di Elena Ferrara

Nell’agenda di Kim Jong Il, capo assoluto della Corea del Nord, sono due in questo momento i temi che dominano i rapporti di politica estera e le vicende legate alla stabilità interna. La prima questione, tutta in positivo, è il ripristino dei collegamenti ferroviari tra il Nord e il Sud con i convogli che da Munsan e Bondong arriveranno fino a Kaesong, il complesso industriale intercoreano situato nella parte Nord della penisola. La linea - che scavalca il muro del 38° parallelo - è di 25 chilometri ed è stata oggetto di serrate trattative nel corso di ben 50 anni ed ora - dopo la storica visita a Pyongyang del presidente sudcoreano Roh - prende avvio il normale traffico che avrà una cadenza quotidiana a partire dall’11 dicembre. Tutto questo vorrà dire che si attenueranno le tensioni di frontiera e che si stabilirà, di conseguenza, un interscambio di forza-lavoro. In pratica con questo convoglio della distensione prende il via un’eccezionale rete di propagazione e di contatti. In particolare, i venti vagoni impegnati nell’intera operazione - e che transiteranno su binari nuovi di zecca - andranno a sostituire quelle file di camion che trasportano le materie prime verso Kaesong per riportare i prodotti finiti verso il Sud. E cioè indumenti, orologi, utensili di ogni genere.

di Daniele John Angrisani

Mentre la campagna elettorale per le presidenziali si trascina stancamente, tra dibattiti su Youtube e comizi in piazza in attesa delle primarie di inizio 2008, che decideranno i candidati dei due schieramenti, nei corridori del potere di Washington tira un'aria piuttosto strana. Gli ultimi mesi non sono stati certo semplici da gestire per l'Amministrazione Bush che, dopo aver perso uno dietro l'altro i suoi nomi di spicco (Rumsfeld, Rove, Ashcroft solo per citarne alcuni) si è trovata perennemente in difensiva soprattutto sulla politica estera. A parte l'Iraq, ormai considerato universalmente come un disastro senza fine da cui bisogna solo cercare di uscire quanto prima cercando di limitare i danni, anche nel resto dei fronti caldi non è che le cose vadano così bene. Nonostante il tentativo, a dire il vero malriuscito, di dare una patina di ottimismo con la Conferenza di Annapolis sul Medio Oriente, che si è conclusa con un sostanziale nulla di fatto (a parte una dichiarazione di principi che non afferma altro che i negoziati riprenderanno per una soluzione definitiva della crisi), l'Amministrazione americana ha ben poco di cui rallegrarsi.

di Luca Mazzucato

Nel ventesimo anniversario della prima Intifada, il dopo Annapolis nei Territori Occupati riserva alcune sorprese. Le positive novità in campo palestinese sono una sorprendente lettera aperta di Hamas a Condoleezza Rice e la speranza di riaprire il dialogo tra il movimento islamico che controlla Gaza e il Presidente dell'ANP Abu Mazen. Pessime le novità sul fronte dell'occupante. Di ritorno da Annapolis, Olmert ha stracciato immediatamente il modesto accordo raggiunto, annunciando la costruzione di nuove colonie ebraiche nella Gerusalemme Est occupata. Nel cuore dei Territori, migliaia di attivisti israeliani di estrema destra hanno eretto nuovi avamposti per protestare contro le concessioni territoriali suggerite da Olmert ad Annapolis. Preparandosi a fondare uno stato autonomo ultra-ortodosso in West Bank, nel caso Israele cerchi di evacuare le colonie illegali. Qualcosa si muove sul fronte del movimento islamico di Hamas. Dopo i sanguinosi scontri fratricidi e la vittoria militare di Hamas nella Striscia di Gaza, per mesi Hamas e Fatah si sono arroccati su posizioni intransigenti, mentre Israele, con l'appoggio delle potenze occidentali e dello stesso Abu Mazen, sigillava in una morsa d'acciaio la Striscia, sperando di soffocare Hamas.

di mazzetta

Il vertice Africa-UE di Lisbona segna uno spartiacque storico nel rapporto tra Africa ed Europa. A Lisbona l’Europa ha dato una impressionante dimostrazione di pochezza e di confusione, tanto da lasciare il dubbio che i leader europei non abbiano colto a fondo la portata degli avvenimenti. L’Europa unita non ha una politica estera comune e, mai come in occasioni del genere, questa mancanza risalta su altre considerazioni. Impressionante è stata l’esibizione delle molte facce della diplomazia europea a fronte di una rappresentanza dei leader africana invece insolitamente compatta. Ancora una volta uno stato membro ha messo i piedi nel piatto e ha devastato l’agenda dell’incontro. Questa volta è toccato alla Gran Bretagna esibirsi, ma succede spesso a parti alterne. Il vertice è stato addirittura boicottato dal primo ministro inglese Gordon Brown, in polemica con la presenza del dittatore Mugabe. Molti commentatori hanno fatto notare che al vertice erano presenti fior di dittatori mediamente più feroci e spietati di Mugabe, considerazione immediatamente affiancata dall’obiezione-standard alla proposta di messa all’angolo dei paesi “cattivi”, quella per la quale isolare un paese spesso si risolve nel rafforzarne il comando, sempre si finisce con il colpire i cittadini comuni.

di Alessandro Iacuelli

Di quanto la rete elettrica italiana sia arretrata, se ne è scritto da tutti i punti di vista un po' ovunque. Non perchè l'Italia sia magliata male. Infatti, dal punto di vista del numero e della densità delle linee elettriche l’Italia non ha molte pecche. Certo, i collegamenti trasversali lungo la penisola non sono dei migliori, ma questo è dovuta all'orografia del territorio, praticamente diviso in due dalla catena degli Appennini. Nonostante questo ostacolo naturale, la copertura elettrica italiana è ottima, dal punto di vista della magliatura geografica. Quel che fa acqua è l'obsolescenza delle linee, spesso antichissime e con perdite gravi di energia lungo il trasporto. Perdite molto gravi. In pratica una percentuale non trascurabile dell'energia elettrica prodotta viene dispersa lungo le linee elettriche, e non arriverà mai a nessuna destinazione. Da oltre 30 anni. Finalmente, Terna, la società che distribuisce l'energia elettrica in Italia, ha deciso di investire un miliardo di euro in un'operazione chiamata "10 Progetti per uno sviluppo sostenibile" che prevedono lavori in 11 regioni. Per farla breve, 1200 Km di tralicci obsoleti saranno sostituiti da 450 Km di cavi, molti dei quali interrati.


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