Alcuni risvolti inediti dell’assalto al gay club Pulse di Orlando, in Florida, nel giugno del 2016 sono emersi questa settimana nel corso del processo alla moglie dell’attentatore, l’allora 29enne di origine afgana Omar Mateen. Il padre di quest’ultimo sarebbe stato cioè un informatore dell’FBI per parecchi anni, così che uno dei più sanguinosi episodi di terrorismo mai accaduti sul territorio americano potrebbe ancora una volta intrecciarsi in maniera inquietante con le pratiche a dir poco ambigue dei servizi di sicurezza degli Stati Uniti.

La decisione presa qualche giorno fa dal presidente americano Trump di nominare John Bolton nuovo consigliere per la sicurezza nazionale rappresenta un nuovo pericoloso passo avanti verso la creazione a Washington di una sorta di gabinetto di guerra. L’ex ambasciatore USA alle Nazioni Unite è infatti uno dei “falchi” più irriducibili dell’establishment repubblicano, nonché gravemente compromesso con i crimini dell’amministrazione Bush. Per ogni sfida alle mire egemoniche americane, la soluzione offerta da Bolton è e continua a essere quella della forza militare.

Gli sforzi del governo britannico nell’attaccare la Russia per il presunto avvelenamento dell’ex ufficiale dei servizi segreti militari di Mosca, Sergei Skripal, e la figlia Yulia sembrano procedere di pari passo con il progressivo crollare delle esili fondamenta su cui si basa la versione ufficiale della vicenda.

 

La ricostruzione del caso fatta dalle autorità di Londra sarebbe anzi molto probabilmente già stata smentita se i media ufficiali, invece di propagandare la tesi del governo, si fossero interrogati o avessero indagato in maniera seria su una serie di questioni a dir poco sospette e tuttora senza risposta.

La costruzione del gasdotto Nord Stream 2 continua a essere una spina nel fianco degli Stati Uniti e di quegli ambienti di potere europei attestati su posizioni ferocemente anti-russe. Il progetto in fase di realizzazione nel Mar Baltico incrementerà in maniera sensibile il flusso di gas naturale dalla Russia alla Germania, limitando il transito attraverso paesi che hanno rapporti complicati con Mosca, a cominciare dall’Ucraina.

 

Il Nord Stream 2 è da tempo nelle mire americane, così come dell’Unione Europea, ufficialmente perché aggraverebbe la dipendenza energetica del vecchio continente dalla Russia e permetterebbe al Cremlino di aumentare la propria influenza oltre i confini occidentali.

 

Secondo Washington e Bruxelles, in definitiva, il Nord Stream 2 non sarebbe nell’interesse della Germania né dell’Europa nel suo insieme. A Berlino, tuttavia, il progetto continua a essere sostenuto in modo bipartisan, nonostante su un piano politico e strategico più ampio la classe dirigente tedesca risulti divisa in merito all’approccio da tenere nei confronti di Mosca.

Dopo mesi passati a cercare le prove del “Russiagate”, gli Stati Uniti scoprono di avere la Russia in casa. Nella californiana Silicon Valley, per la precisione. Si chiama Facebook. Sono partiti da lì, e non da misteriosi hacker nascosti fra gli Urali, i dati che poco più di un anno fa hanno permesso a Donald Trump di giocare sporco e di vincere le elezioni presidenziali contro Hillary Clinton.

 

Da quando è scoppiato lo scandalo, il social network più diffuso al mondo è al centro di un tiro al bersaglio sul Nasdaq capace di bruciare oltre 50 miliardi di dollari in un paio di sedute. Il suo padre fondatore, Mark Zuckerberg, ne è uscito con parecchi soldi in meno e soprattutto con un’immagine irrimediabilmente infangata.


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