Il vertice NATO di questa settimana a Washington ha fatto registrare i soliti proclami altisonanti e la retorica ambiziosa dei vari leader presenti, in contrasto con le condizioni di avanzata crisi dell’alleanza, sia per il complicarsi in maniera critica della guerra in Ucraina sia per i crescenti problemi politici interni in svariati paesi membri. Soprattutto la stampa americana si sta concentrando sulla “performance” di un presidente Biden a un passo dall’essere messo da parte come candidato democratico alle elezioni di novembre, mentre la preoccupazione principale dei partecipanti al summit è di proiettare sicurezza e unità d’intenti nel sostegno a oltranza all’agonizzante regime di Zelensky.

Le immagini e le statistiche ufficiali della strage in corso a Gaza consegnano alla comunità internazionale un quadro devastante della realtà che stanno vivendo da nove mesi i palestinesi nella striscia. La situazione effettiva potrebbe essere tuttavia, anzi è senza dubbio, infinitamente più grave e drammatica, come ha messo in luce un recente studio pubblicato dall’autorevole rivista scientifica medica The Lancet. È il numero complessivo dei morti causati direttamente e indirettamente dall’aggressione israeliana a essere sbalorditivo, soprattutto se si considera che il calcolo proposto dalla pubblicazione inglese appare esso stesso sottostimato.

Come in un noto film di Moretti, dove tutti si svegliano presto per vedere l’alba che sorge però alle loro spalle senza che se ne rendano conto, l’attesa per la vittoria di Marie Le Pen e il suo rassemblement è stata superata da un sole diverso che in pochi avevano visto arrivare. Il Nuovo Fronte Popolare, guidato da La France Insoumise, dai Socialisti e dai Verdi, oltre a forze politiche minori, ha fermato l’avanzata xenofoba e fascista che aveva riunito nel blocco del Rassemblement ogni area dell’islamofobia e del razzismo francese. Sono la terza forza politica in Francia ma tanta forza corrisponde ad altrettanta impotenza per mancanza di possibili alleanze.

Dopo la clamorosa sentenza emessa lunedì dalla Corte Suprema americana, la natura del governo degli Stati Uniti potrebbe cambiare radicalmente. La maggioranza ultra-conservatrice dei giudici ha riconosciuto una “parziale” immunità legale al presidente, trasformandolo di fatto in un soggetto al di sopra della legge e quindi, per quelle azioni compiute nell’esercizio delle proprie funzioni, non perseguibile potenzialmente per nessun crimine. Il caso specifico riguarda Donald Trump e avrà ripercussioni sulla campagna elettorale in corso e le elezioni di novembre, ma le implicazioni sono molto più ampie e gettano solide fondamenta per la creazione di una vera e propria dittatura presidenziale.

Per la seconda volta nell’arco di poche settimane, il presidente francese Macron ha incassato nelle elezioni anticipate di domenica una pesantissima sconfitta che equivale nuovamente a un netto rifiuto delle politiche anti-sociali e guerrafondaie promosse di comune accordo con i vertici europei. L’aritmetica della distribuzione dei seggi nella prossima Assemblea Nazionale sarà decisa dopo il secondo turno del 7 luglio, ma la scommessa dell’inquilino dell’Eliseo risulta già persa in maniera più che evidente. Quella che non è ancora chiara è invece l’identità del nuovo governo. Anche se l’estrema destra dell’ex Fronte Nazionale, ora “Rassemblement National” (RN), è nettamente il primo partito, possibili alleanze tattiche, patti di desistenza e manovre politiche più o meno esplicite potrebbero alterare notevolmente gli equilibri emersi dopo il primo turno.


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