di Carlo Benedetti

Per l’Osce le presidenziali georgiane di queste ultime ore sono regolari. Il filo-americano Michail Saakashvili (classe 1967, con laurea ad Harvard) ) esce vincitore con un buon 53%. Ma il leader dell’opposizione Levan Gachechiladze (un 43enne che si trova sulle stesse posizioni atlantiche del presidente e che guida il “Consiglio Nazionale Unito”) invita a scendere in piazza per manifestare contro la “falsificazione” del risultato. Ma è chiaro che è solo una lotta per la poltrona e, quindi, il dado è tratto. E nella capitale georgiana si dice che gli Usa, in bilico tra il fascino di Obama e gli errori della signora Clinton, si possono rifare con il successo ottenuto nella loro filiale caucasica. Perché la Georgia - sotto la pressione del potere che si è instaurato a Tbilisi - sceglie la linea filoccidentale e filoamericana. E, pur tra mille contestazioni, passa anche il referendum sulla adesione alla Nato. Con Putin che deve fare (per ora) buon viso a cattivo gioco. Certo, del resto, che la Georgia divenendo una base stabile dell’Alleanza Atlantica ne diverrà, allo stesso tempo, una “polveriera” visti i conflitti interni dell’Ossetia e dell’Abkhazia.

di Rosa Ana De Santis

Non ci andasse di mezzo la vita di esseri umani, si potrebbe ricondurre la vicenda delle attese e mai avvenute liberazioni dei tre ostaggi in mano alle Farc colombiane, come un capitolo scritto male della narrativa latinoamericana di seconda scelta. I protagonisti della novela a basso gradimento ed alto costo sono fondamentalmente due: il presidente colombiano Alvaro Uribe e il Comandante delle Farc Manuel Marulanda, detto “Tirofijo”. Attore suo malgrado non protagonista il Presidente venezuelano Hugo Chavez, rimasto impigliato nella partita a scacchi truccata tra i due protagonisti. Chavez si era reso disponibile ad una mediazione personale, nel quadro di una trattativa che portasse alla liberazione di Ingrid Betancourt. Uribe, dapprima accetta a denti stretti la mediazione; poi, con grande soddisfazione, sceglie di farla naufragare in mondovisione. Con le Farc non tratta e non permette a nessuno di trattare, soprattutto se c’è il rischio che la trattativa vada a buon fine. Perché gli ostaggi da vivi diventano una clava sulla testa del governo, da morti invece, sulla testa delle Farc.

di Giuseppe Zaccagni

Per il futuro del Kosovo (autonomia completa da Belgrado) sono in arrivo due nuovi appuntamenti ufficiali. Il primo è quello del 16 gennaio con la riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che affronterà i temi di quella missione Unmik (United Nations Interim Administration Mission in Kosovo) che sta attualmente gestendo a nome del Palazzo di Vetro l’amministrazione della regione serba; il secondo - probabilmente decisivo - è per il 28 gennaio quando l’Unione Europea dovrà firmare l’accordo Asa (che prevede, appunto, la stabilizzazione e l’associazione tra Unione europea e Serbia) oppure inviare la sua già annunciata missione civile in Kosovo. Tutto questo mentre a Belgrado si scatena una reazione violenta, con il premier serbo Kostunica che ribadisce la sovranità sulla “provincia” e ammonisce che ogni implicito riconoscimento della sua indipendenza bloccherebbe il processo di avvicinamenti all’Ue.

di Bianca Cerri

Chissà cosa avrebbero dato Rocco Bottiglione, Giuliano Ferrara, Paola Binetti e tutti gli altri crociati anti-abortisti per essere invitati ai “Paul Hills Day”, le giornate in memoria di Paul Hill, che nel 1994 uccise il medico abortista John Britton e uno degli uomini della sua scorta. Hill, che stazionava perennemente davanti al Ladies Center di Pensacola, in Florida, una clinica dove vengono praticati aborti, innalzando una croce, fu giustiziato nel 2003 ma per i teocrati USA è ancora oggi un eroe. Durante i giorni dedicati alla sua memoria nel mese di dicembre è stato proiettato anche il video in cui lo si vede mentre spara a Britton e all’agente di scorta uccidendoli entrambi. Ma Hill non fu l’unico crociato anti-abortista a trasformarsi in assassino. Pochi mesi prima, il “guerriero di Dio” David Griffin aveva assassinato il ginecologo David Gunn dopo aver atteso per ore che il medico arrivasse al Women Medical Center di Pensacola per iniziare il turno di servizio. In casa Griffin la polizia trovò una quantità impressionante di materiale “educativo” inneggiante alla morte dei medici abortisti pubblicato dall’Armata di Dio.

di Michele Paris

Tra Stati Uniti e Canada è scoppiata una accesa polemica nelle ultime settimane in seguito al pronunciamento del giudice federale di Ottawa, Michael L. Phelan, circa il presunto mancato adempimento di Washington degli obblighi derivanti dal trattato che regola i diritti dei rifugiati richiedenti asilo politico in uno dei due giganti nordamericani (“Safe Third Country Agreement”). A seguito di una dozzina di dichiarazioni giurate (affidavit) di esperti di diritto ed avvocati americani, raccolte da tre organizzazioni canadesi (Commissione per i Rifugiati del Canada, Commissione delle Chiese del Canada, sezione canadese di Amnesty International), in merito al caso di un cittadino colombiano rispedito al proprio paese natale dagli USA nonostante le minacce subite dalla sua famiglia, il giudice Phelan, dopo aver valutato anche altri casi simili verificatisi negli ultimi anni, ha preso quella che - a detta dei postulanti - resta l’unica decisione possibile: la richiesta di invalidamento dell’accordo tra i due paesi.


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