Le manifestazioni di protesta che stanno scuotendo in questi giorni il regno di Giordania sono le più imponenti dal 2011, quando il paese mediorientale fu poco più che sfiorato dalla cosiddetta “Primavera Araba”. Alla base delle richieste della popolazione scesa nelle piazze ci sono sempre e in primo luogo questioni di natura economica, ma nello specifico le agitazioni sociali in corso sono causate da una serie di misure di austerity adottate dal governo in cambio di un prestito del Fondo Monetario Internazionale (FMI).

 

La relativamente imprevista uscita di scena in Spagna di Mariano Rajoy nel fine settimana è stata causata da una confluenza di fattori che hanno spinto verso il basso il livello di popolarità del primo ministro conservatore e di cui una sentenza per corruzione ai danni di ex esponenti di vertice del suo Partito Popolare (PP) né è stata di fatto il catalizzatore.

La deriva protezionista dell’amministrazione Trump ha segnato un passo probabilmente cruciale con la decisione, presa giovedì, di introdurre pesanti dazi sulle importazioni negli Stati Uniti di acciaio e alluminio provenienti da alcuni paesi alleati, tra cui quelli dell’Unione Europea.

 

Il provvedimento è coinciso con la conclusione del periodo di sospensione delle nuove tariffe doganali, già annunciate nel mese di marzo, in attesa di risultati mai arrivati dalle trattative in corso per cercare di riequilibrare la bilancia commerciale americana.

Per far fronte a una molto dubbia minaccia di attacco da parte della Russia, il governo di estrema destra polacco ha proposto recentemente agli Stati Uniti di installare una base militare permanente sul proprio territorio e al di fuori del quadro NATO. Oltre a rappresentare un onere finanziario gravoso, visto che Varsavia intende farsi carico interamente delle spese, l’eventuale progetto avrebbe però l’effetto opposto a quello desiderato dalla Polonia, contribuendo a far salire ancora di più le tensioni nell’ambito dello scontro in atto con Mosca.

 

Arkadij Babchenko, giornalista russo che sarebbe stato ucciso “crivellato da proiettili”, come scriveva ieri La Repubblica, è vivo, è a Kiev e gode ottima salute. Della sua morte, annunciata in una conferenza-stampa dalla moglie, era stata accusata la Russia e con sprezzo del ridicolo il Premier ucraino, Volodymyr Groysman, aveva commentato: "Sono sicuro che la macchina del totalitarismo russo non gli ha perdonato la sua onestà e le sue posizioni di principio". Tanto onesto dal mentire, tanto di principi da scappare.

 


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