di Giuseppe Zaccagni

La grande fuga è già in atto. Dalla Cecenia - terra caucasica ancora sotto il dominio della Russia di Putin - se ne vanno intere famiglie. Tecnici ed insegnanti, addetti ai servizi, intellettuali e medici. I paesi di riferimento sono Polonia, Cechia, Slovacchia, Austria, Francia, Belgio, Germania, Svezia, Finlandia. Tutto avviene perchè nella regione - nonostante la propaganda del Cremlino - la situazione è certamente più difficile per chi è “ceceno” e prova, quindi, le umiliazioni che vengono dal vivere in un paese “occupato”. E così comincia l’esodo. A poco a poco, in silenzio e, soprattutto, in condizioni di assoluta clandestinità e sempre nelle mani di alcune “agenzie” che garantiscono viaggi verso l’occidente chiavi-in-mano. Forniscono prima una consulenza su paesi che vengono ritenuti facilmente raggiungibili. Poi provvedono alle operazioni relative ai visti di ingresso e, contemporaneamente, forniscono biografie e documenti che, presentati alle autorità dei paesi di arrivo, risulteranno utili per ottenere un lavoro o, comunque, lo status di rifugiati politici. Centro di questa attività è, in particolare, Mosca. La capitale russa è ora facilmente raggiungibile da Grozny e, per molti, l’appuntamento decisivo è nella cantina di un vecchio e cadente palazzo di periferia.

di Eugenio Roscini Vitali

Rafah, domenica 17 febbraio 2008: un morto e 13 feriti. Questo è l’ultimo bilancio delle operazioni israeliane nel sud della Striscia di Gaza; le vittime sono tutti attivisti palestinesi affiliati alle Brigate Al-Qassam, sorpresi dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) impegnate una vasta azione antiterrorismo. L’attacco, avvenuto nei pressi dell’aeroporto internazionale Yasser Arafat, segue gli scontri del giorno precedente registrati nella zona di Al-Qarara nei quali erano rimasti gravemente feriti due militanti del movimento islamico, poi deceduti dopo il successivo ricovero all’ospedale Nasser di Khan Younis. Mentre al confine con l’Egitto proseguiva l’avanzata del tanks della stella di David, a sud-est di Nablus, villaggio di Aqraba, nella West Bank settentrionale, le IDF procedevano ad un’operazione di rallentamento e alla cattura di 12 attivisti. Stessa cosa a Beituniya, nei pressi di Ramallah, e ad Hebron, dove sono stati fermati altri due palestinesi. Nei giorni scorsi erano stati eseguiti altri otto arresti nei distretti di Salfit, Nablus, Jenin e Qalqilia.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Il voto per le presidenziali russe è fissato per il 2 marzo. E quel giorno Putin farà finta di andarsene convinto di aver compiuto il miracolo portando la Russia ad una competizione “normale”. Siamo invece di fronte alla più grande falsificazione mediatica di un evento che dovrebbe segnare la svolta nella vita di un paese. Una vera elezione, appunto. Una scelta. Invece: niente di tutto questo. La tradizione monarchica - che il potere sovietico era riuscita in parte a cancellare - torna impetuosamente sulla scena. Perchè Putin un volta ottenuta la poltrona di Presidente (grazie ad uno Eltsin ubriaco anche quanto a potere e ad un Kgb carico di ambizioni e spirito di rivincita nei confronti della vecchia nomenklatura) si preoccupa ora di portare sul trono il suo delfino. E così la tradizione si perpetua. Lo zar insedia al vertice lo zarevic. Tutto questo sotto gli occhi di una popolazione che avendone viste tante, troppe, non ha più forza e coraggio per gridare che lo zar è nudo.

di Giuseppe Zaccagni

A Berlino, nell’agosto 1961, fu il comunista Nikita Krusciov a costruire il Muro. Ma ora, a Cipro, un altro comunista - Dimitris Christofias - avrà un compito opposto: abbattere quel Muro che dal 1974 divide l’isola separando i greci-ciprioti dai turchi. Questo perché la parte settentrionale del paese - occupata dalla Turchia - si è unilateralmente proclamata stato autonomo assumendo la denominazione di “Repubblica Turca di Cipro del Nord” (3355 chilometri quadrati con 179000 abitanti). La separazione tra le due realtà è, quindi, una ferita aperta. Con un confine spettrale chiamato “Linea Attila” e segnato da case abbandonate, reti di filo spinato, sacchi di sabbia, postazioni militari, torri di controllo...Ora si profila una situazione nuova con una possibile distensione tra il governo cipriota di Nicosia e quello turco di Ankara. Tutto si potrebbe rimettere in discussione perchè a Cipro è stato eletto (per la prima volta nella storia del paese) un presidente comunista: il 61enne Dimitris Christofias che da oltre venti anni guida il partito Akel e che si è sempre battuto per trattative capaci di dare una soluzione al conflitto tra Cipro e la Turchia.

di Elena Ferrara

Hiroshima e Nagasaki sono ora come tragiche pagine di storia. Perchè il Giappone non si ferma e diviene uno dei più grandi produttori di plutonio. Lo rende noto l’International Atomic Agency: “Il Giappone - annuncia l’agenzia - ha accumulato una riserva strategica di 38mila chilogrammi di plutonio 239, sufficienti a fabbricare circa settemila testate nucleari, e le scorte sono destinate a crescere ogni anno”. Conferme in tal senso vengono anche dal “Kato institue” che è uno dei più prestigiosi ed attivi think-tank economici del mondo. La corsa all’atomo quindi continua, pur se alle spalle di Tokio ci sono sempre quelle pagine nere di vari incidenti verificatisi nelle catene produttive della “Tepco” (Tokyo Electric Power Company), la società locale che a suo tempo ammise di aver falsificato molti test relativi alla funzionalità dei suoi impianti. Ed ora il Giappone si ritrova a gestire un piano di costruzione di nuovi reattori che - a detta degli esperti - non ha eguali al mondo. Si usano, pertanto, migliaia di chili di plutonio. Ed è “plutonio extra” che può essere riciclato per generare energia, ma volendo anche per essere utilizzato per la costruzione di bombe atomiche (“Ogni miscela di isotopi di plutonio può essere utilizzata per costruire ordigni nucleari” dichiara Matthias Dembinski, dell’Istituto Ricerche sulla Pace di Francoforte) oppure per essere immesso semplicemente nei mercati mondiali.


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