di Elena Ferrara

L'annuncio ufficiale arriva dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad che da Natanz - dove ha sede l’impianto che ospita le centrifughe necessarie per l’arricchimento dell’uranio - annuncia al mondo che il suo Paese da oggi deve essere considerato come "una potenza nucleare". L'esponente di Teheran sa bene di fare un annuncio sensazionale ed ecco che sfodera anche una serie di dettagli. Accompagnato dai ministri della Difesa e dell’Intelligence, dal segretario generale del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale e da un centinaio di giornalisti, sottolinea infatti che l'’Iran si prepara a installare migliaia di nuove centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. “L’anno scorso - dice in un discorso radiotelevisivo - i nostri scienziati hanno installato tremila centrifughe e siamo ora entrati nella fase dell’arricchimento dell’uranio a livello industriale: oggi abbiamo iniziato l’installazione di tremila nuove centrifughe”. “L’anno scorso - dice in un discorso radiotelevisivo - i nostri scienziati hanno installato tremila centrifughe e siamo ora entrati nella fase dell’arricchimento dell’uranio a livello industriale: oggi abbiamo iniziato l’installazione di tremila nuove centrifughe”.

di Mariavittoria Orsolato

ASUNCION. In pochi annoverano il Paraguay nelle loro conoscenze geografiche. Ed è quasi impossibile biasimarli. Questo Paese, incassato in un fazzoletto di terra poco generoso tra Bolivia, Brasile e Argentina, ha una storia complicata, fatta di colonizzazioni gesuitiche, devastazioni portoghesi e sanguinose dittature militari. E’ il Paese che più di altri ha ospitato i nazisti in fuga dalla Germania sconfitta ed è la nazione che da 60 anni a questa parte sta vivendo, bloccata in una condizione di povertà estrema, la semi-dittatura del più longevo partito repubblicano dell’America del sud, il Partido Colorado, partito che dal 1954 al 1989 ha sostenuto il cruento regime del generale Alfredo Stroessner. Ma tira aria di cambiamento in Paraguay. Un cambiamento forte e radicale, una svolta a sinistra che pare essere pronta a spazzar via quella che qui ad Asunciòn viene chiamata la democradura e che corrisponde ai 17 anni di transizione che hanno seguito l’era Stroessner.

di Bianca Cerri

Sabato cinque aprile, gli agenti della polizia di Eldorado, in Texas, hanno bloccato le strade della città e dato il via ad una operazione conclusasi con il trasferimento di 182 minori dalla sede della Chiesa dei Santi degli Ultimi Giorni in istituti della zona. Secondo la portavoce dei servizi sociali, anche 133 donne appartenenti alla stessa comunità sono state caricate sui pulmini gialli presi in prestito dalle scuole del circondario e accompagnate in centri di prima accoglienza. In quattro anni, altri 500 minori erano già stati allontanati da sette e congreghe di vario tipo e natura sparse in tutto il Texas. Si tratta di bambini e ragazzi di età compresa tra i sei mesi ed i diciassette anni, attualmente affidati alla custodia dello Stato.

di Eugenio Roscini Vitali

Nel nostro mondo sono tanti i popoli a rischio, comunità religiose, razze indigene, gruppi etnici più o meno conosciuti che rischiano ogni giorno di scomparire, che ogni giorno subiscono crudeltà di ogni genere, prepotenze e maltrattamenti che puntano all’annientamento dei diritti umani e alla morte demografica. Aberranti e sistematiche violenze che si trasformano spesso in genocidio, termine coniato da Raphael Lemkin, nel 1944, che definisce in modo inequivocabile questo agghiacciante fenomeno: azione o piano coordinato che mira alla distruzione, in tutto o in parte, di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso e che ha come obbiettivo la disintegrazione delle istituzioni politiche, sociali, culturali, linguistiche ed economiche di tale gruppo, che ne cancella il diritto alla fede, alla sicurezza personale, alla libertà, alla salute, alla dignità e in alcuni casi alla vita stessa.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Risultati zero tra Putin e Bush che si avviano in quel dorato viale del tramonto che caratterizzerà la fine dei loro mandati presidenziali. I due, per mettere fine alla serie di 27 incontri svoltisi nel passato, si sono concessi - al ritorno dal vertice Nato di Bucarest - una tappa in quello scenario del piccolo Cremlino chiamato “Bociarov Rucei” che - nascosto in un parco di palme e di oleandri in quel di Soci, sul Mar Nero - segna il punto di arrivo quanto a rapporto diretto tra Washington e Mosca. Putin, comunque, non ha voluto perdere l’occasione per mettere nelle valige di Bush una serie di dossier di politica estera e di rapporti segnati da un “niet” a tutto campo. E così si chiude questa lunga parentesi di relazioni che va a segnare una fase di nuova guerra fredda. Pur se tutto si è svolto tra sorrisi e pacche sulle spalle, brindisi ufficiali a colpi di vodka e whisky come avvenne sull’Elba quando sovietici ed americani si abbracciarono. Ma quei tempi sono andati. Oggi c’è solo da festeggiare una nuova guerra fredda che dovrà essere gestita dal successore di Putin - Medvedev, che entrerà in carica il 7 maggio - e da quello di Bush.


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