visto l’utilizzo indiscriminato di bombe o droni, contro chi non si può difendere. Abbiamo assistito, in questi anni, all’imposizione di sanzioni e blocchi criminali, che hanno privato uomini, donne e bambini di cibo, medicinali e cure di base.

La domanda che retoricamente sarebbe da porre a Pompeo è piuttosto un’altra: quale autorità morale avrebbe avuto il Papa se avesse deciso al contrario di incontrarlo? Papa Francesco ha caratterizzato il suo magistero denunciando la società dello scarto. Pompeo è il numero due di un’amministrazione che impone le più spietate forme di darwinismo sociale. Francesco ha più volte avvertito contro i rischi del riscaldamento climatico, ponendosi a difesa della Casa Comune. Pompeo fa parte di un’amministrazione che nega questo rischio, arrivando perfino ad uscire dall’accordo di Parigi sul clima.

Papa Francesco ha sempre ammonito contro le iniquità e le diseguaglianze. Oggi gli Stati Uniti sono la società più diseguale del mondo. Chiaramente, il valente popolo nordamericano non ha nessuna colpa. Invero, Trump non ha nemmeno vinto le elezioni. Tuttavia, l’amministrazione di cui Pompeo fa parte ha tagliato le tasse ai ricchissimi, inondando di liquidità Wall Street, che è ai massimi storici durante la pandemia.

Sul virus, poi è noto l’atteggiamento negazionista dell’amministrazione Usa, in questo simile a Bolsonaro. Recentemente il presidente americano ammetteva candidamente di conoscere da tempo la pericolosità del virus nel mentre invitava le persone a non prenderlo sul serio, disdegnando perfino le mascherine. E che dire, poi, degli atteggiamenti sleali? La volontà di requisire presidi sanitari e comprare brevetti? Come avrebbe fatto il Papa a incontrare Pompeo senza perdere la propria autorità morale?

Da decenni gli Stati Uniti tentano di ricattare la Santa Sede. Lo hanno fatto al tempo delle due guerre del Golfo, che Giovanni Paolo II tentò di scongiurare in ogni modo, ed anche dopo l'11 settembre, quando il Papa polacco non voleva gli attacchi in Afghanistan. Ogni volta minacciando - nemmeno tanto velatamente - di varare leggi che potevano addossare alle autorità vaticane le responsabilità civili e penali degli abusi sessuali laddove i vescovi nominati da Roma non erano intervenuti in modo adeguato, cioè sempre o quasi.

Ma quel che più infastidisce la Sede Apostolica è il tentativo subdolo della Casa Bianca di trovare all'interno della Chiesa Cattolica quinte colonne da utilizzare per condizionare il Papa: cardinali di curia come Raymond Leo Burke, episcopati legati alle oligarchie capitalistiche come in Venezuela e, infine, anche la Chiesa sommersa della Cina, capeggiata dal cardinale Zen Ze Kiun che in questi giorni, opportunamente, Papa Francesco ha preferito non ricevere.

Sì perché la Chiesa - anche in Cina - non deve cercare lo status di perseguitata ma il modo migliore di incarnare il Vangelo in un determinato contesto, mettendosi al servizio del popolo che è chiamata a servire. Che, a ben vedere, è precisamente lo scopo per il quale Papa Francesco e il suo segretario di Stato Pietro Parolin hanno stipulato l'accordo con Pechino che ora verrà rinnovato.

ha collaborato Nazareno Galiè

Per la seconda volta in poco più di due mesi, il conflitto di lunga data tra Armenia e Azerbaigian, attorno alla regione contesa del Nagorno-Karabakh, è riesploso con un bilancio provvisorio di vittime che appare già il più grave da molti anni a questa parte. Se i governi di praticamente tutto il mondo hanno subito fatto appello alle due parti per un cessate il fuoco, le ragioni dello scontro si sovrappongono e sono complicate dal rimescolamento in atto degli equilibri strategici euro-asiatici e risentono, in particolare, dell’intreccio di rapporti e rivalità tra Turchia, Russia e Stati Uniti.

Se l’epidemia di Coronavirus ha fatto poco o nulla per ridurre ingiustizie, disuguaglianze e violenze in tutto il mondo, in Palestina la gravissima emergenza sanitaria di questi mesi si è accompagnata a un’ancora più odiosa intensificazione degli abusi e delle operazioni illegali di cui è responsabile lo stato ebraico occupante. Alcuni rapporti di organismi autorevoli hanno infatti rilevato come uno dei crimini più spregevoli di Israele nei territori occupati, cioè la demolizione di abitazioni palestinesi e di edifici adibiti ad altri usi, abbia registrato nella prima metà del 2020 un aumento che non si verificava da svariati anni.

Sull’apertura nella giornata di martedì della 75esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che vede le apparizioni dei leader mondiali eccezionalmente da remoto a causa del Coronavirus, si è subito proiettata la lunga ombra della nuova esplosiva disputa sul nucleare iraniano, con al centro le trame sempre più irrazionali e disperate del governo degli Stati Uniti.

La faccia peggiore e ultra-screditata dell’arroganza americana è in questi giorni quella del segretario di Stato, Mike Pompeo, ridicolmente impegnato a confondere le acque per occultare il crescente isolamento internazionale del suo paese. La mossa ratificata lunedì dalla Casa Bianca, che dovrebbe in teoria reimporre tutte le sanzioni contro la Repubblica Islamica sospese dall’accordo sul nucleare del 2015 (JCPOA), si scontra infatti con la realtà di una comunità internazionale che riconosce come vuoto e illegale il comportamento di Washington.


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