Il ricorso a operazioni di matrice apertamente terroristica contraddistingue il regime ucraino almeno fin dall’inizio della guerra con la Russia nel febbraio 2022. Il bombardamento di una popolare spiaggia in Crimea nel primo pomeriggio di domenica sembra però un’azione in grado di imprimere un’ulteriore svolta al conflitto, soprattutto per via del ruolo decisivo svolto dagli Stati Uniti. È possibile infatti che Mosca decida nel prossimo futuro una ritorsione direttamente contro le forze NATO o, quanto meno, qualche iniziativa che restringa in maniera drastica le manovre di queste ultime in appoggio alla strategia disperata di Kiev.

La prima visita in 24 anni in Corea del Nord del presidente russo Putin ha scatenato una valanga di commenti altamente critici sulla stampa e tra i governi “democratici” occidentali. Dai pericoli legati al consolidamento dell’alleanza tra due potenze nucleari al rischio di un definitivo aggiramento delle sanzioni imposte a Pyongyang, le ragioni alla base di questa isteria collettiva sono state esposte con tutti i dettagli del caso. Inutilmente si cercherebbe invece un’analisi oggettiva delle implicazioni del vertice, da inserire nel quadro del rafforzamento di un sistema di governance globale alternativo, anche perché ciò comporterebbe la presa d’atto dell’ennesimo colossale fallimento della politica estera di Washington.

Gli eventi seguiti alle elezioni generali di fine maggio in Sudafrica sono stati inevitabilmente influenzati dal peggiore risultato fatto segnare dall’African National Congress (ANC) dalla prima consultazione democratica del 1994 dopo la fine del regime di apartheid. Il partito che fu di Nelson Mandela era sceso per la prima volta sotto il 50% dei consensi ed è stato così costretto a entrare in un’inedita alleanza politica con altre formazioni, tra cui la principale è la propria nemesi dell’Alleanza Democratica (DA), tradizionale espressione delle élites bianche ed erede di fatto del Partito Nazionale al potere tra il 1948 e il 1994.

Il primo ministro cinese, Li Qiang, è protagonista in questi giorni di una trasferta in Oceania con al centro delle discussioni il tentativo di contrasto alle manovre americane per contenere e accerchiare militarmente la Repubblica Popolare. Australia e Nuova Zelanda sono due elementi fondamentali nella strategia americana di confronto con Pechino ed entrambi i paesi stanno progressivamente e pericolosamente piegandosi alle pressioni degli Stati Uniti nonostante abbiano proprio nella Cina il loro principale partner commerciale.

Mentre il G7 ha deciso di continuare ad oltranza il loro sostegno militare al moribondo regime di Zhelensky, sta per cominciare l’inutile e farsesca “Conferenza di pace” in Svizzera e il governo italiano precipita definitivamente in confusione, con Crosetto che smentisce la mattina dopo quello che Tajani ha dichiarato la sera prima e viceversa. Una speranza arriva dalla Cina popolare, che ha rilanciato le sue proposte di pace auspicando che le parti belligeranti si incontrino “a metà strada”.


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