Sembrano essersi interrotte - ma non cessate - le lotte sociali che per qualche settimana hanno scosso l’Europa occidentale. Le dinamiche delle insubordinazioni sono difficili da pronosticare ma appare prevedibile un loro ritorno più che il loro scomparire e probabilmente prima di quanto i media e la politica ufficiale immaginano. Perché le ragioni che le ispirano sono più forti della loro stessa tenuta e questo è quel che conta.

Le lotte che hanno attraversato Germania, Francia e Inghilterra raccontano di un continente non pacificato. Ciò non tanto per quanto riguarda la disponibilità a praticare il conflitto di classe, quanto per il rifiuto di considerare le condizioni disperanti in cui versa lo stato sociale dell’intero continente. In primo luogo a causa del primato ultraliberista, che peggiora sia la vita delle persone che gli stessi conti pubblici che si afferma di voler salvare proprio a prezzo dei sacrifici imposti alle politiche sociali. Non si salvano i conti e, soprattutto, non si salvano le persone.

L’assalto del governo americano al popolare “social” cinese TikTok è ripartito a pieno regime in questi ultimi giorni con l’udienza alla Camera dei Rappresentanti di Washington dell’amministratore delegato Shou Zi Chew e la discussione al Congresso di alcune proposte di legge per limitare l’utilizzo dell’app negli Stati Uniti. La pericolosità di questo strumento, che viene senza alcuna prova associato al governo di Pechino, sembra essere ampiamente sopravvalutata, ma la campagna in corso ai limiti dell’isteria ha almeno due obiettivi ben precisi: alimentare il clima di caccia alle streghe contro la “minaccia” cinese e rafforzare il potere di censura e controllo della rete nelle mani del governo americano.

Per molti paesi europei, la guerra in Ucraina è stata un’occasione unica per rimodernare e rafforzare il proprio arsenale bellico con la scusa di sostenere militarmente un paese aggredito senza nessuna ragione valida. Ufficialmente, i vari governi alleati di Kiev hanno in larga misura fornito al regime di Zelensky armi ed equipaggiamenti – spesso obsoleti – che conservavano nei propri depositi. In cambio, l’UE ha permesso di attingere al fondo dal nome orwelliano di “Strumento Europeo per la Pace” (“European Peace Facility” o EPF) per ottenere i relativi rimborsi in denaro. Dopo oltre un anno dall’inizio del conflitto, questa settimana è emerso che alcuni paesi avrebbero approfittato di questo meccanismo, presentando un conto più salato di quello sostenuto a favore dell’Ucraina, così da ottenere le risorse necessarie ad acquistare armi nuove di zecca.

La sospensione momentanea della proposta di legge sul sistema giudiziario israeliano, decisa dal primo ministro Netanyahu, ha per il momento raffreddato le tensioni nello stato ebraico dopo che le proteste del fine settimana e nella giornata di lunedì sembravano sul punto di sfuggire di mano al governo e alle forze di sicurezza. Il passo indietro appare tuttavia una pausa tattica nel tentativo di indebolire l’opposizione contro una “riforma” che in molti hanno bollato come un vero e proprio golpe da parte del gabinetto più reazionario della storia di Israele.

Le pressioni su Netanyahu erano diventate enormi dopo settimane di manifestazioni oceaniche e la presa di posizione contro la nuova legge da parte sia dei militari e del business israeliani sia degli alleati occidentali, a cominciare dagli Stati Uniti. Lo stesso premier aveva avvertito che la situazione interna era ormai “sull’orlo della guerra civile”, resa poi ancora più grave nei giorni scorsi da una raffica di scioperi che hanno paralizzato parecchi settori dell’economia di Israele.

Milioni di lavoratori francesi sono nuovamente scesi in piazza per continuare a lottare contro la “riforma” delle pensioni imposta dal presidente Macron senza un voto del parlamento. In varie città si sono svolte manifestazioni accolte nuovamente dalla violenza delle forze di sicurezza. Nella giornata di giovedì, alcuni settori cruciali come quello dei trasporti hanno indetto scioperi che hanno causato pesanti disagi in tutto il paese. Le tensioni sono andate alle stelle dopo l’apparizione televisiva di Macron nel primo pomeriggio di mercoledì. L’intervento, che nelle intenzioni avrebbe dovuto contribuire a calmare gli animi, si è risolto invece in una difesa a oltranza della “riforma”, nonostante l’opposizione della grandissima maggioranza dei francesi, e nella sostanziale liquidazione dei principi democratici in nome dei grandi interessi economico-finanziari a cui fa esclusivo riferimento l’inquilino dell’Eliseo.


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